17: Arcobaleni per daltonici.

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Un Dissennatore stava regalando un fiore... Ad Hyacinth?
Con la mano tremante dall'emozione, lo prese molto lentamente e facendo massima attenzione. Quel fiore sembrava sul punto di sgretolarsi tra le sue dita, proprio come lei...

«Pillola rossa aiuta a ''tirare fuori le mie parole''.
Pillola blu aiuta a ''calmarmi''.
Pillola verde...» Hyacinth si bloccò, tenendo in mano il farmaco e guardandolo con occhi vitrei. Se lo era dimenticato, di nuovo.
Mentre pronunciava quelle parole, Grindelwald seduto di fronte a lei, la osservava con il suo imperturbabile sguardo glaciale.
Si trovavano nei sotterranei, situati al di sotto delle celle dei prigionieri. Anche la stanza di Hyacinth era una cella, ma diversa da tutte le altre. Era spoglia, completamente bianca: dai pavimenti alle pareti. C'era soltanto un triste letto di metallo con un materasso duro come le pietre, un tavolino rotondo e due sedie. Non c'erano finestre, quindi Hyacinth disegnava spesso cieli stellati, sereni, burrascosi e li attaccava alla parete. Essi cambiavano in base al suo umore e quel giorno aveva scelto il disegno di un cielo plumbeo, opprimente.
«Ne sono così tante che non riesco a ricordarmele tutte...» Hyacinth non voleva deluderlo. «Scusami, papà.» Le piccole dita andarono a stringere l'orlo del suo vestitino, stropicciandolo dal nervoso. Era così piccola che, seduta sulla sedia, dondolava le gambe.

Grindelwald aveva il gomito poggiato sul tavolo e il mento sorretto dal palmo della mano guantata. Le sue labbra sottili si incurvarono in un mezzo sorriso, con fare enigmatico. Spostò il portapillole settimanale verso Hyacinth. «E' vero, sono tante... Ma guarda-» Alzò le sopracciglia. «Guarda che bei colori: Rosso, blu, verde, giallo, arancione, rosa, viola.» Ne prese una alla volta, disponendole in modo che formassero un arco. «Un arcobaleno.»

Hyacinth sorrise. Sorrise con la bocca, gli occhi, il cuore e l'anima. Un tepore improvviso la pervase, salì su, fino a riempirle le guance paffute. Amava suo padre, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Anche se l'unico contatto fisico che le riservava era carezzarle la testa, ma sempre con le mani protette da guanti di plastica. Anche se andava via, lasciandola da sola con i suoi demoni e lei scandiva le ore, i minuti, i secondi, i giorni, le settimane, i mesi, fino al suo ritorno.

Grindelwald si alzò, segno che il tempo a loro disposizione era terminato. Si avvicinò alla porta con un'andatura lenta, decisa. Prima di uscire, però, si voltò di nuovo verso la bimba ferma in piedi a poca distanza da lui. «Hyacinth, promettimi una cosa.»

Lei annuì, attendendo col fiato sospeso.

«Non sprecare mai fiato cercando di far vedere arcobaleni a chi è daltonico.» Il suo tono era brusco, malcelava un rancore profondo.

Hyacinth era troppo giovane per capire cosa intendesse dire suo padre. Probabilmente, anche crescendo, pur volendolo, non lo avrebbe mai capito.
Più tardi, quella notte, Hyacinth udì da dentro la sua cella, rumore di passi agitati e frasi sconclusionate. Nel buio spalancò gli occhi cercando di alzarsi dal letto, ma le cinghie di cuoio legate attorno al collo, ai polsi e alle caviglie, non glielo permisero. Più si agitava, più il rumore metallico delle catene rischiava di catturare l'attenzione. Legata in quel modo, per un'intera notte, non era raro che ad Hyacinth capitava di fare pipì a letto.

«Abbiamo una fuga!» La voce di una donna. «Ripeto, abbiamo una fuga! Preparate i Dissennatori!»

Se qualcuno era realmente fuggito da quella fortezza inespugnabile doveva essere stato davvero bravo. Tante volte Hyacinth aveva fantasticato sul mondo esterno. Fino a quel momento ne aveva sentito parlare soltanto nei libri o attraverso i racconti di suo padre.
Pregava per colui o colei che, in quel momento, stava sfidando la sorte. Ma ai Dissennatori non c'è scampo. Non c'è neanche la probabilità che qualcuno possa sopravvivere al loro bacio fatale e in un attimo diventi un vegetale, andando incontro ad una morte umiliante e più dolorosa che mai.
Infine... Accadde con una velocità impressionante. Hyacinth affondò le unghie nelle cinghie, sgranò gli occhi e socchiuse le labbra pronta per urlare. Tuttavia, non uscì ad emettere alcun suono. I Dissennatori non avevano gli occhi, si orientavano captando le emozioni degli esseri umani. E forse, loro dovevano aver fiutato il terrore, la disperazione di Hyacinth e si erano materializzati alla sua porta. Essa si aprì; la luce del corridoio rivelò tre orride creature orripilanti che emanavano un forte odore di marcio e dal respiro roco, pesante. Hyacinth si sentì pervadere da un forte senso di nausea, brividi di freddo, le vennero dei capogiri così forti che quasi temette di perdere i sensi.
Poco prima che essi potessero avvicinarsi, un quarto Dissennatore fece capolinea nella stanza. Era strano. Il suo comprotamento era a dir poco anomalo. Si piazzò davanti ad Hyacinth ed emise un lamento stridulo e graffiante, sembrava quasi che stesse urlando. Si scaraventò su i suoi simili, litigandoci e inducendoli ad arretrare, fino a portarli più lontano possibile dalla cella di Hyacinth.

The Night We Met - Tom Marvolo RiddleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora