XXXXV. Il voto

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Arrivammo al calar della notte. Lunghe ombre sfioravano gli alberi, le strade, i cespugli. Le prime stelle spuntavano timidamente. L'aria era fredda... oppure ero io ad avere il gelo nelle ossa.

Era dentro una tenda. Un luogo misero per il mio Basilius, per quel ragazzo che avevo amato fino alla disperazione. Non ascoltai le proteste di chi cercava di fermarmi, corsi da lui. Mi bloccai quando vidi che non era il solo. Si trovava lì con altri feriti che si lamentavano, piangevano e urlavano. L'aria era impregnata dall'odore nauseante del sangue. Deglutii per combattere la nausea. Non potevo tornare indietro senza averlo visto. Mi costrinsi così a proseguire, un passo alla volta. Lasciai scivolare lo sguardo sui presenti per cercare lui.

-Dame- chiamò qualcuno. Mi sforzai d'ignorare le suppliche. Io ero lì per Basilius. Non potevo fermarmi prima di averlo trovato. E poi lo vidi. Era riverso in un lato, per terra.

-Basilius- esclamai, terrorizzata. L'ansia mi soffocava. Caddi al suo fianco e lui si mosse leggermente, gli occhi chiusi. Tutta la mia vita parve collassare in quell'ultimo momento. La mia infanzia solitaria, la mia adolescenza infelice, la mia giovinezza travagliata. Basilius, Abel, Thomas, Wulf. Gli uomini della mia vita. E ora era la fine. Ero in bilico sull'abisso. Un soffio di vento e sarei crollata. Lo chiamai ancora e gli accarezzai il viso. Il dolore mi squarciò il petto, facendolo sanguinare.

-Al- la sua voce che non pareva nemmeno sua tanto era sottile.

-Basilius- sussurrai, il tono rotto dall'ansia. Cercai con lo sguardo la ferita. All'addome. Poteva essere mortale una ferita simile.

-Sono morto?- un gemito, il viso contorto, stropicciato, frantumato.

-Non ci provare nemmeno a morire- lo minacciai.

-Mi sei mancata- aprì leggermente gli occhi e aggiunse qualcosa che mi annodò lo stomaco, che mi fece quasi sentire mancare, che mi stordì e mi turbò. -Sto morendo-

-Non è vero, penserò io a te-

E così feci. Passarono giorni logoranti, durante i quali fui al suo capezzale. Non si riprendeva. Era così pallido, così debole, così... era moribondo. No, non potevo permettere che gli succedesse qualcosa, sarebbe stato troppo.

-Dame Alinoir, dovete riposare- mi disse Janice.

Scossi la testa. Cercai di pensare a che erbe usare.

-Almeno prendete un po' d'aria-

Sì, forse mi sarebbe servita. Annuii debolmente. –Torno subito-

-Oh, fate con calma-

Uscii, barcollante. Altri feriti mi chiamarono. Io li ignorai.

L'ansia mi faceva mancare il respiro. Il cuore mi martellava nel petto. La situazione era drammatica. Basilius probabilmente... no, non volevo neppure pensarci. Basilius ce l'avrebbe fatta, ce la faceva sempre alla fine. Lui era una costante in una vita convulsa.

La vidi per caso. Una chiesetta piccola che sembrava quasi abbandonata. Sentii il suo richiamo, come se mi chiamasse, come se mi attirasse a sé con una vocina esile e delicata. Mi avvicinai, l'abito che mi frusciava intorno, pesante come un macigno. Oppure ero io a essere esausta. Il pensiero di Basilius era vivido in me, insieme a mille altri. Lui, il principe delle fate, lui che sembrava non appartenere a questo mondo, lui che era sempre stato con me, in un modo o nell'altro. La porta della chiesa era socchiusa. La spinsi e si aprì con un forte cigolio che mi fece rabbrividire. Entrai, sollevando leggermente l'abito per non cadere. Fui colpita dal forte profumo d'incenso e di legno. Dentro c'erano diverse panche. In fondo, sotto quel tetto che quasi cadeva, distrutto dal maltempo, c'erano l'altare e un grande crocifisso. Mi feci il segno della croce e sussurrai una preghiera. Uno strano senso di pace m'invase. Forse lì potevo davvero trovare una soluzione. Ero sempre stata combattuta tra la religione e le pratiche che avevo imparato fin da piccola. Le streghe però non devono necessariamente stare lontane dai luoghi sacri. Inspirai a fondo e mi parve di sentire un leggero profumo di rose, misto a rosmarino. Valeva la pena di tentare. Mi avvicinai, cercando di avere un passo saldo e mi fermai solo quando fui di fronte all'altare. Mi sembrò di essere tornata bambina, quando venivo trascinata a messa la domenica, con il vestito più bello e mi veniva detto di abbassare il capo e obbedire. Ripensai ai miei matrimoni, a quei sì, lo voglio, estorti, in un paio di casi con la forza, non fisica, ma comunque una specie di forza. Alla fine solo Wulf lo avevo sposato per amore, o per qualcosa che si avvicinava ad esso.

M'inginocchiai e giunsi le mani. Pregai, un filo di voce che mi usciva tra le labbra socchiuse. Un voto. Non potevo far altro. Per Basilius. Ricordai che diverse ragazze li facevano quando ero piccola. Più era grande il voto, maggiore era la possibilità di ottenere ciò che si desidera. Mia nonna era sempre stata contraria.

-Il voto lo si deve rispettare per sempre... altrimenti succederà qualcosa di brutto... te la senti di giurare qualcosa per sempre?- mi aveva domandato una volta, quando da piccola volevo fare un voto affinché mio padre non si sposasse più. Quelle parole avevano bruciato il mio desiderio. Ciò che volevo non era poi così importante.

Ora però dovevo farlo. Non c'era altra scelta. Inspirai, il corpo che mi tremava. –Mi dispiace, nonna- sussurrai piano –ma io senza Basilius... non posso vivere-

Mi misi a pensare. Cosa c'era di così importante? Non mi veniva in mente nulla, per quanto ci ragionassi sopra. Chiusi gli occhi per riflettere meglio, per non essere distratta dal mondo, che continuava a vivere, come se non comprendesse il mio dolore.

Alla fine compresi. –Non mi unirò mai più a lui-

E, come per consacrare il voto, in lontananza esplose un tuono. Ormai era fatta. Non si poteva più tornare indietro.

Quando uscii dalla chiesa vidi Janice che mi correva incontro. Barcollai, confusa. No, no, no, se correva così verso di me poteva solo voler dire...

-Un miracolo, Dame, un miracolo!-

Non attesi oltre. Mi misi a correre verso la tenda. Non pensavo a nulla. Entrai, il respiro che quasi mi mancava, e lo cercai, come se dal trovarlo dipendesse la mia vita. E poi sentii un sussurro.

-Al-

Balzai verso di lui e mi buttai sulle sue braccia. Sentivo le lacrime scorrermi lungo le guance. Era vivo, era vivo, era vivo! Non riuscivo a crederci.

-Così mi stritoli- si lamentò, ma c'era il riso nella sua voce.

-Mi sei mancato- ammisi.

-Mi pensavi già morto, vero?-

-No- mentii –l'erba cattiva non muore mai, non lo sai?-

-Oh, quasi lo dimenticavo che io sono l'erba cattiva-

-La migliore erba cattiva che ci sia- mi affrettai ad aggiungere. Ce l'avevo fatta, lo avevo riportato da me... ma a che prezzo?

Salvia, rosmarino e incantesimiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora