14 - Vegas

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È passato solamente un giorno da quando Hiroto e Alyssa sono arrivati in Thailandia e già non sopporto più l'uomo seduto di fronte a me. Un tempo lo ritenevo uno dei più spietati e pericolosi capimafia del Tavolo; adesso mi sembra più che altro un impiegato annoiato che cerca di trovare un brivido di adrenalina nella sua piatta vita.

«Perché tra i tanti posti che ti ho elencato, sei seduto sul divano di casa mia?»

Hiroto sorseggia del tè e mi guarda con i suoi sottili occhi a mandorla. «Credevo che questo fosse il posto più sicuro in tutta la città; non è forse così?»

Afferro una tazza dal mobile e mi verso anche io il tè. «Non è che non apprezzi la tua compagnia...»

«Sembrerebbe il contrario.»

«Ti rendi conto che ho rischiato ogni cosa per aiutare te e il tuo "tutto" ad uscire illesi da una pessima situazione?» Mi siedo sul divano accanto a lui.

«Di questo sia io che Alyssa te ne siamo molto grati. Non hai comunque perso tempo a cercare nuovi alleati.»

«Parli come se io avessi una scelta.»

«Possiamo sempre scegliere; il problema è solo capire in quale direzione esse portino. Ti sei mosso in fretta e posso capire le tue motivazioni, ma che mi dici del resto della tua famiglia?»

«Che intendi dire?» Chiedo anche se so già la piega che sta prendendo il discorso.

«Tuo fratello non rimarrà a guardare mentre tu ti prendi i meriti. So bene come funzionano queste cose; le ho vissute attraverso Alyssa e possono finire solo in un modo.»

«Torn è l'erede di mio padre; questo lo so molto bene.»

«Allora perché ti prodighi così tanto? Non ti stenderanno il tappeto rosso...»

«Vivere in famiglie come le nostre significa vivere costantemente con un peso sul cuore. Il nostro modo di intendere la famiglia è diverso da quello delle altre persone, ma non possiamo di certo scegliere dove nascere e soprattutto con chi. Tu hai ingannato tuo padre per far sì che la Yakuza potesse tornare a splendere e ad essere ciò che era una volta. Qual è la differenza se lo faccio io?»

Hiroto poggia sul tavolo la tazza ancora fumante di te nero. «Nessuna. Ma la vera domanda che dovresti farti è un'altra.»

«Non faccio tutto questo per farmi "accettare" da mio padre, se è questo ciò a cui alludi. Voglio solo portare onore e gloria alla mia famiglia.»

«E pensi che li riceverai? Sai... Vivere dall'altra parte ti fa vedere le cose da una prospettiva diversa e adesso mi rendo conto che ero solo uno sciocco a pensare di poter vivere per la Yakuza e basta. Ci sono cose molto più importanti.»

Finisco di bere il liquido color miele tutto d'un fiato, bruciandomi la gola. «Tipo cosa?»

«Penseresti che mi sono rammollito se dicessi: l'amore?»

«Penserei piuttosto che sei impazzito anche se ormai la mia teoria è ben confutata.»

Hiroto si sistema con le gambe sul divano e poi incrocia le braccia dietro la testa, fissando il soffitto grigio chiaro. «Se la pace che provo significa essere "impazzito", allora preferirei tutta la vita rimanere il folle del villaggio.»

«Da quando sei diventato un poeta?»

Hiroto mi guarda di traverso e mi sogghigna. «Un giorno capirai ciò che voglio dire e spero solo che non sarà troppo tardi.»

Vorrei rispondergli, ma veniamo interrotti da Luna e Alyssa che entrano nella stanza. Non fanno nemmeno caso a noi che siamo seduti sul divano; continuano a chiacchierare in italiano e quindi l'unico a non capire nulla in tutta la stanza sono io dal momento che Hiroto lo parla discretamente. Vedere Luna così a suo agio con Alyssa, mi fa venire in mente che in fondo lei qui è sola e non ha nessuno con cui parlare se non me, Black o qualche guardia. Si siedono sul tavolo della cucina e tirano fuori alcuni ingredienti dalle borse e deduco che siano andate a fare spesa insieme.

Fino all'ultimo battitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora