I giorni seguenti rimasi al fianco di Basilius. Nessuno si capacitava del fatto che stesse migliorando. Lui stesso ne era sorpreso.
-Hai fatto qualcosa, vero?- mi chiese una sera. Era uscito dalla tenda, sebbene fosse ancora traballante. Aveva dichiarato di non poter resistere un attimo di più in mezzo a quei moribondi. Ce ne stavamo così, seduti su una pietra, come da bambini, intenti a guardare quelle stelle così grandi e così indifferenti. Stelle che non ci amavano, che mai avrebbero potuto amare esseri piccoli e insignificanti come noi.
-Cos'avrei fatto?- domandai, fingendomi sorpresa.
-Qualcosa... si tratta della dea Melusina, vero? Le hai chiesto di salvarmi-
Come potevo dirgli che la dea Melusina pensava alle sue figlie, non agli altri, tantomeno a quegli uomini che disprezzava? –Niente dea Melusina- mi limitai a dire. Non gli stavo mentendo.
-Oh... si tratta di Ecate? Una sorta di stregoneria?- ritentò.
-Neppure questo- ed ero nuovamente sincera.
Basilius si fermò, come se volesse riflettere, poi si strinse nelle spalle. –Qualsiasi cosa tu abbia fatto non ti sarò mai abbastanza grato-
No, non avrebbe mai potuto esserlo. Il pensiero mi rattristò e io mi costrinsi a ignorarlo.
-Io ti amo ancora- sussurrò –non potrò mai dimenticarti-
-Oh, non sono facile da dimenticare- lo punzecchiai, il cuore che mi andava a fuoco. La testa mi girava e puntini neri ricoprivano il mio campo visivo. Eppure ero felice in qualche modo. Potevo stare al suo fianco.
-Al... fuggiamo insieme-
Non so cosa m'impedì di piangere. Di abbandonarmi a un dolore enorme e senza nome. Non potevo. -Sono sposata- sussurrai.
-E allora?-
Strinsi le labbra. Il voto. Pesava su di me. Un macigno.
Nei giorni seguenti divenne sempre più difficile tenere a bada Basilius. Era una presenza costante. Mi rincorreva. Mi perseguitava. Mi tentava. Io tremavo. Mi sentivo debole, consapevole che presto avrei ceduto. Una sera successe ciò che temevo.
Passeggiavo con Basilius. Lui ormai si era ripreso. Il suo passo era sicuro, la voce salda, il sorriso abbondante.
-Non posso credere che la mia guarigione sia stata spontanea- commentò.
Io restai in silenzio. Non volevo che capisse.
-Ci sediamo?- chiese lui.
La sua richiesta non mi parve strana. Annuii e ci accomodammo su un tronco caduto. Il dorso della sua mano sfiorò la mia. Mi mossi e il mio respiro frusciò. Sopra di noi la brezza muoveva la chioma degli alberi. Alcune foglie mi caddero addosso. Le spazzai via con un gesto della mano. Le mie dita, bianche e sottili, tremavano.
-È sempre bello stare vicino a te-
Mi voltai, il desiderio di capire cosa stesse pensando. Lui mi sorrise e il mio cuore si scaldò. Era bello vedere il suo sorriso. Era la cosa più bella al mondo. Mi venne in quel momento in mente una poesia di Saffo.
-La cosa più bella al mondo è ciò che si ama- sussurrai, soprappensiero.
Basilius mi fissò con quello sguardo lucente che amavo alla follia. Un brivido caldo mi graffiò il ventre. Cercai di mantenere la calma. Non potevo. Il voto...
Non terminai il pensiero. Le labbra di Basilius furono sulle mie e avevano l'inebriante sapore dell'amore perduto. Ci baciammo, ci divorammo, ci perde molto. Io in lui. Lui in me. Rotolammo nell'erba, nella terra, sui sassi. Non provai dolore. Io lo amavo. L'amore sgorgò come un fiume in piena. Fu quasi doloroso.
Un lampo. Illuminò il cielo con la sua luce accecante e mi ricordò cosa stavo facendo. Quanto fosse sbagliato. Lanciai un grido e allontanai Basilius.
Lui mi fissò, il viso accartocciato dalla sorpresa. Non capiva.
-Non possiamo- sussurrai, alzandomi. Le gambe mi tremavano. Non riuscivo a stare in piedi. Avevo la nausea. Basilius mi chiamava. Io sapevo solo che dovevo fuggire. Dovevo allontanarmi il più possibile da lui, da quella tentazione vivente. Corsi. Non volevo fermarmi. Non mi fidavo di me stessa, stavo per infrangere un voto.
Partii la mattina seguente. Feci in modo di evitare Basilius per tutto il tempo.
Il ritorno a casa fu triste e doloroso. Avevo il cuore che scricchiolava per la sofferenza. Quando arrivai al castello mi chiusi nelle mie camere fingendo un malessere. Mia figlia fu l'unica che feci entrare.
-Madre, perché siete triste?- mi chiese Anne, guardandomi con attenzione.
-Non sono triste- mentii, accarezzandole i capelli.
Mia figlia strizzò gli occhi. Era chiaro che non mi credeva.
-Sono solo stanca- mormorai.
La cattiva sorte non si stancava di abbattersi su di me.
Una mattina Janice entrò nelle mie camere, pallida e con gli occhi arrossati. Lo spettro della tragedia si allungava su di lei.
-Herr Wulf è disperso- gemette.
-Disperso?- domandai. Freddo, sentivo solo un freddo glaciale che m'impediva di respirare. Avevo il ghiaccio nei polmoni. Non il mio Wulf, non lui. Non l'unico che era riuscito a farmi quasi dimenticare Basilius.
-La lettera dice così- singhiozzò Janice, gli occhi arrossati –povero Herr Wulf, un padrone così buono-
-Lui è vivo, tornerà, ne sono certa- non poteva essere sparito per sempre. Non poteva avermi lasciata sola.
Piansi molto. Non potevo neppure concepire che il mio Wulf fosse disperso, forse... no, non potevo pensare che fosse morto. Era qualcosa di semplicemente inconcepibile.
-Tornerà- mi diceva Janice per rassicurarmi.
Non le rispondevo. Avevo la gola secca.
Mi tormentava il pensiero di non aver dato il giusto amore a Wulf, un uomo che lo meritava, che lo aveva sempre meritato, solo perché era già occupato da Basilius. Perché non riuscivo a dimenticarlo? Perché continuava a graffiarmi il cuore? Perché il dolore era così forte?
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Salvia, rosmarino e incantesimi
Fiction Historique(COMPLETA e IN REVISIONE) "Credo che potrei definire la mia vita in base a due persone: Basilius e Yvonne. L'amore immenso per il primo e l'odio viscerale per la seconda. Solo questo. Forse ci definiamo solo in base agli altri. Forse senza gli altri...