XVI. L'ordalia

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Lo stomaco mi si contrasse. Mi portai le mani al ventre. Lame invisibili si conficcavano nella carne. Mi piegai in avanti, i conati mi scossero. Basilius non intervenne. Mi guardava come si guarda un'estranea. Mi concentrai sul respiro. Inspirai ed espirai sotto quello sguardo che mordeva. Non so come riuscii a calmarmi.

-Perché?- 

Alzai lo sguardo. -Perché hai accettato?- chiese, vibrante di disperazione. I suoi pugni erano chiusi e potevo vedere i muscoli che si tendevano.

-Per uscire da qua- lo dissi così, semplicemente. Avrei voluto dirgli molte cose. Per esempio che non sapevo nulla di lui. Che in un certo senso avevo accettato quell'orrore per lui, perché una volta libera avrei potuto tornare da lui. Che lo amavo, che quello che sarebbe potuto succedere non avrebbe mai cambiato i miei sentimenti per lui. Che volevo restare viva proprio per questo, perché solo rimanendo viva potevo sperare di stare con lui o perlomeno di vederlo, di viverlo ancora un po'. Sì, ero egoista, ma non potevo proprio morire senza averlo rivisto.

Basilius imprecò a denti stretti. Tremava di rabbia. -Credevi che non stessi facendo nulla per te? Che non cercassi un modo per salvarti?-

Lo fissai confusa. Lui diede un pugno al muro di pietra. Gocce brillanti gli scivolarono lungo le guance. Piangeva? Il pensiero mi turbò come se lo avessi visto lanciarsi dalla finestra. Piangeva davvero per me? Non resistetti più. Mi feci avanti, le mani tese verso di lui. Volevo stringerlo a me, consolarlo, sussurrargli che ero un mostro, che doveva perdonarmi, che non c'era nulla di più importante di lui per me.

Basilius si girò di scatto. Un serpente. Lo fissai confusa, il suo viso che brillava alla luce di un lampo. C'era qualcosa che non avevo mai visto. Indietreggiai, presa alla sprovvista. Quello sguardo... -Non capisci che ti amo?- mi domandò lui. Il tono era basso, dolce, lacrimoso.

-Anch'io ti amo- gemetti.

Basilius non parlò. Mi si lanciò contro. Per un attimo mille immagini si spintonarono nella mia mente. Frammenti strappati al passato, quando noi due giocavamo, principe e principessa, dama e cavaliere. Era un tempo ormai passato, scomparso per sempre, ma sentii che mi scaldava il cuore. Fu solo un istante, poi un tuono fece tremare la stanza. Basilius parve non averlo sentito. Mi afferrò per i polsi. Lanciai un gemito sorpreso. Le sue dita premevano con forza. Con troppa forza.

-Basilius- sussurrai -mi fai male-

Lui non mi ascoltò. Il suo sguardo era vuoto, perso chissà dove. Mi spinse sul letto, dove cademmo, lui su di me, il suo peso che premeva sul mio corpo, trasmettendomi sensazioni opposte. Fuoco e ghiaccio. Percepii il suo respiro affannoso, il battito selvaggio del suo cuore, il suo tremore. Non controbattei. No, mi faceva quasi piacere sentirlo su di me. Le sue labbra affondarono nel mio collo. Lanciai un gemito, sorpresa dal calore che mi procurava. Basilius spostò le mani. Le sue dita si affrettarono ad aprirmi l'abito. Lo lasciai fare, stordita e sorpresa dalle sensazioni che mi trasmetteva. Le sue labbra cercarono il mio seno. Lo sfiorarono, lo strinsero, lo baciarono. Mi agitai sotto di lui, la pelle che diventava sensibile, esplosioni dentro di me. Era come osservare il tramonto in una dolce giornata estiva. Era come immergersi nel laghetto quando il caldo era soffocante. Era come osservare una pioggia di stelle cadente. Sospirai e mi abbandonai a quella sensazione di caldo delirio. Un senso di gelido vuoto mi percorse quando Basilius si tirò indietro. Sollevai le palpebre, confusa. Lui mi fissava, gli occhi lampeggianti. Fui scossa dalla paura. Cosa faceva?

Basilius balzò in piedi all'improvviso. Io restai qualche istante riversa sul letto, confusa, il calore che ancora strisciava sul mio seno come una serpe. Cercai qualcosa da dire, ma non mi venne in mente nulla. Lui continuava a fissarmi, con quel suo sguardo che mi scuoteva, che mi bruciava, che mi feriva. E io, me ne resi conto con violenza, ero quasi nuda di fronte a lui, con il mio seno bianco in mostra e l'abito arrotolato intorno alla vita.

-Non voglio che tu lo sposi- sussurrò infine. Fui certa che si sarebbe voltato e si sarebbe lanciato fuori, nella notte buia e tempestosa, come un principe oscuro. Non lo fece. Si lasciò scivolare stancamente a terra, il corpo scosso da singhiozzi che non voleva lasciar uscire. Lo guardai senza sapere cosa fare. L'indugio durò parecchio. Non volevo muovermi, mi sembrava di essere vittima di un incantesimo. Una paralisi. Poi finalmente riuscii a muovermi. Mi coprii come meglio potei. Basilius non parlò. Io gli andai accanto e lo strinsi forte a me. Cademmo insieme sul pavimento gelido. E restammo così, stretti come se non potessimo fare altro.

L'ordalia si tenne un paio di giorni dopo

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L'ordalia si tenne un paio di giorni dopo. Fu mio padre stesso a venirmi a prendere nella stanza. Mi chiedo tutt'oggi se lui sapesse dell'unguento che von Neuberg mi aveva procurato raccomandandomi di metterlo sui palmi delle mani.

C'era tantissima gente che mi guardava percorrere il viale che mi avrebbe portato sul luogo del martirio, l'aria che mi sferzava il viso, una pioggerellina mi bagnava i capelli. A tutti piace vedere l'umiliazione di un nobile. Yvonne era in prima fila, un sorriso vittorioso sulle labbra. La ignorai. Non potevo fare altro che ignorarla. La mia matrigna era al suo fianco, il volto tondo teso. Cercai mia nonna e la trovai poco lontano. Mi sorrise e io compresi che lei sapeva. Mi chiesi se non c'entrasse con l'unguento.

Non ricordo molto di quei momenti. Il tempo li ha offuscati. So solo che, arrivata sul piccolo palco che era stato allestito per l'occasione, lasciai scivolare lo sguardo sugli spettatori... e lo vidi. Basilius! Era lì, non ci potevo credere! Sentii le gambe traballare. Mi fissava, lo sguardo scuro brillante e determinato, le labbra serrate, il mantello ad avvolgerlo. Mi stava trasmettendo coraggio. Sorrisi. Un sorriso leggero e sobrio.

Mio padre presentò la situazione, poi mi porse una torcia accesa. Inspirai a fondo, ma non indugiai. Infilai la mano tra le fiamme.

-Che Dio mi protegga se dico il vero: io non sono una strega- gemetti.

Il fuoco non mi bruciò. Non mi fece male. Sentii al contrario un senso di freschezza. Un brusio percorse la folla.

-Figlia mia- esclamò mio padre con un ampio sorriso. Bugiardo. Mi abbracciò, mi baciò la fronte, mi riaccolse in casa. Soffocai un conato. Guardai oltre la sua spalla e incontrai lo sguardo deluso di Yvonne. Prometteva guai. Bene, io ero pronta.

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