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Settembre, IPM Napoli

Edoardo

Il sole entrava forte e caldo dalle sbarre della cella del terzo piano del carcere minorile di Napoli. Mi volto dal lato opposto alla luce, sbuffando e ficcando la testa sotto il cuscino, troppo sottile anche solo per pensare di poter dormire comodamente su di esso. Ma ormai ci ero abituato, quasi due anni passati dentro quella stanza 3m x 3m, sempre in compagnia delle stesse persone e sempre con la stessa visuale fuori dalle sbarre.

-Buongiorno principesse -, una voce squillante mi fece sbuffare ancora più forte del sole. Presi il mio cuscino e lo lanciai alla cieca

-Buongiorno 'o cazz Lino –, bofonchio mentre sopra di me si sente solo un leggero russare ancora

-Comm' si elegante Eduà -, ride la guardia, -ripasso tra poco, movt e chiama a chill strunz -, indica il mio compagno di cella. Aspetto giusto qualche secondo dopo che la guardia mi lascia solo e premo forte i miei palmi sugli occhi già stanco di questa giornata non ancora iniziata. Entro in bagno a cambiarmi velocemente per la giornata, un pantaloncino della tuta ed una maglietta rossa a cercare di contrastare questo caldo infernale che quest'anno ha deciso di non voler andare via. I capelli tirati indietro con un po' di gel, forse un giorno li taglierò ma quel giorno sicuramente non è oggi. Una volta uscito sistemo il mio letto e sveglio Ciro, che mi fa un gestaccio prima di andare in bagno, proprio come ogni mattina.

-Buongiorno fratm -, mi dice uscendo dal bagno, io lo saluto con un cenno del capo prima di avvicinarmi alla finestra

-Cirù passami l'accendino -, gli chiedo giocherellando con il pacchetto di sigarette. Lui me lo lancia ed io lo afferro accendendo la sigaretta e facendomi due tiri prima di passargliela.

Passa qualche minuto prima che Lino ritorni davanti la nostra cella a chiudere la fila di tutti i ragazzi che stavano andando a fare colazione. Getto la sigaretta fuori dalle sbarre e mi incammino fuori con il mio migliore amico. Arrivati a mensa, prendiamo posto al solito tavolo al centro della sala. Pirù e Cardiotrap prendono la colazione per tutti. Fedeli servi di Ciro hanno imparato ad ubbidire anche a me, nonostante Tano, detto "O Pirù" perché già fuori dal carcere stava incollato a Ciro come una zecca, ogni tanto mi riserva occhiate poco carine. La mensa rispecchia pienamente il carcere, uno stanzone enorme, bianco, impersonale, pieno di tavoli con delle pietanze alquanto discutibili e del personale quasi più scontroso delle guardie. Tranne la domenica, quando arrivavano Anna e le sue sfogliatelle calde che sapevano di casa. Finita colazione ci portano tutti in cortile per spiegarci il programma della giornata. L'IPM funziona un po' in maniera diversa rispetto le carceri normali, qui si studia, si fa attività sportiva, si cerca di formare noi ragazzi in modo che possiamo avere una seconda possibilità. Cazzate. Chi nasce Conte o Ricci, di seconde possibilità non ne ha, e la direttrice lo sa bene nonostante si sforzi con noi. Proprio con il mio migliore amico ci sediamo su una delle panchine, intenti a fumare, mentre tutti gli altri ragazzi si divertono a giocare a pallone. Io e Ciro siamo cresciuti insieme per le strade di Napoli. Le nostre famiglie sono in affari da prima che nascessimo, siamo praticamente due fratelli anche se non di sangue. Feste di compleanno insieme, giri in motorino insieme, partite a calcetto nei campetti di terra e adesso carcere insieme anche se per due motivi diversi. Mio padre fedelissimo da sempre a Don Salvatore, e prima di lui mio nonno che aveva ceduto il suo posto al nonno di Ciro. Se io, però, ero dentro per spaccio, lui era dentro per omicidio già da qualche anno prima di me. Omicidio di un nostro caro amico che Don Salvatore aveva definito infame. E si sa, nel nostro mondo gli infami devono morire. Ricordo ancora quando mi chiamò quel pomeriggio di fine estate dicendomi semplicemente "Mann mis o fierr n'man" ed io presi le chiavi del mio motorino, senza salutare nessuno, e lo raggiunsi il più velocemente possibile al nostro posto. Con il cuore in gola accompagnai Ciro al luogo d'incontro con Francesco. Mi fece segno di allontanarmi ed io accettai senza pormi domande, salvo poi fermarmi giusto a qualche metro di distanza da lui. Dopo gli spari ed il suo urlo però, corsi dentro quel bar e mi accasciai a terra ad abbracciarlo forte. Erano pochissime le persone di cui Ciro si fidava ciecamente, ed una di quelle adesso giaceva senza vita davanti a noi.

'O Mar ForDove le storie prendono vita. Scoprilo ora