"Che diavolo ci fa qui Inoue?"

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"Cerco di trovare la mia identità
Senza chiedere aiuto, ma sono lontano
Busso e non risponde neanche un'anima
Menomale che non ho paura del buio
Non ho niente per me, ma non dispero
Mangio solo pane e cattiveria ormai
E non è un buon motivo per esserne fiero
Cammino da solo e non mi volto mai
Non posso perdere
Disposto a sbagliare solo per crescere, non soccombere"

(Calma e sangue freddo - Luca Dirisio 2004)


Chibi era di pessimo umore quella mattina.

Era stato costretto da sua madre e dal suo "amico" del momento a ritirarsi in casa solo alle prime ore del mattino così, per ingannare l'attesa ed attendere l'ora stabilita, dopo aver fatto due tiri a canestro nel campetto recintato vicino alla spiaggia, si era seduto in riva agli scogli accarezzato dalla frescura della brezza marina. Irritato, insofferente e, alquanto pensieroso, non aveva valutato bene gli spazi venendo aggredito da un'onda dispettosa, portata dall'alta marea, che lo aveva assalito inzuppandogli scarpe, calzini e pantaloncini. Il risultato: era stato lui, zuppo, appiccicoso e salato che, alle due del mattino si era buttato sul letto, stremato e furente, senza nemmeno avere la voglia di cambiarsi per la notte.

Quella, purtroppo, era stata solo la prima grana della giornata.

Facendo lo slalom fra gli avanzi di cibo, le bottiglie di alcol vuote e, quella che ha tutti gli effetti sembrava proprio essere una scatola di preservativi vuota abbandonata senza pudore nella stanza principale, il ragazzo si era trascinato alle prime luci dell'alba nel bagno e, infilatosi sotto la doccia, aveva constatato di aver sviluppato durante la notte un brutto raffreddore.

"Che palle!" aveva sbottato con una voce terribile sotto il getto caldo dell'acqua sentendo il naso otturato e gli occhi lacrimare.

Chibi si era dato dell'imbecille da solo un paio di volte.

Dopotutto avrebbe dovuto prevedere una simile conseguenza visto lo stato pietoso in cui si era coricato. Però, quando aveva varcato la soglia di casa, solo poche ore prima, dato un'occhiata veloce all'appartamento e alle pessime condizioni in cui si trovava e, ciliegina sulla torta, uditi i risolini di sua madre e del suo ospite ancora svegli intenti a divertirsi, provenire dalla camera da letto della donna, il ragazzo non aveva trovato né la voglia, né il coraggio di manifestare la sua presenza, rinunciando a lavarsi e filando subito a letto.

L'amico di sua madre non era certo una persona affabile e comprensiva.

Quella stessa sera, quando si era presentato a casa loro con un sacchetto pieno di alcolici e snack vari, aveva allungato al ragazzo un paio di monete dal valore irrisorio, intimandogli con la cortesia di una serpe velenosa di sparire per parecchie ore, in modo da non disturbare i due piccioncini vogliosi di tubare come animali durante la stagione dell'amore. Sua madre, come al solito, non aveva replicato, troppo presa dall'analizzare il bottino portato in dono dall'uomo, aveva solo raccomandato al figlio di stare attento, di non cacciarsi nei guai e di non dare confidenza a gente poco raccomandabile.

Il ragazzo si era trattenuto dal ribattere che, una persona che calzava appieno quella descrizione, era appena entrata in casa loro ma, quella sera, non aveva la forza di dare voce alle sue ragioni rischiando magari di avere grane con il loro "gradito" ospite. Così, dopo aver recuperato il suo pallone da basket ed infilato ai piedi le scarpe da gioco, si era diretto nell'unico posto che potesse considerare sicuro, il campo da basket vicino al molo.

Chibi non odiava sua madre, provava un certo affetto nei confronti della donna, anche se non condivideva per niente il suo stile di vita e le sue scelte in campo amoroso. Emiko* rispecchiava in pieno il significato del proprio nome. Nonostante avesse passato già da qualche anno i trenta, amava considerarsi ancora una ragazzina e comportarsi come tale. Non che vi fosse nulla di male nel vivere spensieratamente quella particolare fase della vita ma, la donna, come sotto qualsiasi aspetto della sua esistenza, amava strafare. Lavorava da anni in un piccolo host club, era ricercata e ben voluta dai suoi più affezionati clienti che, spesso e volentieri, diventavano per brevi o lunghi periodi dei fidanzati provetti almeno, fino a quando la donna non avanzava la solita proposta di rito del "potremmo diventare qualcosa di più". A quel punto, lo spaccone, il timido o il buffone di turno, come era entrato nella sua vita e in quella del figlio quindicenne, spariva nel nulla lasciando la giovane madre nello sconforto più totale preda della tristezza più assoluta.

愛とバスケットボール (Ai to basukettobōru)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora