14- gatti nemici

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Dopo la serata, rivedere Samuel sarebbe stato decisamente imbarazzante. Per fortuna, le cose non sono andate come mi aspettavo: quando ci ho parlato, sembrava quasi non ricordarsi che mi aveva chiesto di uscire.
Si sarà fatto qualche canna? Farebbe ridere, se fosse così.

Comunque, dopo essermi messa un grembiule rosso con sopra il nome del locale, ho iniziato a pulire il bancone e i tavoli per accogliere i clienti a inizio giornata.
Verso ora di pranzo i tavolini si occupano velocemente: chi ordina una semplice insalata, chi un pezzo di lasagna, chi un piatto di pasta e così via.

Gli ordini vengono presi con cura, e i piatti vengono portati con rapidità, tanto che alla fine è venuta fame anche a me.

La giornata, tra caffè, cibo e chiacchiere, passa velocemente, finché non arriva l'ora di chiusura.
Mi sento esausta. E pensare che siamo solo a lunedì! Forse ci farò l'abitudine... i piedi mi fanno male, ho i capelli in disordine e probabilmente qualche macchia di sugo addosso, ma sono felice di aver concluso qualcosa oggi.

Ho incontrato una signora sui cinquant'anni, che ci ha messo dieci minuti buoni solo per ordinare una lasagna. Il motivo? Mi voleva parlare delle sue nipoti, e di come andassero bene a scuola.
Inutile dire che sono stata ad ascoltarla annuendo tutto il tempo, tamburellando col piede per la perdita di tempo, allo stesso tempo non capendo un fico secco di ciò che diceva.

Dieci minuti prima di chiudere, mentre con un panno asciugo il bancone, sento la porta principale aprirsi.
- stiamo per chiudere!- mi affretto a dire, senza nemmeno guardare chi fosse.

Ma non leggono gli orari scritti sulla vetrina?

Dei passi decisi sul parquet si avvicinano verso il bancone, finché non avverto una figura davanti a me. Sono costretta ad alzare lo sguardo, e incontro un paio di occhi azzurri come il mare.
Capelli biondi, viso d'angelo... sorprendentemente familiare.

- chiudete tra dieci minuti- mi risponde con tono deciso, scrutandomi senza ritegno.

Ha una maglietta bianca da cui si intravedono i muscoli, e dei pantaloni neri.

- va bene. si... sieda dove vuole- concludo, sbuffando appena si volta.

Mentre sceglie cosa prendere dal fogliettino con le pietanze, io cerco di ricordare dove l'ho già visto.

- sei quella ragazza della stazione- mi parla dal tavolo vicino al bancone.
- ah, ecco dove ti ho visto!- esclamo sorpresa. Come se mi avesse letto nel pensiero...

- quindi lavori qui...
- già- mi fissa, sento continuamente i suoi occhi addosso. Non posso fare altro che avvicinarmi con il taccuino in mano, sperando che si affretti ad ordinare.

- prendo una lasagna, due pizzette, pollo e... polpettone, tre porzioni- alzo le sopracciglia e gli do un'occhiata attraverso il taccuino.
Fa sul serio?

- devi sfamare un esercito?
- un branco, per la precisione- sorride, ma posso giurare che fosse serio. È un sorriso abbastanza inquietante...

- la lasagna è finita...- inizio a tamburellare col piede.
- allora mangerò te al suo posto- mi risponde, prendendo ad accarezzare il labbro inferiore con un dito.
A che gioco sta giocando?
- sono abbastanza indigesta- ribatto nervosa.
- dovrei provare prima di giudicare.

Basta così!

Mi volto sospirando silenziosamente, girando intorno al bancone per prendere i piatti già pronti e scaldarli al microonde.

- come mai sei venuta qui?
- mi piace girare- rispondo vagamente, con una punta di nervosismo. Gli do le spalle, guardando il microonde.
- capito- e poi, rimaniamo in silenzio.

Grazie al cielo.

Forse per curiosità, mi giro di profilo e provo a guardarlo con la coda dell'occhio.
Ha appoggiato il gomito sul tavolo, con uno sguardo inquietante su di me.

Smettila di guardarmi!

D'un tratto, la porta si apre.
Ma che ha la gente oggi? Non sa leggere gli orari?

Ci voltiamo entrambi verso la figura possente, vestita interamente con un completo nero che fa da contrasto con la pelle chiara dell'uomo.
Sento il cuore che inizia a battere più veloce, non appena punta i suoi occhi scuri su di me.
Non ha alcuna espressione sul volto, mentre si avvicina.

Quando vede il biondo seduto al tavolo, si arresta bruscamente serrando la mascella.
Dio, è come se gli stesse lanciando fulmini solo con quello sguardo glaciale... mette i brividi anche a me.
Il biondo, dal canto suo, stringe i pugni sul tavolo, irrigidendosi di colpo.

La tensione tra i due si può toccare con un dito...

- ehm...- cerco di dire qualcosa, saltando con lo sguardo sia lui che il biondo.
- tra poco devo chiudere...- Daniel si volta verso di me, e ho un colpo al cuore per il suo sguardo di ghiaccio.
Sembra non riconoscermi nemmeno.
Sembrano due gatti pronti a sbranarsi in un secondo, al minimo passo falso.

- io rimango qua- tuona il moro.
- anche io- segue il biondo.

E ora?

𝓣𝓾𝓽𝓽𝓸 𝓓𝓲 𝓣𝓮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora