Capitolo 16

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Ieri sera, prima di tornare a casa, sono passata al canile a trovare i miei amici a 4 zampe e con mio sommo dispiacere il cucciolo dell'altra volta non c'era più.

In realtà dovrei essere felice, significa che ha trovato una famiglia che lo coccolerà tantissimo, ma un po' ci resto male, perché mi ero già affezionata.

Ho riempito le scodelle a tutti e come ogni volta mi sono fermata ad accarezzare quelli che mi sembrano tristi e che mi guardano come se volessero dirmi qualcosa: si lasciano coccolare da me, piegando la testa alla ricerca del palmo della mano, annusandomi intorno e a volte obbligandomi a piegarmi alla loro altezza.

Il risultato è che stamattina ho la schiena a pezzi: quando arrivo in ufficio, in ritardo, mi fiondo subito alla scrivania perché proprio non riesco a stare in piedi, se continua così dovrò prendere un antidolorifico, sennò sarà dura reggere tutta la giornata dolorante.

A metà mattina mi rendo conto di non aver ancora visto il mio capo e mi chiedo dove sia quando entra in ufficio Vittorio, chiedendomi di uscire con lui.

Un po' incuriosita prendo la borsa e con movimenti lenti lo raggiungo in corridoio dove mi aspetta con un cliente: "uffa, è quell'odioso dell' avvocato Fittipane", mormoro indispettita, è indagato in concorso con il suo cliente, per usura e riciclaggio.

"Buongiorno avvocato, come sta?"

"Lara, buongiorno a lei, chiedevo a Vittorio se avesse due minuti di tempo da dedicarmi", mi dice con quella voce antipatica mentre mi porge la sua mano sudaticcia.

Uff, vi è mai capitato di incontrare qualcuno che a pelle, immediatamente, vi infastidisce, vi fa ribrezzo?!! Ecco, lui mi ha fatto subito quell'impressione e nel tempo non è mai cambiata, anzi, ogni volta che viene in ufficio è sempre peggio.

Mi trattengo dal mandarlo al diavolo e con un falso sorriso gli faccio cenno di entrare nel mio ufficio, ma lui mi blocca e dice: "e no, Lara, ho prenotato il pranzo da Taveggia, andiamo lì, così potremo discutere con calma".

Guardo Vittorio con occhi disperati ma non trovo supporto, cerco di svicolare, dicendo che non ho molto tempo, che devo preparare delle istanze di patteggiamento in scadenza ma lui insiste avvicinandosi prepotentemente.

Per evitare storie mi appresto ad uscire, dicendogli che stiamo già perdendo troppo tempo in chiacchiere e gli passo velocemente di lato.

Fuori dal portone mi si affianca e inizia a parlare delle solite stupidaggini, di come mi ondeggiano i capelli quando cammino a passo deciso, di come esprimo sicurezza solo guardando le persone e.....

E io già non l'ascolto più e spero che questo pranzo finisca al più presto.
Entriamo da Taveggia e subito Matteo, il cameriere che solitamente ci serve al tavolo si avvicina con un sorriso sincero: "Buongiorno Lara, benvenuta, si accomodi al suo solito tavolo".

Lo ringrazio con lo sguardo e mi siedo subito, dicendo: "Matteo, per cortesia, oggi dovrai essere veloce, perché ho molto da fare a studio".

Lui mi fa l'occhiolino e risponde che sarà veloce come il vento.

Matteo è un ragazzo pugliese, giovanissimo: mi ha raccontato di essere partito per Milano dalla sera alla mattina perché non si sentiva a suo agio nella sua terra, nella sua casa e tra i suoi amici; qualsiasi cosa facesse non lo riteneva mai abbastanza, o almeno così crede la pensassero i suoi genitori.

Ora a Milano è libero di vivere la sua vita come meglio crede e ha imparato che non è necessario chiedere sempre l'approvazione degli altri per sentirsi bene.

Mentre ci porta il menù incalzo il Fittipane a dirmi velocemente cosa ci ha portati a pranzo insieme. Lui, con quella voce mellifua, da viscido qual è, inizia a farmi mille complimenti ma io sbuffo senza trattenermi, dicendogli che se è una cosa attinente al lavoro possiamo confrontarci, in caso contrario vado via perché non abbiamo nulla da spartire.

"In realtà ho voluto questo pranzo perché voglio farti una proposta" dice di colpo.

Mio Dio, con cosa se ne uscirà adesso....

"Vorrei che tu lasciassi lo studio di Vittorio e venissi a lavorare da me, nel mio studio, dove diventeresti una socia al mio pari"

Non lo lascio nemmeno finire che già inizio a ridere, nemmeno tanto celatamente, non riesco a trattenermi...Ma questo davvero crede che lascerò il mio posto di lavoro per lui? "Scusi, ma cosa le fa credere che io voglia lavorare con Lei? Io mi trovo benissimo nello studio attuale e ...."

Lui vaneggia promozioni, carriera, stipendi stratosferici ma restano tutte parole vuote. Mentre reitero il mio diniego confermandogli che sto bene dove sto e non ho bisogno di ulteriori gratificazioni, vedo entrare il mio Baris che si fionda al tavolo.

"Buongiorno Lara, Buongiorno .... avvocato? Scusi, ma non ricordo il suo nome", dice scontroso.

Io ridacchio mentre il poveraccio si presenta e viene prontamente ignorato da Baris che mi prende per mano e dice al collega che è tardi e che abbiamo un appuntamento di lavoro serio. Mi alzo di scatto e mentre ancora rido saluto il collega-cliente il quale resta seduto al tavolo con una faccia da ebete!

Fuori dal locale stringo la mano di Baris e mi avvicino al suo orecchio: "Grazie ask, mi hai salvata".

"Che diavolo voleva da te? Vittorio mi ha detto che ti ha costretta a pranzare con lui con la scusa del lavoro, ma a me quel delinquente non piace per niente!"

"Neanche a me, tranquillo, mi ha proposto di andare a lavorare con lui", dico ridendo, ma Baris non ride affatto e si blocca all'istante per strada: "Io lo faccio arrestare e butto via la chiave a quello, non lo faccio più uscire" dice incazzato.

Lo tranquillizzo, dicendo che era una stupidaggine che avrà tirato fuori come pretesto, che spesso prova a passare da studio con scuse stupide e che deve stare tranquillo perché io non vado da nessuna parte.

Poi mentre parlo mi accorgo che stiamo rientrando ne portone, che stiamo tornando a studio e per spezzare un po' la tensione, con voce lamentosa, gli dico che ho fame e che non sono riuscita a mangiare nulla a tavola e vorrei prendere qualcosa in un bar prima di tornare a lavoro.

Lui mi guarda con un sorriso e arrivati davanti al portone dello studio mi ordina di entrare. Uff, si è arrabbiato e ora non vuol sentire ragioni penso mentre vado verso lo studio ma Baris mi trattiene e mi trascina letteralmente a casa sua.

Arrivati dentro mi accorgo che nel salotto c'è una tavola apparecchiata con un bel vaso di fiori e nella casa si sente un buonissimo profumino.

Mi giro di scatto e l'abbraccio forte. Lui ricambia e mi dice: "Vai a lavarti le mani che adesso si mangia".

Quando torno di là lo trovo in cucina che spadella: è bellissimo ai fornelli, ha tolto la giacca e ha messo una maglietta bianca a maniche corte, mi guarda con quegli occhi neri e profondi e mi dice: "Mettiti qualcosa di comodo" e mi fa cenno di prendere una sua maglietta bianca poggiata sulla sedia.

Per niente imbarazzata mi tolgo l'abito e mi infilo la sua maglietta e mi accomodo a tavola in attesa della portata.

Arriva con del salmone e dell'insalata ma nonfaccio in tempo a congratularmi con lui che subito mi bacia. Cerco di opporreun po' di resistenza, ma lui dice: "Partiamo dal dolce" e non posso che essered'accordo con lui

SENZA RESPIRODove le storie prendono vita. Scoprilo ora