XXXXVIII. Il processo

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I giorni seguenti trascorsero rapidi. Dovevo agire con attenzione, sapevo di stare giocando con il fuoco e che sarei potuta bruciarmi io stessa. Per prima cosa mi finsi malata. Non fu complicato. Mia nonna mi aveva insegnato che alcune erbe inducono i sintomi di malattia. Per il resto mi bastò simulare. Venne il medico, mi visitò, non comprese cos'avessi, mi diede qualcosa da prendere e se ne andò. Io continuai a stare male... e questa volta iniziai a dire di vedere una donna dai capelli biondi che appariva ai piedi del mio letto.

Il vaso di Pandora era aperto. Compresi, con un misto di orrore e di divertimento, che non si poteva più richiudere. Tutti si accusavano a vicenda. Persone venivano trascinate per strada e buttate nelle segrete con l'accusa di stregoneria. Vecchi e atroci ricordi mi facevano tremare. Un tempo ero stata una vittima. Ora ero la carnefice.

L'uomo che avrebbe gestito il processo arrivò in un giorno di pioggia, completamente vestito di nero. Lo avevo conosciuto durante il mio periodo a corte. Faceva parte dell'Inquisizione e aveva girato per l'Europa alla ricerca delle streghe. Quasi non scoppiai a ridere al pensiero che io stessa ero una strega. Lo ricevetti subito, vestita con abiti pesanti e tremante. Volevo fingere di star male.

-Dame Alinoir- esordì l'uomo, facendo un profondo inchino.

-Herr Joland- mormorai, attenta che la mia voce fosse bassa, sofferente. Me ne stavo sprofondata nel divano.

-Sono venuto appena mi hanno avvisato che... ci sono stati dei segni-

Annuii lentamente. –Vi sono grata, mio signore- sussurrai, abbassando umilmente la testa. Sapevo che agli uomini piaceva l'umiltà nella donna.

-Signora- posò le sue mani sulle mie spalle. Un gesto troppo confidenziale. Sentii le sue dita conficcarsi nella mia pelle. Quando alzai lo sguardo incontrai i suoi occhi famelici. Dovetti costringermi a non sorridere. Gli piacevo molto... questo era qualcosa che poteva essere usato a mio vantaggio. Già un tempo l'amore di Abel mi aveva salvata.

-Grazie per essere venuto... io non sapevo proprio cosa fare- singhiozzai e lasciai che le lacrime mi solcassero le guance. Avevo imparato che nessun uomo resiste a una donna in lacrime. Fa scattare qualcosa dentro di loro. Forse sono tutte le storie di cavalieri che salvano la fanciulla in pericolo. Non lo so, ma normalmente funzionava.

-Ditemi tutto, raccontatemi ogni cosa... sarò tutto ciò che è in mio potere per aiutarvi-

Era proprio quello che volevo sentire. Nascosi dietro la mano un sorriso soddisfatto e raccontai tutto... con qualche piccola modifica.

Il processo iniziò qualche giorno dopo. Io non salii mai sulla sedia dei testimoni. Fu Janice a fare gran parte del lavoro. E poi bastò seminare il dubbio. Era sempre stato così. Bastava una parola e tutti iniziavano a dire di essere stati incantati. Io mi limitai ad attendere, nell'ombra. Dovevo avere pazienza, perché bisognava arrivare a una persona, quella che più m'interessava... anzi, a due. Il pensiero di mia figlia di rincorse in quei giorni.

Yvonne fu arrestata di notte. Lo venni a sapere la mattina seguente. Aveva partorito qualche giorno prima.

Basilius invece fu preso mentre tentava la fuga. Janice mi raccontò quello che le aveva detto una guardia. Di come si era battuto valorosamente. Di come avesse reso onore al proprio nome.

-Ha chiesto di voi-

-Di me?- lo stomaco mi si contorse.

-Vuole vedervi-

Scossi la testa. Non volevo vederlo. Non volevo trovarmi di nuovo il suo sguardo addosso.

-Comunque tra un paio di giorni la condanna di Yvonne verrà eseguita-

Ne rimasi sorpresa. -Sul serio?-

-Sì... e vostra cugina Sophie ha mandato una lettera, vuole parlarvi-

-Dille che sto male, che non voglio vedere nessuno-

-Come desiderate-

Era la fine. Finalmente avrei avuto la mia vittoria. Allora perché mi sentivo vuota?

-Avete bisogno di qualcosa?- sussurrò Janice.

-Voglio solo riposare-

Lei annuì.  -Se avete bisogno di qualcosa chiamatemi- e, fatto un profondo inchino, uscì.

Me ne rimasi seduta sul divano, il mento sulle ginocchia, il cuore fatto a pezzi. Non mi restava altro che dolore.

Salvia, rosmarino e incantesimiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora