19: Tre anni dopo.

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Gellert Grindelwald non era un padre e non lo sarebbe mai stato.
Non si unì mai in un amplesso con una donna, non quando la sua natura era un'altra. Ma il suo piano necessitava di una figura femminile, senza la quale era pressochè impossibile generare una nuova vita.
Per uno strano, sadico, scherzo del destino, scelse una babbana. Nonostante fosse palese la sua avversione verso quella razza inferiore rispetto a quella dei maghi.
Ella era uno spirito libero, si chiamava Amélie Bellerose. Una donna che si guadagnava da vivere cantando, la musica era parte di lei. Un angelo dai lunghi capelli dorati e occhi dalle iridi fiordaliso. Possedeva una rara bellezza, da Dea Greca.
Fu sedotta e ingannata da Grindelwald e in seguito messa incinta artificialmente con il suo seme.
Durante i nove mesi di gravidanza fu tenuta prigioniera nella fortezza di Nurmengard, in Austria. Quando nacque la bambina non provò neanche la gioia di tenerla in braccio o allattarla dal seno perchè... Grindelwald la uccise con l'Avada Kedavra.

Tuttavia, dopo quello che era accaduto con i Dissennatori aveva deciso di portare la bambina con sé, in Francia. E i suoi giorni di prigionia finirono.
Il suo scopo non era proteggerla, bensì occuparsi personalmente di quell'arma umana.
Lei era stata creata per riuscire là dove Credence aveva fallito: ovvero uccidere Silente.
Inizialmente Grindelwald mantenne un certo distacco, sempre ben attento a toccarla solamente se indossava i guanti. Ma averla nella sua casa, stare a stretto contatto con lei, sentirsi chiamare costantemente ''papà'', cominciò ad avere uno strano effetto su di lui.
Ad un certo punto si dimenticò persino del motivo per cui fosse venuta al mondo, come se quella dolce creatura -con il suo amore incondizionato- avesse dissipato tutto il rancore che lo teneva ancorato ai suoi folli piani.
Si rese conto del suo cambiamento quando provvide a comprarle vestiti adatti, ad assicurarsi che avesse sempre la pancia piena o che il suo sorriso non si spegnesse mai.
Le aveva allestito una camera degna di una principessa con il letto a baldacchino, giocattoli e una vera finestra che affacciava direttamente sull'Avenue des Champs-Élysées.
In poco tempo la bambina si riempì così tanto di vita, eppure niente sarebbe stato sufficiente affinchè cancellasse i traumi del suo passato.
Grindelwald smise con la somministrazione dei farmaci e le sue crisi divennero sempre più frequenti.
Era troppo tardi per rendersi conto di quello che le aveva fatto.
Tuttavia, se voleva che "guarisse", almeno parzialmente, allora sarebbe stato costretto ad Obliviarla. Cancellarle ogni misero frammento di ricordo.
Era soltanto una soluzione momentanea per sedare i demoni sepolti dentro di lei. Perchè se non provava più dolore allora l'Obscuriale non si sarebbe mai svegliato.

«Papà... Dove stiamo andando?» Chiese la bambina, tenendolo per mano.

«Stiamo facendo una passeggiata, poi prenderemo un gelato.» Evitò di guardarla mentre le mentiva spudoratamente.
Si trovavano nel cuore di Parigi. Era una sera autunnale, il momento in cui la capitale Francese brillava d'incanto, assieme all'imperiosa torre Eiffel situtata alle loro spalle.
Come promesso Grindelwald le comprò il gelato e si sedettero ad un tavolino appartato, lontano da orecchie indiscrete. «È buono?» Le domandò dopo minuti di silenzio.

Lei si prese un momento prima di rispondere, poi annuì distrattamente con la testa.
Il gelato nella sua mano, ancora intatto, iniziò a sciogliersi.

«Pensavo che vaniglia e noccioline caramellate fossero i tuoi gusti preferiti.»

«Sembri turbato.» Alzò i suoi occhioni azzurri su di lui.
Si domandò perchè stesse evitando il suo sguardo.

«Stavo solo pensando che è venuto il momento di darti un nome.» Così come lei aveva cambiato argomento, lui arrivò dritto al sodo. Era una cosa che avevano in comune, altrimenti non sarebbero stati padre e figlia.

The Night We Met - Tom Marvolo RiddleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora