XII. Nella notte

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Scivolai lungo il viale alberato. Una coppietta amoreggiava appoggiata contro un tronco, i lunghi capelli di lei che scivolavano sul farsetto di lui. Lo stomaco mi si contrasse. Avrei voluto poter amare così, avrei voluto essere libera.

Un fruscio. C'era qualcosa dietro di me. I muscoli s'irrigidirono. Possibile che Abel fosse stato così audace da seguirmi? Un altro rumore più leggero del primo. Sorrisi. No, non era lui. Quei passi li avrei riconosciuti ovunque. Mi voltai e incontrai lo sguardo serio di Basilius. Il mondo esplose.

-Ti ho vista uscire-

-Ehm sì, avevo bisogno di aria- lanciai uno sguardo intorno.

-Che ne dici di passeggiare?-

-Non saprei cos'altro fare- cominciai a camminare, le ginocchia molli. Avrei voluto appoggiarmi a lui, ma avrei solo peggiorato la situazione. Percepivo come una barriera invisibile.

Ci dirigemmo nel piccolo bosco, quello che mia nonna aveva fatto piantare tempo prima. Gli alberi erano cresciuti in fretta e le loro ombre scivolavano su di noi.

-Sei silenziosa- mi disse Basilius. La strada era buia, illuminata solo dalla delicata luce della luna, che allungava le sue dita sull'erba verde.

Mi resi conto solo in quel momento di non aver detto neppure una parola da quando passeggiavo con Basilius. Ero nervosa. Avrei dovuto dirgli ciò che era successo, ma non ci riuscivo. Come potevo raccontargli del mio colloquio con von Neuberg? Oppure dirgli che l'avrei sposato? Certamente lo avrei sposato, mio padre non avrebbe rinunciato a un'alleanza così solo per me. –Io... sono stanca-

-Strano, non sembri stanca-

-Cosa sembro?- cercai di sembrare spensierata.

-Preoccupata, ecco cosa sembri, sei certa che vada tutto bene?- fece un passo avanti. Il suo respiro mi accarezzò la guancia.

Sentii un brivido lungo la schiena. -Benissimo- mentii agilmente.

Basilius non replicò, ma compresi che lui sapeva che qualcosa che non andava. Lo percepiva esattamente come lo percepivo io. Era una sorta di non detto, un filo che ci collegava fin da bambini. Basilius era un frammento di me. Un pezzo che mi era stato strappato alla nascita. Ogni tanto credevo che non avrei potuto vivere senza averlo al mio fianco, senza vederlo, senza anche solo sentire la sua voce. Naturalmente sbagliavo. In questo folle mondo si può vivere senza nulla. Io all'epoca non lo immaginavo.

-Sono solo preoccupata per la guerra- mormorai. Parte della verità. Una piccola e misera parte, ma pur sempre una parte. Mi passai una mano tra i capelli, nervosamente.

-Beh, non dovresti aver paura- mi rassicurò lui –la guerra è naturale-

Mi fermai, sorpresa da quelle parole. I miei occhi cercarono il suo volto, per comprendere cosa stesse pensando, ma Basilius era immobile, imperturbabile. Una maschera.

-La guerra esiste da sempre- mi spiegò lui, la voce dolce in contrasto con le parole –e sopravviverà a tutto, bisogna semplicemente accettarlo-

Accettarlo, come se fosse semplice. Come accettare il fatto che lui mai avrebbe potuto essere mio. Un cupo lamento squarciò il silenzio della notte. Trasalii, presa di sorpresa.

-Non dirmi che non lo riconosci- mi canzonò Basilius, lo sguardo scintillante di divertimento.

-Il gufo- mormorai.

-Il cupo lamento del gufo- confermò lui, la voce complice, che mi fece credere di essere tornata bambina. Fu un solo istante di spensieratezza però. Subito dopo mi cadde addosso tutta la preoccupazione che provavo per ciò che stava succedendo. E mi tornarono alla mente le parole della mia balia. Il lamento del gufo annunciava sventure. Provai freddo. Un freddo orribile. E un senso di nausea. Mi strinsi le braccia intorno al corpo. Forse dovevamo rientrare. Se ci avessero trovati lì insieme sarebbe stata la fine. Quei pensieri cupi scacciarono tutti gli altri... e sentii qualcosa di caldo posarsi sulle mie spalle. Voltai la testa e vidi il sorriso di Basilius, le sue mani che mi sistemavano la sua cappa sulle spalle. Efficienti e premurose. Il petto mi si scaldò.

Salvia, rosmarino e incantesimiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora