5: Subdolo gioco di seduzione.

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«Deve avere già quattro anni.» Disse una voce agghiacciante, baritonale. «Voglio vederla, portatela qui.»

«S-Signore!
N-Non l'aspettavamo così... Presto.» Rispose un'altra voce. Il tono accondiscendente di chi provava terrore in sua presenza.

«Ho detto: portatela qui.»

Era raro che lui facesse visita alla prigione di Nurmengard. Essa era una fortezza sinistra, imponente, nero lucente e di difficile accesso. Sorgeva su una roccia color carbone, situata su una montagna del nord Europa. (Grazie Google)
Con impazienza Grindelwald si avviò nel salottino, pretendendo una buona bottiglia di Brandy durante l'attesa. Si sedette sul morbido divano, accavallò le cosce e si sfilò i guanti di pelle con estrema lentezza. Magari con l'illusione di far passare più velocemente il tempo.
Il freddo pungente di Gennaio penetrava attraverso gli spessi muri di pietra. Ma la stanza privata di Grindelwald era lussuosa e confortevole, appositamente riscaldata da un camino.
Poco dopo qualcuno bussò alla porta. Alzò lo sguardo, aspettandosi di vedere quell'essere umano in miniatura. Invece, era solamente una delle guardie che gli aveva portato il liquore da lui richiesto. Sbuffò, passandosi una mano tra i corti capelli argentei.
Non era da lui essere così nervoso, di solito vantava un ferreo autocontrollo. Una fermezza e lucidità mentale da far invidia ad un cecchino.
Qualche minuto più tardi la porta si aprì di nuovo. Grindelwald attese qualche istante prima di alzare lo sguardo su di lei. Non c'era bisogno che annunciassero il suo arrivo, lui l'aveva percepita ancor prima che entrasse. Quella davanti a lui non era un semplice essere umano in miniatura, ma una creatura che condivideva scientificamente -per metà- il suo DNA.

«Lasciateci soli.» Esordì, inchiodando il suo sguardo glaciale sulla bambina.

Lei si dondolava nervosamente sui talloni e si torturava le mani in grembo. Teneva lo sguardo basso e canticchiava un'infantile canzoncina. Forse era un metodo studiato appositamente per mantenere la calma.

«Ah.» Fece, alzando la mano, ma senza staccare gli occhi da lei. «Portate tè e biscotti. Desidero mettere a suo agio la mia ospite.»
Le guardie, seppur con riluttanza, annuirono e uscirono dalla stanza.
Quando la porta si chiuse i due furono ufficialmente soli. «Prego, accomodati.» Grindelwald alzò un sopracciglio, accorgendosi che la bambina era scalza. Quando lei si sedette, con fatica, sul divano di fronte a lui, rivelò due piedini arrossati per il freddo e pieni di ferite.
Era vestita con un abitino a mezze maniche di cotone a fiorellini, ovviamente un abbigliamento non consono per quelle basse temperature.
Infine la sorprese ad alzare timidamente lo sguardo su di lui, ma poi lo abbassava subito dopo, forse per timore. Ripetè quell'azione un paio di volte, fino a tenere per tutto il tempo la testa china. «Hyacinth, giusto?» Disse, strofinandosi la mascella squadrata. «Un nome che racchiude un signficato profondo. Anzi, un ricordo molto prezioso.
Forse un giorno te lo dirò.» Fece una breve pausa, abbozzando un sorrisetto obliquo. «Forse.»

Ma la bambina era rimasta in silenzio da quando era arrivata.

«Non mi avevano detto che non sapessi parlare.» Si appoggiò allo schienale, lasciandosi sfuggire un sospiro. Era rimasto deluso da quell'incontro, pensava che sarebbe stato un tantino interessante. Ma sinceramente, non sapeva neanche lui cosa si aspettasse da una bambina di quattro anni. «Oh!» Esclamò, colto all'improvviso da un dubbio. «Vero, i bambini non sanno ancora parlare a quattro anni!
Certo, che sciocco che sono. Perdonami, ho frainteso.»

Lei alzò subito lo sguardo su di lui, come se volesse smentire quel che aveva appena detto. Eppure non riuscì a parlare, sentiva la voce assopita nella sua gola.

The Night We Met - Tom Marvolo RiddleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora