Capitolo 24

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Mi sveglio di soprassalto: sembra ancora buio fuori, ma c'è una pallida luce che filtra, forse starà albeggiando, intorno a me tutto silenzio ma un puzzo tremendo di urina, mentre cerco di alzarmi da questo materasso nauseante mi rendo conto di essere bagnata, che l'urina è la mia e il mio stomaco non ce la fa: vomito anche l'anima, poi mi accoccolo a terra esausta.

Sto per cedere alle braccia di Morfeo quando si apre la porta: non è Leyla, è un uomo: alto, muscoloso dagli occhi neri come le tenebre e mi guarda con un ghigno schifato.

Gli dico di aver bisogno di un bagno, gli dico che ho freddo e mentre tento di alzarmi le forze mi abbandonano, ma lui arriva e mi sorregge, si scusa quasi con me e mi rassicura dicendo che mi accompagnerà in bagno e che mi darà qualcosa per coprirmi.

Ci incamminiamo su delle scale tenendomi al suo braccio, poi gli squilla il cellulare e per un attimo devo lasciarlo: mi appoggio al muro e lui risponde concitato in una lingua che non riconosco, ma non so perché mentre parla catturo qualche parola che in automatico mi viene da tradurre in DOVE, CERTAMENTE, VA BENE ma non comprendo il discorso, non capisco con chi stia parlando.

Ad un tratto la sua voce si fa preoccupata, poi arrabbiata, si gira di spalle, alza il tono e io ne approfitto: inizio a salire le scale, dapprima lentamente poi sempre più veloce, fino a quando non mi compare davanti un uomo viscido che mi da uno schiaffo talmente forte da farmi perdere i sensi.

Ho un forte dolore alla testa, cerco di toccarmi ma non ci riesco, sento rumori venire dall'esterno e provo lentamente ad aprire gli occhi: la testa mi duole tantissimo e sono a terra, alla base di una scala, in un posto che non conosco. Cerco di alzarmi ma le gambe mi tremano, mi guardo intorno e non c'è nessuno, dietro di me una porta che si apre su una stanza vuota, sembra una cantina, in un angolo un materasso lercio.

Chiudo immediatamente, c'è un odore pessimo che impregna l'aria e così salgo le scale: faccio una fatica tremenda e mi appoggio alla ringhiera: è come se questo posto appartenga a me, al mio passato, ma non ricordo cosa sia.

Finalmente raggiungo l'androne del palazzo: dal portone arriva tantissima luce, oggi deve essere una giornata molto soleggiata, penso, poi mi accorgo che c'è un ascensore e prenoto la chiamata. Quando si aprono le porte trovo riflessa nello specchio una donna sporca, con i capelli arruffati, semi nuda, e allora realizzo, mi guardo, mi tocco, sono io, ma dove sono e... chi sono?!

Esco sconvolta dal palazzo e mi guardo intorno, poi realizzo che ho indosso solo una maglietta che una volta doveva essere bianca e mi vergogno profondamente, così cerco di rientrare ma il portone si è chiuso alle mie spalle. Guardo i nomi sul citofono ma non ne conosco nessuno, niente mi è familiare, solo il debole profumo che a volte riesco a percepire da questa maglia lercia che indosso: è un profumo bellissimo, mi sembra familiare perché quando lo sento mi da conforto, pace, chiudo gli occhi e cerco di sentirlo ancora, immagino due occhi grandi e neri come il carbone che mi guardano con dolcezza ma non ho idea di chi sono.

All'improvviso, mentre cerco di strisciare lungo il muro del palazzo e camminare non so nemmeno io per andare dove arrivano 2 volanti della polizia e si fermano davanti a me: sono spaventata, devo essere una drogata o peggio una donna di male affare, chissà cosa è successo stanotte e ora mi arresteranno e io non ricordo niente, nemmeno il mio nome.

Da una volante esce una donna poliziotto con una coperta leggera e mi copre, poi mi chiede se sto bene e dice al collega di chiamare un certo Ivan e di dire che mi hanno trovata.

"Chi è Ivan?" chiedo timorosa io, ma Lei mi guarda sgranando gli occhi e con voce pacata mi domanda: "Ti chiami Lara, vero? "

"Io non lo so come mi chiamo, non so chi è Lara e non so dove sono e perché sono in queste condizioni, la prego mi aiuti" e appena termino la frase che mi costa fatica dire nascondo la faccia tra le mani e piango silenziosamente.

Mi fanno entrare nella volante e loro restano fuori a parlare a telefono con qualcuno, poi dopo una decina di minuti arriva un'autoambulanza e mi fanno entrare: dicono che mi portano in ospedale per effettuare dei controlli. Io non so cosa dire, non so cosa rispondere alle loro domande ma mentre chiudono il portellone dell'autoambulanza vedo arrivare un auto a tutta velocità verso di noi: sento un sacco di voci concitate, questa volta nella mia stessa lingua e non in spagnolo, qualcuno che batte i pugni sul metallo del portellone ma dopo qualche secondo sono in movimento, mi fanno stendere sul lettino e mi misurano la pressione.

Arrivati al pronto soccorso mi portano con la barella in una stanzetta angusta dove tre persone in camice azzurro mi stanno aspettando: una di queste è donna e si avvicina delicatamente parlandomi in un sussurro.

"Come si sente? Le fa male qualcosa in particolare? Sono la psicologa dell'ospedale e vorrei chiederle il consenso per farle fare dei controlli vaginali per sapere se qualcuno le ha usato violenza; il mio collega procederà nell'immediato a farle una tac per capire il suo mal di testa e cercare di capire la causa della perdita di memoria".

La tipa parla dolcemente, cerca di rassicurarmi ma parla tantissimo così la interrompo e le dico che possono fare tutto quello che ritengono opportuno.

Mi rivoltano come un calzino e dopo un paio di ore mi trasferiscono in una stanza di degenza dove trovo tre uomini e una donna ad attendermi: c'è un tipo tutto tatuato che non ispira per niente fiducia, una giovane coppia di ragazzi e un uomo bellissimo con due occhi tristi, ma al contempo ardenti che mi guardano intensamente. Io, imbarazzata, distolgo subito lo sguardo e chiedo all'infermiera di fare uscire le persone perché vorrei poter andare in bagno.

L'uomo dagli occhi scuri fa resistenza ma poi arriva il medico e lo convince ad uscire.

Mentre mi alzo per raggiungere a fatica la porta de bagno sento il dottore dire: "Deve avere pazienza, lo stato di salute in generale è buono, non ha subito alcuna violenza ma ha la pressione molto bassa, non ha ingerito nulla negli ultimi giorni e quindi si è molto indebolita. Ha una lieve commozione cerebrale, deve aver sbattuto la testa forse cadendo e la perdita di memoria è soltanto temporanea: potrebbe essere causata dalla commozione cerebrale oppure potrebbe essere un fattore psicologico ad averla scatenata, inconsciamente non vuole ricordare quello che le è accaduto. Comunque la polizia la sta aspettando per prendere la sua deposizione, poi tornerà qui e parleremo di come potrà comportarsi con Lara, fino a quando non si rimetterà".

COSA MI E' SUCCESSO? Chi è quell'uomo bellissimo che è fuori la porta?

Non ricordo nulla, non riconosco nessuno, ho solo voglia di farmi una doccia e lavare via lo sporco che sento addosso: quando mi tolgo il camice ospedaliero mi accorgo di non avere più addosso la maglietta lercia di prima, e un po' mi dispiace non sentire più quel profumo ma poco importa, l'importante è riuscirmi a lavare.

A fatica riesco a spettinare il nido di capelli che ho in testa e dopo quasi un'ora ritorno a letto: non sento nessuno dietro la porta della stanza ma sul comodino ho trovato un mazzo di ranuncoli che prima non c'era, è bellissimo, chissà chi lo ha portato.

Mi stendo di lato, di spalle alla porta e mi addormento.

Quando mi sveglio di soprassalto mi accorgo di aver sognato due bambini bellissimi, un maschio e una femmina: mi chiamavano mamma ed eravamo insieme ad un uomo a passeggio da qualche parte e mangiavamo un gelato.... sono sposata e ho dei figli? E dove sono adesso quei bambini? Avranno sicuramente bisogno di me, sono disperata, non ricordo niente. 

Chiudo gli occhi di nuovo, nella speranza che qualche ricordo venga a galla ma nulla...

Solo un viso mi appare chiaro, un uomo bellissimo, dai lineamenti molto decisi, i capelli lunghi, gli occhi scuri del colore del cioccolato: mi guardano tristi, mi prende le mani e mi fa alzare, è molto alto, è muscoloso, ha un profumo bellissimo, sembra familiare, sì, è il profumo della maglietta, allora apro gli occhi ma non c'è lui, non è l'uomo che ho sognato affianco ai due bambini, di fronte a me c'è quello che stava in stanza e che poi è uscito a parlare con il dottore.

"Ciao Lara, sono Baris" e mentre lo dice sento un intenso profumo aggredirmi le narici, e mi piace, sento che è un profumo di casa, così lo guardo negli occhi e gli confesso: "Non ti conosco, mi dispiace".

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