I ricordi di Miguel

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Dopo aver trascorso quella fantastica serata insieme, Miguel accompagnò Ariel a casa. Visto e considerato che erano le tre di notte, l'uomo si limitò ad accompagnarla fino all'entrata, in modo che la ragazza si sentisse più sicura e protetta da qualsiasi pericolo.

«Mia piccola Ariel, ti passo a prendere alle otto e mezzo. E non avere paura, ci sarò io accanto a te!» Le manifestò con un caloroso abbraccio.

«Grazie, ti amo Papai Miguel» gli percepì Ariel.

«Amore mio, così mi chiamavi quando eri piccola!»

«Sì, ti da fastidio se ti chiamo così?» gli domandò con occhi lucidi.

«No, puoi farlo tesoro mio. Ma ora tra noi due è nata una bellissima storia d'amore, e ti amo più di me stesso!» le diede un bacio sulla bocca e andò via.

Ariel rientrò in casa, entrando in camera sua pensò alla loro storia d'amore, sarebbe durata per sempre?

Quando Miguel rientrò nel suo appartamento, erano le tre e mezza del mattino, si recò immediatamente nella stanza segreta e auguró all'avvocato Sabbá un in bocca al lupo per il processo. Poi andò nel suo studio e si sedette alla scrivania, aprì uno dei cassetti di quest'ultima e prese un'agenda con una copertina di pelle marrone. Fece un respiro profondo, in quella agenda aveva scritto tutti i suoi ricordi, dall'incontro con la signora Santos, fino a quello con la piccola Ariel. Leggendo quelle pagine i suoi occhi azzurri si riempirono di lacrime.

16 ottobre 1978

Ero un giovane giudice di trentacinque anni, in cerca di una sistemazione lavorativa, dopo lunghi anni di università e tirocinio nei vari tribunali, la mia vita cambiò quando ad un convegno di magistratura giudiziaria incontrai una donna di circa quarantacinque anni. Rimasi incantato dalla sua bellezza, era una splendida donna dai capelli rosso corvino con occhi neri come l'ebano, profondi e limpidi, con uno sguardo ammaliante. Le sue labbra erano carnose e sensuali, la sua pelle era bianca come il chiaro di luna e aveva un fisico snello e sinuoso. Si presentò a me, si chiamava Clara, ed era la moglie del giudice Daniel Santos. Avevo già sentito parlare di lui, era un giudice molto noto e famoso.

La signora Santos mi disse che suo marito stava cercando qualcuno che gli facesse da vice giudice, io ero l'uomo adatto alle sue descrizioni. Così mi presentò subito a lui, appena mi vide fu subito contento del mio modo di fare e di parlare, diventammo subito amici. Insieme a lui imparai molte cose, mi sentivo finalmente realizzato del mio lavoro. Daniel e Clara avevano due figli, Gonzalo di otto anni e Brenda di appena sei anni, il maschio aveva i capelli rossi come quelli di sua madre, mentre la femminuccia era castana come suo padre. I due bambini avevano entrambi gli occhi scuri come quelli di Clara, mentre Daniel aveva gli occhi di un blu smeraldo. Gonzalo era un bimbo molto capriccioso, piangeva per ogni cosa e pretendeva tutto. Mentre Brenda era una bimba calma, ed era molto attaccata a sua madre, per loro io non esistevo.

In quel periodo insieme alla mia compagna avevo appena perso mia figlia, era nata con delle complicazioni e così morì dopo tre settimane dal parto. Purtroppo Marisa mi lasciò, per sposarsi con un ricco industriale voluto da suo padre. Siamo stati insieme per sette anni, ma la sua famiglia non approvò mai la nostra relazione. Cercai di andare avanti, occupandomi del mio nuovo lavoro, volevo dare il meglio di me. Il giudice Santos era molto orgoglioso di avermi con lui, insieme eravamo una bella squadra. Visto e considerato che ero il suo vice, quando c'erano le riunioni o congressi di magistratura andavo quasi sempre io al suo posto. Spesso mi accompagnava sua moglie, alcuni congressi serali erano delle vere e proprie feste, accompagnati da musica, cibo e alcool.

La ragazza invisibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora