Nero. Ovunque guardasse c'era solo nero. Quell'oscurità l'aveva inghiottita. Hyacinth si trovava al centro di una stanza buia, senz'aria, cieca. Si muoveva a tentoni, aveva il respiro affannoso e le lacrime agli occhi. Era come se qualcuno l'avesse rinchiusa, non avendo intenzione di liberarla.
«Mia mamma, tua mamma,
cacciano una strega.
Mia mamma, tua mamma,
scopa che si spiega.
Mia mamma, tua mamma,
strega che non frigna.
Mia mamma, tua mamma,
muori strega arcigna.
La prima strega
nel fiume è affogata.
La seconda strega a un cappio impiccata.
La terza strega, bruciata su un falò.
La quarta strega io la picchierò!»Nel vuoto echeggiò l'inquietante voce di una bambina. Ad Hyacinth le si accapponò la pelle e iniziò a tremare come se patisse il freddo.
Poi lo scenario cambiò; fu catapultata in una misera chiesa di legno, con le vetrate oscurate e un'alta balconata. Era un luogo lugubre, asettico, impolverato e c'era un forte odore di muffa. Materiale di propaganda era disseminato un po' ovunque: volantini e striscioni anti stregoneria di grande formato.
La bambina si fermò un breve istante e si guardò intorno. Infine riprese quella litania giocando in solitaria al gioco della campana. Era pallida, i lunghi capelli biondi erano appiattiti sulla nuca in assenza di volume, gli occhi vitrei e l'espressione più triste e malinconica che Hyacinth avesse mai visto.
Improvvisamente la doppia porta, che doveva essere l'ingresso della chiesa, si aprì. Entrò un ragazzo giovane molto affascinante: i capelli corvini dal taglio a scodella, la carnagione marmorea, la mascella squadrata. Gli occhi felini erano cupi, elusivi, di chi nascondeva segreti insidiosi. Di chi si fosse arreso a quei demoni che lo inducevano a rivivere -costantemente- gli orrori della sua esistenza e annegare, impotente, nella disperazione.
Hyacinth rimase a guardarlo estasiata, con le labbra dischiuse in una "o" di stupore.«Credence dove sei stato?» La voce tagliente di una donna austera, seduta in penombra sulle scale, rivelò la sua presenza. Era vestita con abiti scuri, da funerale.
Le labbra serrate in una smorfia di muta disapprovazione, gli occhi sporgenti, le braccia incrociate al petto.
Sarebbe stata la protagonista di qualsiasi incubo.Credence, così si chiamava, aveva catturato l'attenzione di Hyacinth come quando si guarda i resti di una casa in fiamme o la carcassa di un animale.
«A cercare un posto per l'adunanza di domani. C'è un angolo sulla Trentaduesima che...» Rispose l'altro, in preda all'ansia e al terrore.
Fu un misero tentativo di raccontare una piccola bugia. Era così evidente che persino Hyacinth lo aveva capito.
Credence abbassò lo sguardo, fece il giro per andare ai piedi delle scale e si fermò davanti alla donna. «Scusa mamma, n-non mi ero accorto che fosse così tardi.» Tutto di lui faceva pensare ad una profonda inettitudine. Si era arreso.
Come un automa Credence si sfilò la cintura e, con mano esistente, la porse alla donna. Hyacinth sbarrò gli occhi, facendo un passo avanti. Ebbe l'impulso di intervenire, ma non riusciva a pronunciare una sillaba.
In silenzio li seguì salire le scale, turbata e impaurita al tempo stesso. Credence e la madre -anche se una donna del genere non poteva essere definita tale- entrarono in una stanza. Prima che la porta si chiudesse Hyacinth sgusciò all'interno, fermandosi a qualche passo di distanza da loro. Assistette ad una scena raccapricciante dove vide la donna frustare con furia i palmi del povero Credence. La sua fu una violenza mostruosa, non si fermò nemmeno quando aveva lacerato la carne e il sangue zampillava da tutte le parti.«BASTA!» Urlò Hyacinth. «LA PREGO, LA SMETTA!» Tra i singhiozzi e la voce rotta dal pianto.
Di colpo si ritrovò nuovamente in quella stanza buia. Cadde in ginocchio, prendendosi il viso tra le mani. «M-Ma di chi sono questi ricordi...? C-Che cosa mi sta succedendo?!»
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The Night We Met - Tom Marvolo Riddle
FanfictionDietro una persona silenziosa, molto spesso, si celano misteri e segreti inconfessabili. Hyacinth è un'orfana dalla timida presenza, si nasconde nell'indifferenza degli altri e reprime le sue sofferenze dentro di sé. Non ha alcun motivo di sperare...