PROLOGO

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Era finalmente arrivato il giorno che attendevo da anni, forse addirittura dalla mia nascita. Strinsi i lembi dell'abito nero –l'unico colore che ormai indossavo, quello che mi aveva fatto ottenere il triste nome di Dama Nera. Mi sistemai meglio sul sedile. Mi era stato dato il posto d'onore, quello più elevato, quello maggiormente lontano dagli altri. Sugli spalti sotto il mio la gente chiacchierava, rideva, urlava. Come se fossero lì per uno spettacolo divertente, non per assistere a una condanna. Yvonne. La mia peggiore nemica. Il sangue del mio sangue. Mia sorella. No, la mia sorellastra. Scacciai quel pensiero. La bella Yvonne dai capelli biondi come l'oro e dallo sguardo azzurro come il mare era dolorosamente vivida nella mia memoria. Colei che aveva infilato i suoi artigli nella mia carne. L'odio mi scosse. La odiavo così tanto...

E poi apparve. Minuta, pallida, tremante. Era trascinata, i polsi legati strettamente con una corda. Di Yvonne, la donna che mi aveva rovinato la vita, che più volte aveva tentato di determinare la mia fine, non restava più nulla. I capelli erano stati tagliati corti, il corpo era martoriato dalle torture, i vestiti erano stracci. Eppure riusciva ancora a risaltare in quello spiazzo improvvisato, dietro al quale svettavano le grigie mura del castello.

-La strega!- urlò qualcuno e subito cominciarono a colpirla con qualsiasi cosa capitasse loro tra le mani. Sassi, rami, pezzi di argilla. Quanto si facevano trascinare le persone...

Mia sorella pianse. Provai una gioia selvaggia e crudele. Era opera mia quella, era il mio modo per vendicarmi. La mia bambina. Il dolore mi sommerse come un'onda, facendomi quasi annegare. L'allontanai. Non si nasce crudeli. No, si diventa tali giorno dopo giorno. E io, che avevo fomentato quel processo alle streghe, che avevo sparso indizi per accusare tutti coloro che mi avevano ferita, che ora osservavo la loro caduta, un tempo ero stata buona. Ed ero stata al suo posto. Umiliata e sola, con il dolore che mi premeva nel petto e la certezza che sarei morta come una strega. E tutto per l'invidia di una sorellastra.

Yvonne cadde. Qualcuno la sorresse. Possibile che riuscisse a far pena anche ora? Con un'accusa di stregoneria sul capo? Vecchi ricordi si fecero strada in me. Un tempo ero stata io costretta ad avanzare sotto gli sguardi carichi di scherno. Un tempo solo l'amore mi aveva salvata, strappandomi da una fine nefasta per rinchiudermi in una bugia.

La osservai, trascinata fino alla catasta di legno. Non era la prima volta che assistevo a un rogo, ma quel giorno mi sentivo nervosa. Tutto si sarebbe concluso in quel modo. Una vita di odio, di lacrime, di dolore. La sensazione di vuoto m'invase così, quasi senza motivo. Possibile che improvvisamente non provassi più nulla? Che il fuoco della gioia avesse lasciato solo ceneri? La mente volò a un volto che da sempre associavo a me e Yvonne. Uno sguardo cupo, un portamento rigido, un modo di serrare le labbra che sembrava portare tempesta. Lui.

In lontananza echeggiò la vecchia canzone, quella che aveva percorso, nel bene e nel male, tutta la mia vita. Ricordai la ragazza dai capelli scuri e con l'ampio abito verde che un tempo correva felice nel bosco, canticchiando quelle stesse parole. Non esisteva più da molto. Non mi girai a cercare chi stesse sussurrando quell'antica ballata, quella che mia nonna, inglese di nascita, mi cantava quando ero piccola. Forse era solo il frutto della mia stanca fantasia.

"Stai andando alla Fiera di Scarborough?

Prezzemolo, salvia, rosmarino e timo

Ricordarmi alle persone che vivono là

Lei un tempo era il mio vero amore"

Lo strattone arrivò all'improvviso. Fui sollevata e lanciai un grido, le labbra socchiuse. Una mano mi strinse con forza il braccio. Una stretta che un tempo avevo amato e desiderato.

Salvia, rosmarino e incantesimiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora