XXXIV. Nascita

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Fuori infuriava il temporale. Era talmente violento che mi sembrava capace di far tremare anche il castello. Sophie mi leggeva qualcosa, all'incerta luce della candela. Mi strinsi nel mantello. Il freddo che mi divorava le ossa. Mi spostai sulla poltrona.

-Tutto bene?- Sophie posò il libro sulle gambe.

-Sto bene, devo solo sgranchirmi le gambe-       

Mi alzai e... un dolore mi agghiacciò. Boccheggiai. La mia bassa schiena era in fiamme. Mi piegai istintivamente in avanti, ansante, il respiro che mi mancava. Puntini neri mi esplosero davanti.

-Alinoir- Sophie mi tenne.

Io non parlai, non ci riuscii. Sentivo del liquido scivolarmi giù, lungo le gambe. Si erano rotte le acque, compresi con dolore. -Sto per partorire- mormorai e la mia voce suonò incredula. In effetti mi sembrava impossibile.

-Devi stenderti- gemette Sophie. Percepivo il suo terrore.

Sdraiata nel letto spinsi, inspirai, resistetti al dolore. Vidi una figura muoversi davanti a me. Una donna dai capelli fulvi e l'abito fatto d'acqua. Melusina, compresi. Era venuta in mio aiuto? O dovevo temere il peggio? Era forse venuta a prendermi? No, non avrei lasciato che mio figlio crescesse senza una madre.

-Ti prego, no- ansimai, il sudore che m'imperlava la fronte.

-Che dici?- Sophie mi strinse la mano.

-Non portarmi via-

Melusuna sorrise, fece un cenno con il capo, scomparve. Pochi minuti dopo nacque mio figlio e la tempesta si placò.





Abel venne a trovarmi appena un'ora dopo il parto. Sorrideva.

-Sei incantevole-

-Ma se sono orrenda- biascicai. Ero distrutta, ma felice.

-Lasciai dire a me quanto sei bella- mi baciò la fronte. -Mi hai dato un bellissimo maschietto... ora chiedimi quello che vuoi... un gioiello? Oppure un abito intrecciato di rubini?- mi prese la mano e me la strinse -Qualsiasi cosa-

Lo fissai, pensierosa. Era tenero vederlo così. E c'era una sola cosa che volevo. -Voglio che Koinè se ne vada- lo dissi con calma, ma il mio tono non ammetteva repliche.

Abel parve turbato. Era chiaramente sempre in difetto con la sorella. -Credo che... -

-Me lo hai promesso-

-Rispetterò la promessa- abbassò la testa. -Hai vinto, Alinoir-

-Sbagli, ho perso- non avrei dovuto sposarti.




Koinè fu invitata a partire il giorno seguente. Sentii le sue grida fin dalle mie stanze. Quando la vidi salire in carrozza, da dietro la tenda della mia stanza, ne fui felice.



Il periodo seguente trascorse lieto. Nulla di strano turbò la calma apparente che regnava al castello. Forse avrei davvero potuto essere una buona moglie. Forse. Oppure era solo un'illusione destinata a finire presto. Abel era premuroso. Un buon marito. E io attraverso lui riuscivo a sapere qualcosa riguardo a Wulf. Erano lettere mandate da conoscenti di Abel. Seppi così che stava bene, anche se pareva molto infelice.

-Scrivigli- pregai un giorno mio marito -digli di tornare-

-Non mi ascolterà-

-Non possiamo non fare nulla- tremavo al pensiero.

-Tornerà- mi rassicurava.

Abel sospettò mai qualcosa? Non lo so. Mi piace credere di no, che non capì mai la verità. La nostra tranquillità non durò molto.

Abel partì per la caccia. Era un giorno qualsiasi. Non credevo che sarebbe successo qualcosa. Mi dedicai alla lettura. Era bello potersi finalmente rilassare, non dover pensare a gestire i possedimenti. Fu proprio mentre consultavo un volume nella grande biblioteca che sentii un forte rumore. Mi bloccai, il libro a mezz'aria. La porta si spalancò e uno degli uomini di Abel apparve.

Lo compresi subito, dal suo sguardo. Sentii la realtà sciogliersi intorno a me. Non Abel. Non perché lo amassi o perché non potessi vivere senza di lui. Avevo vissuto prima, sarei vissuta anche dopo. No, la motivazione del mio dolore era molto più sottile. La morte di Abel significava il passaggio a una nuova fase della mia vita. Un passo verso un futuro che non conoscevo e non volevo conoscere.

-Lo hanno colpito con una freccia...vuole vedervi- dichiarò il messaggero.

-Certo, fatemi strada-

Lo seguii attraverso dei corridoi che seppur familiari mi risultavano in quel momento estranei. Traballavo, non ricordavo quasi più come camminare. Alla fine giungemmo in una stanza... e lo vidi subito. Abel era sdraiato su un letto, le mani giunte sul petto, il viso pallido. La benda che gli fasciava il ventre era vermiglia di sangue. Mi bloccai. Non volevo avanzare. Aleggiava nella stanza un odore dolciastro e nauseabondo. L'odore della morte, compresi con angoscia. Abel stava morendo e io non avrei potuto farci nulla. Ero orrendamente impotente.

-Alinoir- la sua voce era debole, ma ancora chiara. Cercò di voltare la testa per guardarmi, ma non ci riuscì.

Mi gettai in avanti, il cuore martellante nel petto. –Abel- gemetti.

-Alinoir, non devi dispiacerti per me... questo era ciò che doveva succedere- aveva gli occhi socchiusi, come se stesse lottando con il sonno.

Gli presi la mano e la strinsi. Sentii le sue dita ruvide e gelide, come se il calore della vita le stesse già abbandonando.

-Sono stato felice con te- mormorò Abel.

-Non parlare al passato- lo pregai in un soffio.

-Ma ormai la mia vita è il passato... sto morendo, non m'illudo di vivere ancora... non sono così sciocco- chiuse gli occhi. -Sono così stanco-

-Abel- lo chiamai. Sospirai di sollievo quando li riaprì. –Ti prego, Abel, non lasciarmi sola-

-L'ho fatto... la decisione l'ho presa da tempo-

M'irrigidii. Le sue parole trasmettevano un altro significato, molto più lugubre. –Lo hai fatto apposta- compresi, l'orrore che mi artigliava lo stomaco.

-Devi essere libera... io non potevo più vivere sapendo di essere l'oggetto della tua infelicità... sono stato crudele, me ne dispiaccio, ma... io non ho mai saputo amare in maniera diversa... mi scuso per il male che ti ho fatto-

-Non mi hai fatto male- mentii. Chi avrebbe avuto il coraggio di dirgli tutto il dolore che mi aveva provocato?

-Sei sempre stata una pessima bugiarda... come per Basilius-

Cosa c'entrava adesso Basilius? Provai angoscia. Non volevo parlare di lui, non in quel momento.

-Vi amate, non capisco come possa non averlo notato... la verità era che non volevo vederlo... ora però ne sono consapevole-

-Ho sposato te- gli ricordai.

-Sì, ma perché ti ho ingannata- tossì e vidi il sangue colorargli le labbra e finirgli sul petto –Basilius non ha mai preferito tua sorella a te... lo abbiamo ingannato, io e lei... oh, ti volevo così tanto, Alinoir, spero che un giorno potrai perdonarmi-

Le parole mi colpirono come uno schiaffo. No, non ci potevo credere. Il mio Basilius. Mi sentivo confusa. Tutto quello che avevo creduto non era dunque vero? E perché Basilius non mi aveva detto la verità? Bugie su bugie avevano costellato la mia vita, creato castelli di carta che mi sarebbero caduti addosso. Chiusi gli occhi e mi abbandonai alle lacrime.

Salvia, rosmarino e incantesimiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora