Capitolo 26

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Erano passate tre ore, avevo passato due ore e mezza in piedi visto che avevo una miglior visuale e controllo delle linee dall'alto, "pausa?" mi chiese Alex che stava cercando di trattenere il dolore visto che avevo iniziato a tatuare l'ultimo ramo verso l'inizio del costato. "Si ti prego" dissi io massaggiandomi la mano. "Come procede?" chiese Damon entrando senza bussare. "Mi mancano le rondini e l'ultimo pezzo di un ramo" dissi io stiracchiandomi la schiena, Damon arrivò li al mio fianco "Ti supplico dimmi che non mi ha disegnato una svastica" chiese piagnucolando Alex.

Damon guardò il tatuaggio e per un attimo rimase con la bocca socchiusa a guardarlo, io aspettai una sua reazione, e anche Alex, "È perfetto" disse guardandolo meravigliato "Paige dovrei alzarti la paga" disse guardandolo senza parole, guardò da vicino ogni linea, spazio e bordo. "Lunedì mi devi fare un tatuaggio" mi avvisò Damon "Damon ti posso fumare nello studio?" chiese Alex pregandolo "si tanto non ci sono clienti" disse lui con un alzata di spalle.

"Ragazzina, mi prendi il pacchetto di sigarette?" chiese lui "dov'è?" dissi guardandomi intorno "lì" disse indicando le tasche dei suoi jeans con un sorriso malizioso "porco" borbottai togliendomi i guanti. Lui alzò il busto e venne vicino al mio viso con un sorriso da stronzo "stamattina nel tuo letto non la pensavi cosi" disse lui con aria divertita. Io alzai gli occhi al cielo e con una mano lo spinsi giù, li presi le sigarette dalla tasca dei pantaloni sentendo un suo verso di approvazione. Gliene passai una e me ne presi una.

Intanto con l'ipad iniziai a disegnare meglio il design della rondine. "Che stai disegnando?" chiese lui cercando di sbirciare "fatti gli affari tuoi" dissi io stringendo l'ipad al petto.

"Paige" mi sussurrò lui "oh" dissi io facendo un tiro di sigaretta "vieni qui un secondo" mi disse lui sempre sussurrandolo facendo il gesto con indice e medio di avvicinarmi. Io lo guardai confusa e mi avvicinai a lui.

Lui sorrise e di scattò alzò il busto facendo toccare le nostre labbra. Io presa alla sprovvista, sulle prime non ricambiai, poi quando lui reclamò la mia lingua picchiettando sulle mie labbra, partecipai anch'io a quella lotta che stava avvenendo tra i nostri corpi. In una mano avevo la sigaretta, e nell'altra la macchinetta, quindi tenni le mani a mezz'aria, lui si avvicinò più al bordo del lettino e con una mano mi strinse il fianco mentre iniziò a mordermi il labbro inferiore possessivamente.

Mi staccai per carenza di ossigeno e lo guardai per un attimo. Lui si sdraiò tranquillo con un sorrisetto soddisfatto sul viso "okay puoi continuare a tatuarmi" disse lui con un sorrisetto da stronzo mentre si leccava le labbra con ancora la mia saliva impressa. Aveva l'alito che sapeva di menta e tabacco, un mix perfetto.

In quel momento mi squillò il telefono. "Pronto" dissi non riconoscendo il numero "salve la signorina Paige Anderson?" chiese una voce maschile "si" dissi io stranita alzandomi dallo sgabello con ancora la sigaretta in mano "le comunichiamo che la sua casa a Los Angles ha subito un effrazione, l'agenzia immobiliare è entrata e non abbiamo trovato danni che prima non c'erano già, non è che lei potrebbe venire a controllare un giorno di questi?" chiese gentilmente il signore. "No aspetti in che senso la mia casa a Los Angeles" chiesi confusa, vidi che Alex mi lanciava uno sguardo per cercare di capire cosa stesse succedendo "si la sua casa sulla novantesima di state street" confermò lui nominando l'indirizzo di casa mia. "Ma è abitata quella casa, ci sono mio padre e mia madre" dissi cercando di lasciar perdere tutti i tragici dettagli "no, è disabitata da tre anni, i signori Anderson l'anno intestata a lei tre anni fa, visto che l'agenzia non l'ha potuta incontrare di persona, l'ha tenuta lei per questi anni, ma ora che abbiamo trovato il suo contatto l'abbiamo chiamata" disse lui facendomi confondere ancora di più "in che data è stato fatto il passaggio di proprietà?" chiesi "il 15 maggio 2015" disse lui.

Tre giorni dopo che io ero stata portata in orfanotrofio. Perché mi avevano lasciato quel stupida casa... "Si e non ce un modo per venderla?" chiesi io sedendomi sullo sgabello non volendo sentirne neanche parlare di quella casa "in realtà la casa non è messa nelle condizioni migliori quindi la cosa miglior è che lei o qualcun altro della sua famiglia venga, la sistemi e poi gliela posso mettere in vendita" disse lui "Senta la posso richiamare tra qualche giorno che in questo momento sono impegnata?" chiesi io sperando in una risposta positiva "certo, chiami su questo numero" disse lui "arrivederci" dissi attaccando e mettendo il telefono sulla scrivania.

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