✨Proviamoci✨

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Demet

Fui sorpresa.

Avevo accettato di restare ed ero stata costretta a dover svelare a Can la verità.

Emir, il mio collega, era già andato via, ma incredibilmente la sua auto non era ripartita.

Aveva chiamato un taxi e lasciato l'auto nel nostro giardino.

Sembrava surreale, perfettamente surreale.

Tanto che dopo aver notato il fastidio dipinto sul volto di Can, avevo addirittura ipotizzato che potesse essere stato lui stesso a sabotare l'auto.

E anche se la cosa sarebbe parsa divertente, non era così.

Emir aveva detto che spesso capitava alla sua auto quel piccolo guasto e che sapeva già come risolverlo. L'indomani stesso sarebbe passato a riprendere l'auto.

La serata era volata via, in modo divertente ed io mi ritrovavo ancora una volta con Can.

Troppo vicini.

Can non esitò: sembrava davvero felice che avessi accettato di restare lì con lui, e sembrava soprattutto felice che Emir fosse andato via subito.

Can ne approfitto e preparò una cena solo per noi due.

I suoi fratelli stavano dormendo.

Passai a dare un'occhiata ai bambini e mi avvicinai al letto di Emre e lo accarezzai poi, feci lo stesso con Leyla.

Mi accomodai ai piedi del loro letto e li osservai dormire.

Non riuscivo a capacitarmi di come un genitore potesse lasciare andare il proprio figlio senza battere ciglio.

Mentre mi perdevo nei pensieri, sentii qualcuno schiarirsi la voce alle mie spalle.

Era Can. Mi informò che era tutto pronto.

Lo seguii e dinanzi mi ritrovai una visione edonistica: un tavolo imbandito per due e tante candele, nel bel mezzo del tavolo c'erano dei fiori in un vaso blu.

Mi accomodai e Can andò in cucina e trasportò delle prelibate pietanze che consumammo allegramente tra chiacchiere e sorrisi. Come se nulla di strano fosse accaduto fra noi.

Poi il discorso divenne più serio.

"Dimmi per quale ragione scappavi da me" disse lui in modo diretto.

Mi sembrò stupido continuare a mentire così ne approfittai e decisi di vuotare il sacco: gli  raccontai dell'adozione, tutto ciò che avevo passato. Gli raccontai dei miei incubi e della paura di essere abbandonata dalla mia nuova famiglia adottiva.

Can non esitò, allungò una mano e prese la mia mano in una presa calda.

"Non voglio che tu creda che io stia giocando. Tu mi piaci davvero. E non so come andrà a finire tra noi, ma di certo non riesco a dire addio a ciò che potremo essere. Ma soprattutto non riesco a dire addio ai tuoi baci, a te, ai tuoi occhi, e a quel rossore che appare sulle tue guance quando sono troppo sincero con te, come adesso!"

Sembrava che stessi sognando. 

Mi aveva detto quelle parole e avevo sentito un solletico nell'anima. 

Ci teneva davvero a me, forse quanto io tenevo a lui.

Anche io non riuscivo a smettere di pensare ai nostri baci, o a lui e a ciò che avremo potuto essere. Anche io volevo provarci e vedere cosa sarebbe accaduto. 

E mentre riflettevo e congetturavo lo vidi mettersi in piedi.

Mi raggiunse, si chinò e mi baciò nel modo in cui volevo che mi baciasse. Lo avevo desiderato per tutta la serata ma mentre mi baciava si bloccò.

"Stabiliamo delle regole niente più uomini estranei intorno all'area di casa nostra!" disse con un sorriso.

Sapevo che era sarcastico, ma che in fondo c'era un piccolo sprazzo di verità nelle sue parole e così approfittai, ribadendo i miei interessi.

"Sono d'accordo niente più donne estranee intorno all'area di casa nostra!" dissi.

Scoppiò a ridere e riprese a baciarmi.

Mi piaceva l'idea di appartenergli davvero. Di provarci almeno.

Riflettei.

Non era una pessima idea. Anzi. Mi piaceva .Anche troppo.

Lo baciai ancora. Ancora. Ancora.

Mi sollevò e provò a trascinarmi in camera. Ed io glielo lasciai fare.

Mi tornò alla mente il sogno. Ma finsi di ignorarlo.

Era la prima volta che vedevo la sua camera: era accogliente, dai colori caldi e con un enorme letto, proprio dove mi adagiò.

Non appena le sue mani sfilarono via il mio pantalone il mio cuore iniziò a martellare.

La sua bocca finì sul mio ventre. Infilai le mie mani nei suoi capelli.

Ebbi un fremito che non riuscii a nascondere.

Avvertii un attrazione che non ero mai stata in grado di avvertire prima: travolgente.

Solo noi.

Con una mano mi fece distendere.

Incastrò le mie gambe tra le sue.

Ad ogni contatto sussultavo.

Con una mano allargò la scollatura e le sue labbra finirono anche lì.

Di tanto in tanto portava il limite sempre più in basso.

E via via riuscì a liberare il mio corpo da quel body che finì sul pavimento. 

D'un tratto il suo corpo caldo si sovrappose al mio.

Avvertivo quei tocchi leggeri, le sue labbra, senza domare i sospiri di piacere.

Quando la sua mano finì sulla mia gamba trattenni il respiro per un attimo.

Attese che riprendessi fiato e sorrise.

Sorrisi e lo baciai.

A quel punto udimmo la voce di sua sorella che ripeteva il nome di Can.

Can sbuffò e suo malgrado si allontanò da me.

"Tranquilla sarà solo un incubo ... torno subito" mi disse.

Ebbi tempo di riflettere. Mi rivestii alla svelta e capii che forse attendere ancora un po' per arrivare a quel momento avrebbe reso la cosa ancora più emozionante e soprattutto dovevo escogitare un modo per confessare a Can che prima non avevo mai avuto rapporti sessuali con qualcuno.

Era una lunga storia che dovevo ancora spiegargli.

Raccolsi i miei abiti e in silenzio sgattaiolai via. Una volta in casa afferrai il mio cellulare e gli mandai un messaggio rassicurante e dolce.


Desiderami, Ma Fallo Ad Alta Voce!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora