39- non piangere più

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Sono passati due giorni da quella notte orribile.
Da quando Daniel mi ha spezzato il cuore.
Da quando ho scoperto di non essere umana.
Da quando ho constatato di essere attratta da un altro ragazzo.

Non ho lasciato la stanza in questi due giorni: mi sono rifiutata di uscire per conoscere quelli che dovrebbero essere i miei "compagni". Ma soprattutto, mi sono rifiutata di parlare di nuovo con Cristian. Detesto il modo in cui mi guarda, e detesto ancora di più gli effetti che mi fa quando sono gli vicina.

Stesa sul comodo letto a rimurginare sugli ultimi avvenimenti, ho ormai appurato che ogni singolo rumore prodotto in questa casa mi martella le orecchie, come se fosse amplificato al massimo con un megafono dritto nei miei timpani.

Sono costantemente nervosa per questo, anche perché so che ogni passo di Cristian è diretto verso la mia porta... ma puntualmente poi si allontana, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

La notte non riesco a dormire, ma non per gli incubi... sento qualcosa dentro di me che freme dalla voglia di uscire, di conoscere quella gente, di parlare con il biondo. Non so spiegarlo, tutto ciò che so è che vengo tormentata e lo sarò ancora finché non mi deciderò a uscire da questa stanza.

Ma non sono ancora pronta per affrontare tutto questo. Non sono davvero sicura di poter rimanere sana di mente dopo tutto ciò che è successo.
La mia vita è surreale.

Sospirando, decido di alzarmi da questo benedetto letto che ha visto il mio corpo per troppo tempo.
A piedi nudi, mi dirigo verso lo specchio.
La mia immagine è disastrata, segnata dalla stanchezza e da tutti i pensieri confusi che mi assalgono ogni fottuto secondo.

Le occhiaie violacee mi arrivano fino ai piedi, i capelli arruffati contornano il viso pallido e dalle guance scavate. So di essere magra, ma... forse in questi giorni mi sto lasciando troppo andare non mangiando. In effetti, da quella notte non ho toccato cibo, anche perché Cristian non si scomoderebbe mai a portarmelo dato che vuole farmi uscire.

Puntualmente, il mio stomaco brontola.
A pensarci bene, non sento alcun rumore al di fuori della stanza: forse potrei sgattaiolare e portarmi del cibo in stanza, o ingurgitare qualcosa direttamente davanti al frigo.

Sistemandomi l'unica maglia nera che mi copre, enorme e comoda, faccio alcuni passi verso la porta, afferrando la maniglia. Un bel respiro, e in un batter d'occhio mi ritrovo in un lungo corridoio in legno, illuminato da una finestra sul fondo.

Ci sono tre porte sullo stesso lato, oltre alla mia stanza... ma, almeno per ora, non ho intenzione di impicciarmi. Proseguo silenziosamente il corridoio finché una rampa di scale non appare alla mia destra. Scendo i gradini aggrappandomi al corrimano, anch'esso in legno, sperando di non trovare nessuno al piano di sotto.

Mentre scendo, guardo meglio quello che sembra il salone: un ampio open space in stile rustico, con mobili in legno e un divano a sei posti che ha tutta l'aria di essere morbido e confortevole.
Quando i miei piedi toccano il pavimento in legno del salone, mi volto a sinistra: una grande cucina, con un'isola al centro, mi appare davanti in tutto il suo splendore.

Non perdo tempo, avvicinandomi ad un cesto sull'isola pieno di frutta. Prima di prendere una mela, però, decido di vedere cosa c'è in frigo.
Non è casa mia, ma al diavolo le buone maniere.

Apro il prezioso sportello color perla, e mi imbatto in qualcosa mai vista prima: ogni, e dico ogni tipo di cibo mi si presenta davanti agli occhi.
Carne, verdura, latte, formaggio, affettato... ho gli occhi a forma di cuore.

Senza pensarci due volte, afferro una vaschetta di carne cruda di manzo: rompo la pellicola in plastica, prendendo tra le mani un pezzo sottile di fettina.
Quando la odoro, nulla di disgustoso mi arriva alle narici: al contrario, l'invitante odore mi porta ad azzannare e strapparne velocemente un angolo.

𝓣𝓾𝓽𝓽𝓸 𝓓𝓲 𝓣𝓮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora