21- il vampiro è umano

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Elizabeth
È lo sguardo di un predatore pronto a sbranare la sua preda.
E la preda ora sono io.
Sì... forse dovrei arrendermi. Non voglio ritrovarmi in quella orribile situazione, e poi sono viva grazie a lui. Grazie a un vampiro.
Dio, non ci posso ancora credere.

Mi guarda le labbra, passando poi ai miei occhi. Tende una mano nella mia direzione e aspetta che gli dia la mia.
Vedendomi titubante, la ritrae.
- vieni, è ora di pranzo per voi.
- ci hai messo il tuo veleno?
- divertente- ribatte scocciato. Credo che per il tono e l'espressione che ha assunto in questo momento non voglia sentire altre frecciatine alla sua natura.

Alla fine decido di alzarmi, ma la fitta alla parte centrale della schiena si fa risentire. Perdo l'equilibrio, però lui mi prende al volo con le sue braccia a cingermi la vita.
Poso le mani sul suo petto, risalendo poi con lo sguardo.

Ci guardiamo per un tempo indefinito; posso notare le sfumature castane delle sue iridi che si fanno spazio nel nero più totale, e il colore quasi violaceo delle labbra sottili. Il suo respiro mi invade insieme al suo profumo.
L'aspetto di Daniel esprime semplicemente sensualità ed eleganza. Tutti i suoi tratti mi attraggono, dalla voce all'odore... che sia questa la caratteristica principale dei vampiri? Essere perfetti, affascinanti, attraenti? Provocare una serie di brividi lungo il corpo, e far saltare un battito a un povero cuore?

- andiamo- con la mia mano nella sua, si allontana e io posso soltanto avvertire un vuoto nel mio petto che pesa quasi come un macigno.

Cerco di non farci caso, e mi lascio condurre in quella che sembra una cucina.
Dannazione.
Il mal di testa torna... non ho i miei occhiali, e questa è la conseguenza dello sforzare gli occhi.
Non vedo un accidente, diamine!

Senza volerlo, stringo un po' di più la mano fredda di Daniel, che si volta a guardarmi confuso.
Poi non capisco bene cosa fa: il male alla testa mi distrae mentre lui si allontana di poco e ritorna davanti a me.

Posso rimetterlo a fuoco, notando appena un sorrisetto dolce sul volto.
Tra le mani delicate e pallide tiene i miei occhiali.
- li ho trovati... nel bosco- è il minimo che potessi fare, dopo avermi letteralmente scaraventata addosso a un albero.
- grazie- non perdo tempo a indossarli, sfilandoglieli.

Riesco finalmente a mettere a fuoco gli elementi dietro di lui e quelli che ci circondano.
Quella in cui ci troviamo è un'ampia cucina scura. Le pareti sono tendenti al nero, così come la sala da cui siamo venuti. Una finestrella si affaccia su un giardino, decorata con normali tende beige. I raggi solari penetrano all'interno oltrepassando il tessuto, illuminando, seppur di poco, l'arredamento dipinto di nero e il marmo chiaro.
Sull'isola, che si trova al centro, c'è un piatto coperto da un po' di carta.

- credo che a voi umani piacciano queste cose- scopre il piccolo vassoio color argento, rivelando una cotoletta, un po' di insalata e una mela rossa.

Sollevando le sopracciglia dallo stupore, lo guardo e mi rendo conto della sua dolcezza e di come voglia nasconderla, senza però riuscirci.
- grazie...- sono un po' confusa. Un vampiro dovrebbe... che so, dissanguare l'umana, non nutrirla.

Spostando lo sgabello di legno, mi invita a sedermi e così faccio, anche se titubante.
- mangia- mi ordina. Fissando il piatto, il mio stomaco inizia a brontolare e lo sento ridere, seduto di fianco a me.
Sposto lo sguardo su di lui, notando per la prima volta, tra i denti perfettamente bianchi, un paio di canini un po' più lunghi del normale.

Come ho fatto a non vederli prima?

Afferro le posate nonostante il dolore ai palmi delle mani, e inizio finalmente a mangiare sotto i suoi occhi che mi scrutano senza ritegno. A lungo andare, però, il silenzio turba- specialmente se c'è un vampiro a fissarti- perciò decido di avviare una conversazione.

- hai mai mangiato... cose come queste?- gli chiedo mandando giù il boccone.
Mi guarda come se avessi bestemmiato: alquanto indignato, con le sopracciglia aggrottate e un'espressione schifata sul volto.

- no, avrei i conati di vomito all'istante.
- sei... sempre stato così? Cioè... un...
- sì, io sono nato vampiro. La mia famiglia è... era tra le più nobili e antiche, con il nostro tipo di sangue si può procreare- mi fissa con un sorrisetto accennato in risposta alla mia sorpresa - perciò, io non ho mai avuto il piacere di assaggiare il vostro cibo. In realtà, il solo odore mi disgusta... l'unica cosa che posso tollerare è la carne cruda- conclude, e io rimango in silenzio con gli occhi puntati sui suoi.

Ecco perché durante quella cena ha evitato le parti cotte della carne.

- dov'è ora la tua famiglia?- si, so già che i suoi genitori sono morti... ma voglio sapere di più. Nel suo sguardo, per un secondo, passa un velo di malinconia mista alla collera. Si irrigidisce di colpo, su quello sgabello.
- sbranata tempo fa, da quei luridi cani- non reprimo il mio dispiacere, portandomi una mano sul petto.
Abbassa lo sguardo, e io rimango semplicemente in silenzio a guardarlo: non oso proferir parola, né riprendere a mangiare. Aspetto una sua mossa, che poco dopo arriva.

- avevo ventidue anni. Mi sono ritrovato tra le fiamme e le macerie della mia vecchia casa... era più un castello, a dirla tutta. Potevo sentire solo ululati, ringhia, le urla di mia madre e delle mie cugine... e un odore nauseante, vomitevole di carne bruciata e di sangue. Il sangue della mia stessa famiglia- è orribile...
- come ti sei salvato?
- non... non ero in casa... ho scoperto tutto quando sono tornato- punta di nuovo i suoi pozzi neri sui miei occhi, provocandomi un nodo inspiegabile alla gola.

Credo di non essere mai stata brava a consolare le persone.
A scuola mi capitava spesso di veder piangere delle ragazze, le sentivo anche chiuse nei bagni. Avvertivo i loro singhiozzi attraverso le porte, mentre mi lavavo silenziosamente le mani al lavandino.
Fino ad ora, non mi erano mai venute le parole giuste per rassicurare qualcuno su una tragedia, o su una semplice delusione amorosa.
Sapete, quando si vede qualcuno triste o che piange si ha paura di ferire ancora di più, magari usando involontariamente le parole sbagliate; allora si preferisce tacere, assistere in silenzio e andarsene senza dire nulla.
Tutto questo non perché si è incapaci di capire il dolore, ma perché semplicemente nessuno ha fatto la stessa cosa per noi.

Nessuno è venuto a consolarmi, a mettersi nei miei panni, mentre piangevo nascosta sotto le coperte, per non essere vista dal mostro.

Adesso, però, sento che è tutto diverso. Sento che con lui io posso essere diversa.
Davanti a me c'è il dolore in persona, e anche se quest'uomo... questo vampiro sembra forte, in realtà dietro quello sguardo scocciato e altezzoso dimora la sofferenza, l'impotenza, il rancore, l'odio... odio verso quegli animali, ma soprattutto verso sé stesso.
Questo mix di emozioni mi arriva dritto come un pugno in faccia.

Posso rimanere ancora in silenzio, nella fortezza che mi sono creata da sola... o posso oltrepassare i miei limiti e cercare di parlargli. Sì, posso provarci, anche se non so come si faccia.

Allora la mia mano si posa incontrollata sulla sua spalla, e pronuncio poche semplici parole che sembrano risvegliarlo dalla voragine dei suoi ricordi.
- non è stata colpa tua- sgrana gli occhi come se avesse avuto una rivelazione divina, sganciando finalmente il suo strazio dopo anni passati a tenerlo rinchiuso dentro di sé, a rinnegarlo fino alla nausea.

- Io non ho fatto nulla per salvarli...- ora quello sguardo ha assunto una nota così profondamente umana e imperfetta, che mi dimentico di avere un vampiro di fronte a me.

- sono sicura che tu abbia fatto il possibile- mi limito a dire, soppesando mentalmente le parole.

Si, avrei dovuto fare di meglio...

D'un tratto, mi prende dolcemente il viso tra le mani fredde. Fissa i miei occhi per leggermi dentro, per scavare nella mia anima, lo sento nel petto, nel cuore, nel sangue, sento lui ovunque.

- per questo voglio proteggerti... e anche perché ogni volta che ti guardo, El, mi arriva una nuova parte di te che voglio tenere soltanto nelle mie mani. Voglio guardarti tutta, pezzo per pezzo, e sentirti mia... e stavolta ciò che è mio non si sfiorerà nemmeno- conclude con una voce così carica di emozioni, che mi fa esplodere il cuore nel petto.

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