Capitolo cinque

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Capitolo cinque -Di chiarimenti e chiacchiere-

Il suono fastidioso del telefono, sul quale avevano entrambi puntato la sveglia, destò Kieron. Seine pareva essere talmente stanca che nemmeno quel rumore penetrante riuscì a turbarne il sonno. Lui si mosse con lentezza, stranito perché si sentiva bene. Non era stanco, non gli bruciavano gli occhi, non c'era nessun cerchio alla testa, nessun mal di stomaco e aveva passato una notte infuocata con quella bellissima donna che gli giaceva accanto. Si alzò, cercando di non fare baccano, si vestì, raggiunse la cucina e accese la macchina del caffè; poi prese le chiavi della propria auto, indossò la giacca e tornò in camera da letto. Un raggio di sole filtrava attraverso gli oscuranti, baciando i lineamenti distesi e rilassati dell'attrice, della cui visione Kieron stava godendo in un silenzio religioso. Gli dispiaceva doverla destare, ma non poteva andarsene senza assicurarsi che si fosse svegliata. Si accostò al letto, si sedette accanto a lei e le spostò una ciocca di capelli, biondo platino, dal viso. La sua pelle era morbida e profumata, lo sapeva bene. «Seine, è ora di alzarsi.» le disse scuotendola con delicatezza, nella speranza che aprisse gli occhi. Lei mugugnò qualcosa di incomprensibile, fino a che Kieron non si chinò a baciarle la fronte, per salutarla. «Vado a casa a farmi una doccia, ci vediamo sul set. Il caffè dovrebbe essere già pronto.» «Ti adoro» asserì lei con gli occhi ancora parzialmente chiusi dal sonno. «Anche io mi adorerei se fossi in te» rispose lui ridendo di gusto, mentre lei gli tirava dietro un cuscino e accompagnava la sua azione con una smorfia. «Ki, stasera usciamo per cena?» gli domandò, quasi timorosa. Lui le piaceva molto, ma conoscendone la fama voleva chiarire e capire cosa stesse accadendo tra loro. Non sapeva se stessero giocando, se lui cercasse solo del sesso senza alcun impegno -cosa altamente probabile- e, anche se così fosse stato, le sarebbe piaciuto esserne consapevole per regolarsi di conseguenza. La sua cotta per Kieron aveva radici profonde e lei aveva bisogno di scoprire se doveva difendersi e cercare di proteggersi, prendendo comunque quanto da lui offerto. Rischiava infatti, se non avesse prestato attenzione, che quegli occhi verdi si impadronissero del suo cuore per restituirglielo solo una volta andato in frantumi; tutto di Kieron era pericoloso e diventava con estrema facilità assuefacente. «Va bene, ma ora vado. Ci vediamo fra un po', ok? Mi raccomando, alzati e non rimetterti a dormire» le disse lui, lasciando la stanza. Chiuse la porta alle proprie spalle e sorrise. Lui che sorrideva? Che cosa strana. Di solito i suoi sorrisi erano contati, forzati e, soprattutto, pagati. Sì, pagati. In quell'istante si rese conto di quanto poco fosse abituato a sorridere; perché mai poi? Che avesse perso il piacere delle piccole cose? Era stato bello destarsi accanto a Seine senza soffrire dei postumi di una notte brava, piacevole poter apprezzare i raggi del sole del mattino senza dover indossare gli occhiali da sole, per evitare di venire accecato; per tale motivo, per un frangente pensò che forse avrebbe anche potuto smetterla di darsi alla pazza gioia o almeno diminuire la quantità di alcol che assumeva regolarmente. Mentre guidava verso casa, godendosi la brezza mattutina, chiamò Sam per ricordargli che per alcuni giorni non avrebbe potuto recarsi presso l'associazione, cosa di cui l'aveva già avvertito la sera precedente, dopo aver scoperto che avrebbero girato di mattina per un po'. Non aveva avvisato Occhi Blu, ma poco gli interessava, il grande capo sapeva e doveva bastarle. Rinfrescato e ringalluzzito, dopo una sana doccia e dopo aver indossato un completo pulito, Kieron si avviò verso la location dove si sarebbero tenute le riprese. Lungo il tragitto, intravide uno Starbucks e decise di fermarsi. Desiderava un cappuccino di soia, ma non aveva fatto i conti con la

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fila che avrebbe trovato a quell'ora e, soprattutto, con le ragazzine che avrebbe potuto trovare in coda. Entrò nel negozio, con le lenti da sole a coprirgli gli occhi, e attese con pazienza, cercando di non attirare l'attenzione. Certo, un ragazzone come lui, anche solo a causa dell'altezza, di rado passava inosservato, eppure per qualche minuto ebbe la vana speranza di poter comprare un cappuccino come una persona normale. Era ormai al bancone, aveva richiesto la propria bevanda, quando una ragazza sulla ventina lo riconobbe. «Oddio, oddio, oddio, Kieron, Kieron, Kieron! Che fortuna, che fortuna. Potrei fare una foto con lei?» esclamò la ragazza facendosi prendere dall'entusiasmo e con la confusione che riuscì a creare fece girare diverse teste nella sua direzione. Lui, che stava tentando di agire nell'anonimato più completo, si ritrovò a sbuffare. Voleva dirle dove ficcarsi quella foto e che non aveva intenzione di posare insieme a lei, che desiderava solo prendere un cappuccino in tranquillità, invece la pregò di abbassare il tono, fece la foto con lei, le lasciò un autografo, poi prese la sua bevanda e sparì. Saltò in macchina e partì a tutta birra: non sarebbe mai più entrato in un caffè. Non capiva perché non potesse avere una vita normale. Desiderava solo fare le cose che facevano tutti, senza dover finire sulle riviste scandalistiche. Persino un suo raffreddore era di dominio pubblico e quei giornalisti da strapazzo avrebbero creato un caso anche sul numero di volte che si soffiava il naso. La sua vita era uno stress e la gente si chiedeva pure come mai fosse cambiato, perché frequentasse pochissime persone e solo se facenti parti del suo mondo. Era fin troppo complicato farsi comprendere da chi poteva capirlo, figurarsi da persone esterne allo show-biz.

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