"Noi non siamo fatti per stare insieme"

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Chibi venne destato dal dondolio della barca. Il suo sonno era stato alquanto agitato per tutta la notte, alternando momenti di dormiveglia, dove il ragazzo aveva davvero temuto di morire a causa del freddo ad altri costellati da incubi terribili, nei quali il numero tre si prendeva di gioco di lui pubblicamente davanti a tutta la squadra, deridendolo e accusandolo di essere solo un incapace senza alcun talento. Tutto quel movimento mattutino, in effetti, sembrava non voler cessare anzi, tutti quegli sbalzi violenti, gli fecero temere che, oltre il telo riparatore, si fosse scatenata all'improvviso una tempesta. Nonostante l'ottimo attracco, la barca dondolava troppo, preda del mare infuriato, anche sé, riflettendoci con un po' più di lucidità, il ragazzo non percepiva né, i rumori tipici della bufera, né, tantomeno, quel particolare ticchettio della pioggia quando si infrange su una superficie di plastica. Il numero nove, perplesso, tese l'orecchio per cercare di comprendere cosa stesse realmente accadendo quando, in una frazione di secondo, si ritrovò nudo, privato della sua protezione, rannicchiato su sé stesso come un neonato alla mercé di due paia d'occhi che lo osservavano stupiti e curiosi.

"Tò" bofonchiò uno dei due uomini apparsi improvvisamente davanti a lui, quello dallo sguardo più rude e dall'aspetto spaventoso "Guarda, Guarda, cosa abbiamo qui. Un piccolo topolino che si è perso" continuò voltandosi verso l'amico. Chibi restò fermo, immobile, trattenendo perfino il respiro, quasi come a volersi illudere che, così facendo, sarebbe potuto diventare invisibile agli occhi dei due adulti. Di fronte a lui vi erano due anziani di oltre sessant'anni con indosso il tipico abbigliamento da pescatori pronti a salpare. Quello che aveva parlato e lo aveva scoperto per primo aveva lineamenti duri e decisi, la bocca serrata in una linea retta, due occhi intesi e freddi altre che una cicatrice parecchio vistosa al di sotto dello zigomo sinistro che ne ricopriva il volto fino all'attaccatura del collo. L'altro, sembrava più calmo e tranquillo, con un sorriso appena abbozzato sul volto, come di una persona che si sta divertendo. Il quindicenne si maledì all'istante dandosi dell'imbecille senza eguali, solo uno stupido come lui avrebbe potuto davvero crede che, una barca così ben tenuta, potesse essere stata lasciata lì a marcire al porto. Dopo lo stupore iniziale, il panico e la paura presero il sopravvento. E se quei due avessero chiamato la polizia per denunciarlo? Chibi non avrebbe retto ad una situazione del genere. Doveva fuggire, scappare il più lontano possibile per evitare la catastrofe.

"Ehi topolino? Cosa c'è il gatto ti ha mangiato la lingua?" l'uomo che lo aveva scoperto si era posizionato sopra di lui con tutta la sua figura, oscurando con il suo corpo anziano, ma non certo esile, i primi raggi del sole che stavano nascendo dall'incontro fra cielo e mare.

Nonostante il buon proposito di fuggire via, Mori si sentì totalmente pietrificato. Avrebbe almeno potuto assumere un'aria da duro, sfoggiare una maschera di strafottenza e rabbia, per cercare di spaventare i due uomini e, ritagliarsi così una via di fuga.

"Andiamo ragazzino alzati e tira fuori la lingua" l'uomo stava iniziando a spazientirsi e, involontariamente, inasprì di più la voce tirando fuori un tono, forse troppo autoritario. Sentendo quell'ordine, sempre più spaventato e perso, Chibi non potette fare altro che ubbidire. A fatica, instabile sulle gambe a causa del freddo e della paura, si mise in piedi, mantenendo lo sguardo basso.

"Su... Sumi... Sumi..." balbettò cercando di scusarsi.

"Oh andiamo Takashi san, sei sempre il solito, non vedi che lo stai spaventando?" l'altro uomo, si intromise nella conversazione, adottando un tono decisamente differente da quello dell'amico. "Smettila di fare il vecchio burbero e lasciagli un po' di spazio" continuò con tono dolce in direzione dell'amico, mantenendo però lo sguardo fisso sul ragazzino.

"Kenzo san, questo piccolo teppista si mette a dormire sulla tua adorata barca, forse anche con l'intento di rubarla, e dovrei mostrami gentile ed accomodante?" lo rimproverò l'uomo che portava il nome di Takashi.

愛とバスケットボール (Ai to basukettobōru)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora