Mi passai una mano fra i miei capelli mori, sbuffando fuori il fumo dalla bocca, guardando la piazza dal mio balcone di casa.
Sono le 21, infatti la piazza è piena di ragazzi; c'è chi gioca a calcio, chi aspetta qualcuno a cui vendere e chi è lì solamente per stare con i propri amici.Questa sera avevo deciso di rimanere a casa, mentre tutti gli altri erano usciti.
Il reale motivo del per cui volessi stare a casa era perché dovevo pensare un po', stando da sola.
Dovevo prendermi del tempo per poter rielaborare tutto ciò che era accaduto in questi mesi, visto che di cose ne sono accadute tante.Avevo trovato l'amore, ma perché non stavo bene?.
Sentivo un costante peso all'altezza del petto, che non sapevo da dove provenisse.
Anche se ha sempre fatto parte del mio carattere, cercare qualcosa di negativo in tutto, anche quando sono circondata dal bene.
Forse un po' per proteggermi e forse un po' per paura di stare male, non lo so.O forse perché la presenza di una persona fissa nella mia vita mi spaventava?.
Avevo sempre vissuto la mia vita senza avere un punto fisso su cui appoggiarmi, mi fidavo solamente di me stessa.
Avevo e ho tutt'ora una specie di "sindrome dell'abbandono" , che mi porta ad avere paura che le persone a cui voglio bene mi abbandonino.
Non avere avuto due figure affettive stabili fin dalla tenera età avevano influito molto su questo, ahimè.«Jolie, a che pensi?.» mi chiese Aziz, facendomi sobbalzare.
«Dio Aziz, ma non eri uscito?.» dissi, portandomi una mano al petto, mentre il mio ragazzo rise leggermente.
«Sì, ma avevo scordato il telefono.» disse, mostrandomi il suo telefono, per poi riporlo in una tasca dei suoi jeans. «A che pensi?.»
«Nulla di importante, le mie solite paranoie.» dissi, non volendo far preoccupare Aziz.
«Sicura? Sai che a me puoi dire tutto.» disse, posando una mano sulla mia spalla, sorridendomi dolcemente.
«Va tutto bene Mon amour, davvero.» dissi, sforzando un sorriso, per poi vederlo annuire.
«Io vado allora, torno tra un po'.» disse, posandomi un bacio a stampo e uscire di casa.
Sospirai, per poi rientrare in casa, chiudendo la finestra del balcone.
Andai in camera mia, che ormai è diventata mia e di Aziz, visto che è quasi sempre qui.
La mia attenzione si focalizzò su una scatola, ai piedi del letto. La presi e mi sedetti sul letto, appoggiando la scatola su di esso.
La aprii e vidi una foto di me e mio padre: avevo all'incirca 6 anni ed eravamo al mare, stavamo costruendo dei castelli di sabbia.
Sorrisi automaticamente. Guardai il dietro, vedendo che ci fosse scritto qualcosa."21/04/2019
Guardo questa foto e sorrido, mentre sono su un lettino d'ospedale, a fare l'ennesimo controllo che tanto so non andrà bene.
So che mi rimane poco, la malattia mi sta uccidendo lentamente e io non posso farci niente.
Sapere di non poterti vivere, figlia mia, è la cosa che mi fa stare più male in assoluto.
Sei così giovane e piena di vita, spero che rimarrai per sempre così.
-Il tuo papà, ti amo."Mi portai la foto al petto, singhiozzando, con le lacrime che bagnarono la mia maglia.
Sei andato via troppo presto papà, perché la vita ci porta sempre via le persone migliori?.
Ero troppo ingenua, ero troppo felice per capire come tu stessi realmente.
Se mi fossi accorta prima di cosa ti stava accadendo, forse ti avrei detto più volte "ti voglio bene" e non solo quando mi conveniva.
Se avessi saputo che saresti morto, forse ti avrei stretto a me in un abbraccio più volte, beandomi di stare tra le tue braccia, il posto più sicuro del mondo.
È proprio vero quando si dice "capisci il vero valore di una persona quando lo perdi".Sarai per sempre il mio rimpianto più grande.
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𝗖𝘂𝗼𝗿𝗶 𝗶𝗻𝗰𝗮𝘁𝗲𝗻𝗮𝘁𝗶 ; 𝗞𝗲𝘁𝗮
FanfictionMarika è una giovane ragazza di 20 anni, che dopo essere stata in carcere per due anni finalmente tornerà a San Siro, casa sua, dove è nata e cresciuta. Ma una volta tornata, si renderà conto che niente è più come prima: il quartiere, i suoi amici e...