17. «Cuori incatenati.»

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Mi passai una mano sul volto, per poi aprire la porta e uscire, dopo aver passato una buona mezz'ora in bagno, tra le lacrime e i mille pensieri.
Andai in salotto, dove vidi Aziz seduto sul divano, il quale appena si accorse di me mi guardò soltanto, per poi riportare lo sguardo sul suo telefono.

Non sapevo bene cosa dire, ma volevo raccontargli tutto, tutto ciò che mi era successo quella notte in carcere.
Non riuscivo più a portarmi questo peso sulle spalle, dovevo assolutamente condividerlo con qualcuno o sarei impazzita.

«Posso parlarti?.» gli chiesi, sedendomi al suo fianco, mentre lui ripose il suo telefono all'interno della tasca dei suoi jeans, annuendo.

Sospirai, cercando di trovare le parole, in modo da potergli spiegare nel modo più chiaro e semplice ciò che mi era successo, non girandoci molto intorno.

«La notte prima che uscissi, sono stata violentata da una guardia.» dissi, tenendo lo sguardo basso, non avendo il coraggio di guardare il mio fidanzato negli occhi, forse perché sarei scoppiata nuovamente a piangere. «È per questo che io, in un certo senso, non mi sono mai avvicinata a te in quel senso, so che tu non mi faresti mai del male, ma è una cosa più forte di me.»

«Non dire nient'altro, basta.» disse, portando due dita sotto al mio mento, alzandomelo, in modo che potessi guardarlo negli occhi. «Vieni qui, fatti abbracciare.»

Mi attirò a se in un abbraccio; portò le sue mani attorno ai miei fianchi e infilò la testa nell'incavo del mio collo, mentre io portai le braccia al suo collo.
Sentii il mio collo iniziare a bagnarsi, segno che stesse piangendo.

«Scusa, scusa, scusa.» iniziò a sussurrare, posandomi innumerevoli baci sul collo, tra una lacrima e l'altra. «Avevo capito che c'era qualcosa che non andava, ma mai avrei pensato questo.»

«Non preoccuparti.» gli dissi, accarezzandogli la nuca, in modo da farlo rilassare.

«Non posso capire come ti senti, non potrei mai, non voglio dirti quelle frasi banali che si dicono normalmente perché so che non ne hai bisogno. Ti amo, solo questo, non riesco a dirti altro.» disse, alzando il capo, per potermi guardare negli occhi, portando una sua mano sulla mia guancia.

Lo guardai con le lacrime agli occhi, asciugandogli qualche lacrima caduta sulle sua guance.
Sentivo come se il peso che mi portavo sulle spalle si fosse alleggerito, in qualche strano modo.

«Ti giuro che ti starò sempre accanto, ti farò sentire la donna più amata al mondo, non posso far scomparire quello che ti hanno fatto ma posso darti tutto il mio amore per alleggerire il dolore.» disse, accarezzandomi la mano e guardandomi come se fossi la cosa più bella al mondo.

«Ti amo, grazie.» dissi, sorridendogli, lasciando che un ennesima lacrima cadde sul mio volto.

«Dai adesso basta piangere.» disse, provocandomi una risata, prendendo il mio volto fra la sue mani e asciugarmi le lacrime con i pollici. «Andiamo a dormire?.»

Annuii solamente, per poi alzarmi insieme a lui.
Non lasciò la mia mano, fin quando non ci dirigemmo in camera da letto.
Ci sdraiammo uno affianco all'altro, posai la mia testa sul suo petto e lui circondò i miei fianchi con le braccia.
Ci addormentammo così, con i corpi attaccati e i cuori incatenati l'un l'altro.

𝗖𝘂𝗼𝗿𝗶 𝗶𝗻𝗰𝗮𝘁𝗲𝗻𝗮𝘁𝗶 ; 𝗞𝗲𝘁𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora