7: Addio.

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Un pomeriggio Hyacinth si stava dirigendo nell'aula in cui, di solito, teneva le lezioni con Tom.
Fu strano non vederlo già lì. All'inizio pensò che fosse semplicemente in ritardo, quindi si sedette e aspettò. Aspettò per svariate ore, fino al calar del sole. Ma Tom non si fece vivo. Né il giorno seguente, né il giorno seguente ancora.
Ormai era passata una settimana da quando lui aveva smesso di incontrarla. L'unico momento della giornata in cui Hyacinth lo vedeva era la mattina a lezione e in Sala Grande. Eppure aveva l'impressione che lui la stesse evitando di proposito.
Poi quell'impressione divenne una certezza.
Se lei provava ad attirare la sua attenzione, lui la ignorava miseramente.
Hyacinth non aveva mai sperimentato un dolore così atroce, la cui intensità non andava man mano ad attenuarsi. No, esso diventava sempre più acuto fino a prosciugare tutte le sue energie. In poche parole si sentiva già morta.
Ogni mattina si svegliava, si trascinava a lezione e saltava i pasti per mancanza d'appetito.
Ogni mattina affrontava la cattiveria umana, subiva senza più cercare di reagire.
Sentiva che ormai niente aveva più un senso o un valore; aveva perso l'unica persona che l'aveva resa realmente felice. Come avrebbe potuto immaginare che si sarebbe rivelata l'artefice del suo annichilimento?
Perchè avrebbe sopportato l'indifferenza di chiunque, ma non quella di Tom. Avrebbe sopportare un numero infinito di addii... Ma non quello di Tom.
D'altronde finisce sempre così: apri il tuo cuore ad una persona e commetti l'errore più grave della tua vita.

Più passava il tempo, più Hyacinth peggiorava. Iniziò ad essere arrabbiata col mondo intero, riservando rancore ai genitori che non aveva mai conosciuto, poiché l'avevano messa al mondo solo per farla soffrire.
E mai come allora aveva desiderato che tutto si fermasse, la vita, le persone.
Ci aveva pensato moltissime volte in precedenza. Tuttavia, era una cosa difficile da pronunciare ad alta voce. Ed era ancora più terribile che si fosse resa conto di volerlo davvero.
Perchè non accettava l'idea che non sarebbe mai stato meglio.

«Ragazzi, consegnatemi i compiti per favore.» La voce monocorde di Silente interruppe le sue riflessioni.
Uno ad uno si alzarono facendo come gli era stato chiesto.
L'unica a rimanere seduta e senza neanche i libri poggiati sul banco fu Hyacinth.
Nonostante Silente avesse notato quel suo capriccio, fece, come al solito, finta di niente. Un gesto che la innervosì soltanto di più. «Bene, passiamo col spiegare la lezione di oggi.
Come ben saprete-»

«Non mi chiede perchè non ho fatto i compiti?» Il tono impertinente di Hyacinth con cui si rivolse al professore, fu una sorpresa per tutti.
Nella classe si alzò un bisbigliare caotico, mentre alcuni sguardi si posarono su di lei.
Tranne quello di Tom, il quale, non staccò gli occhi dal libro neache per sbaglio.

Silente rimase girato di spalle, deglutendo a fatica.
Doveva rimanere pacato, moderato, e mantenere un comportamento professionale.
Ciò nonostante, le sue mani avevano cominciato a tremare per la tensione. «Come stavo dicendo, quest'oggi cominceremo-»

«LA SMETTA DI IGNORARMI!» Hyacinth balzò in piedi con occhi velati di lacrime. «SI PUÒ SAPERE CHE PROBLEMA HA CON ME?!» Urlò fino a graffiarsi la gola.

Calò un silenzio tombale per una manciata di secondi che parvero un'infinità.

«Mi cacci dalla classe, mi metta in punizione, mi mandi dal preside. Non m'importa.» La voce rotta dal pianto.
E per la prima volta, da quando era arrivata ad Hogwarts, Silente trovò il coraggio di alzare lo sguardo su di lei. Ebbe una dolorosa fitta al cuore quando incontrò i lineamenti sinuosi del suo viso, incredibilmente simile a quella persona. Loro due si erano separati, probabilmente per sempre. Ma Grindelwald aveva lasciato dietro di sé la sua copia sputata.
«Qualsiasi cosa sarebbe stato meglio affinchè lei mi avesse trattata con più di garbo!» Hyacinth si guardò intorno, accorgendosi di tutti quegli occhi puntati su di lei. Si sentì come se fosse sotto la luce di un miliardo di riflettori.
Iniziò a sudare freddo ed andò in iperventilazione. Diventò improvvisamente claustrofobica, percependo la stanza rimpicciolirsi e accusando la mancanza d'ossigeno.
Sentiva che il mostro sepolto dentro di lei, si stava lentamente svegliando da un lungo e profondo letargo. Con occhi sbarrati cominciò a realizzare di star perderndo la lucidità mentale.

The Night We Met - Tom Marvolo RiddleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora