Capitolo 46

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Era ormai passata l'ora di pranzo quando Kieron era finalmente atterrato a Honolulu.
Il caldo dell'isola Hawaiana lo investì e il sole cocente lo fece sentire vivo.
Avvertiva un certo languorino ma preferì raggiungere l'hotel prima di rifocillarsi.
Il viaggio verso il resort presso cui aveva affittato una stanza di lusso, di quelle con piscina privata, fu relativamente breve.
Chiese al receptionist di non essere disturbato e col direttore concordò di venire registrato sotto falso nome, in modo che se qualcuno avesse chiesto di lui, nessuno avrebbe saputo rispondere.
«La ringrazio per la discrezione. È uno dei motivi che mi fa tornare sempre presso la vostra struttura» così dicendo Kieron si era lasciato accompagnare in camera, i bagagli portati dal concierge.
Dopo essere uscito dalla doccia indossò un paio di Jeans, una polo e le scarpe da tennis, raggiunse il ristorante dell'hotel, sperando di poter trovare ancora qualcosa da mangiare.
Desinò con calma, dopo aver ordinato dei gamberi alla griglia e un'insalata, mentre si guardava attorno alla ricerca di qualcosa. Fu sollevato di constatare che passava inosservato sebbene un paio di belle donne di cui aveva incrociato lo sguardo non si erano certo risparmiate di sorridergli. Ma lui non era a Honolulu per andare a donne, anzi, era lì proprio per dimenticare una di loro. Sorrise di tale amara consolazione mentre bevava un sorso del suo mojito analcolico. Forse era ridicolo a bere un drink senza alcool ma ormai si era talmente abituato a non berne che gli bastava poco per mandarlo su di giri e non voleva problemi. Quella vacanza sarebbe stata all'insegna del relax e del riposo.
Niente feste, niente eccessi, solo sole, spiaggia e magari avrebbe letto qualche libro.
Si ricordò di accendere il cellulare che portava con sé solo in viaggio, quel numero lo avevano solo sua madre e Sean e si tenne bene alla larga dal web. Ne aveva comprato uno di quelli ormai obsoleti proprio perché non aveva accesso a internet e quindi non poteva nemmeno farsi tentare.
Una volta finito sorseggiare il suo drink, decise di fare una passeggiata, sebbene facesse davvero caldo, ma non aveva voglia di rintanarsi in camera, non mentre il pensiero di Zaffiro gli appesantiva nuovamente il cuore. Non poteva credere che in meno di sei giorni si sarebbe sposata, ma lui doveva farsene una ragione. Aveva due settimane di tempo per capirlo, accettarlo e cercare di andare avanti, un tempo breve e limitato ma era più di quanto si potesse concedere.

Quelle sull'aereo furono le sei ore più lunghe della sua vita. Zaffiro era stanca, con lo stomaco in subbuglio, l'animo in rivolta e il cuore diviso. Non sapeva in quanti pezzi ma si stava frantumando, minuto dopo minuto mentre le immagini di diverse situazioni le scorrevano davanti, quasi fosse un film in bianco e nero.
Annie e Sean si erano addormentati ma lei non aveva nemmeno tentato di chiudere occhio, troppo agitata da quell'intera situazione. Era stata una sconsiderata, quel gesto così avventato e cosa avrebbe detto a Kieron quando se lo fosse trovato davanti? E cosa avrebbe detto a Matt quando fosse rincasata? L'avrebbe perdonata? Avrebbe capito? Perché a quel punto le avrebbe chiesto una spiegazione e lei non si sarebbe potuta tirare indietro. Fu così che trascorse il resto del viaggio alla ricerca di qualcosa di sensato da dire, mentre il suo cuore continuava una corsa che sembrava non volere avere fine. Si sentiva strana, come se non fosse in grado di governare tutte le strane sensazioni che l'avevano assalita la sera prima. Era come se onde di intensità diversa si stessero infrangendo sul suo cuore e nella sua mente, riempiendo il tutto di acqua salata che corrodeva velocemente la sua razionalità e non la faceva respirare. Si sentiva come se stesse annegando e non ci fosse via di uscita.
Kieron rientrò in hotel e invece che tornare in camera preferì fermarsi a prendere un cappuccino al bar. Non se la sentiva di stare solo, avrebbe avuto tutta la notte per rinchiudersi nella propria stanza a lottare con i propri demoni e cercare di mettere ordine in quel caos che gli ottenebrava la ragione.
Ordinò anche una fetta di torta alla frutta, tanto per riprendere qualche caloria, forse avrebbe dovuto approfittare della palestra e fare una corsa invece che ingozzarsi, ma il cibo aveva un bellissimo effetto catartico, come delle coccole. Insomma, era lì per viziarsi e non per massacrarsi, avrebbe pensato alla forma fisica quando rincasato, se fosse stato necessario. Prese il telefono, chiamò casa per sapere come stavano Annie e Sky.
«Tutto bene. Annie è in giardino, Sky dorme» la voce di sua madre gli parve bizzarra ma non indagò oltre.
Addentò un altro pezzo di torta e si perse nella dolcezza della fragola che aveva appena addentato.

Zaffiro fremeva mentre il taxi li portava verso il resort. Né Annie né Sean sembravano volerle rivolgere la parola, come se stessero cercando di rispettare la sua privacy, come se non volessero intromettersi con prepotenza fra i suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni. Era incredibile che due ragazzi così giovani potessero essere così sensibili, generosi e altruisti. Non come quell'egoista che lei aveva inseguito fino a Honolulu. Ancora stentava a crederci.
D'improvviso scoppiò a ridere e i suoi due compagni di viaggio si girarono a guardarla, preoccupati, poi la ignorarono e ripresero a chiacchierare tra loro senza coinvolgerla fino al momento in cui il taxi si arrestò.
«Io e Annie vediamo se c'è una stanza disponibile e poi ci facciamo un giro» Sean si rivolse a lei, facendole capire che se voleva andare a cercare Kieron poteva farlo senza di loro. Infatti al ragazzo non pareva proprio opportuno intromettersi.
«Chiedo in reception» disse seguendolo, poi si accostò al bancone e chiese del Signor Williams, ma il receptionist, dopo aver controllato, le assicurò che non vi era nessun ospite con quel cognome.
«Potrebbe ricontrollare, non è possibile. Sean, sei sicuro che questo sia il resort?» in preda allo sconforto si rivolse all'attore, le lacrime le stavano pungendo gli occhi con una prepotenza irruenta.
«Signorina, è inutile che insista, non c'è nessun Signor Williams» le provò a dire gentilmente il receptionist e Zaffiro si sentì sprofondare. Essere arrivata fino a lì senza poterlo vedere era davvero una beffa da parte del destino. Si sentì mancare, così chiese dove poter trovare il bar, aveva bisogno di un bicchiere di acqua fresca. La calura della giornata e di quel tardo pomeriggio assolato influivano in maniera negativa sulla sua ansia.
«Vado a bere qualcosa, torno fra poco. Vi trovo qui?»domandò a Sean e Annie che si limitarono ad annuire, poi si incamminò verso il bar.
Percorse circa una quindicina di metri, prima di entrare in quella sala elegantemente adibita a zona bar.
Guardò dritto davanti a lei quasi intimorita, nella speranza di passare inosservata.
Ordinò un bicchiere d'acqua gasata, con una fettina di limone e si voltò alla ricerca di un tavolo, nell'attesa che il cameriere le portasse quando richiesto.
Il suo sguardo vagò sulla sala per qualche istante, stava per lasciarsi sopraffare dal senso di sconfitta quando una figura che le dava le spalle la fece sussultare. Gli assomigliava troppo per non essere lui, sebbene non potesse esserne sicura.
Si avvicinò, pronta a fare una brutta figura, certa che quando l'uomo si fosse girato si sarebbe resa conto che non poteva essere lui, il receptionist le aveva detto che non alloggiava lì, eppure il suo cuore che batteva all'impazzata pareva essere di differente avviso.
Kieron era intento a sorseggiare l'ultimo sorso del suo cappuccino, si stava finalmente rilassando, quella fetta di torta gli aveva decisamente risollevato il morale.
«Kieron?» la voce di Zaffiro uscì come in un sussurro, come se avesse timore che una volta visto in volto l'uomo che le sedeva a pochi centimetri di distanza, lo scontro con la dura realtà l'avrebbe avuta vinta.
Kieron si sentì chiamare, pensò a una fan ma quella voce gli suonava troppo famigliare quanto irreale. Eppure il suo cuore aveva perso un battito e aveva atteso qualche istante, convinto di essersi sbaglio, certo che la sua mente stesse giocando con lui, proponendogli delle illusioni solo per torturarlo.
«Kieron?» questa volta non poteva sbagliarsi, lo avevano chiamato.
Zaffiro aveva osato ripetere il suo nome, un'altra volta, mentre attendeva con il cuore in gola.
L'attore si girò lentamente come se temesse di realizzare che era solo una terribile presa in giro della sua mente malata, ma quando si ritrovò a fissare Zaffiro, sbatté le palpebre diverse volte, incredulo.
Zaffiro incontrò le iridi verdi di Kieron e sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Sebbene non sapesse cosa dirgli, era felice di essere lì, felice di essersi imbarcata in quel viaggio della speranza.
«Saf, che ci fai qui?» le parole uscivano da sole, come se un filo invisibile gliele stesse sfilando di bocca. Si alzò e con un solo passo coprì la distanza che li separava. Erano faccia a faccia e lei non sembrava essere in procinto di dire nulla, perché niente di sensato le veniva in mente. Certo, la domanda che lui le aveva posto non la aveva certo aiutata.
In quella sala due cuori battevano a un ritmo frenetico mentre due cammini che avevano viaggiato in maniera parallela per anni, sembrava stessero avvicinandosi irrimediabilmente e così velocemente da costringerli a incrociarsi.
Zaffiro sentiva quegli occhi verdi puntati su di lei, poteva leggere le mille domande che scorrevano celeri negli occhi dell'attore, l'incredulità dipinta sul suo volto e quel mezzo sorriso, come di chi non è completamente convinto, come se dubitasse di ciò che stava vedendo.
«Come stai?» una domanda più stupida non le poteva venire in mente, ma non sapeva davvero da dove cominciare.
«Bene. Esterrefatto, stupito...» Come stava, che domanda? Non poteva certo dirle che il suo cuore si era scatenato in una catena multipla di capriole e che il battito cardiaco era impazzito. Non poteva dirle che tutto intorno gli pareva di vedere centinaia di stelle a rischiarare un cielo buio, le nuvole che avevano spazzato via l'aria di tempesta. E, soprattutto, non voleva illudersi.
«Non è successo qualcosa a Sky o Annie, vero?» d'improvviso l'unico motivo valido perché lei potesse essere lì, gli balenò in testa, preoccupandolo a morte.
«Annie è qui, con Sean, Sky a casa con Camille.» che sciocca, era normale che quello fosse stato il suo pensiero. Sean le aveva detto che gli aveva giurato di non comunicare a nessuno dove si trovasse se non per emergenze.
D'improvviso lo prese per mano, lo trascinò fuori da quella stanza dove tutti li stavano osservando curiosi e si ritrovarono nella hall. Kieron la lasciò fare, senza porre altre domande inutili, aveva compreso che lei non aveva intenzione di rispondere, non ai suoi ritmi, il problema però consisteva nell'impedire al cuore di illudersi, un campione in tali cose.
«Vieni, seguimi» fu Kieron stavolta a parlare e, così dicendo, imboccarono il corridoio che portava alla sua suite e dopo qualche minuto di cammino giunsero davanti alla porta.
«Vuoi entrare?» le domandò aprendo la porta.
Saf si limitò ad annuire, in un completo stato di afasia. Era troppo felice di essere lì, di averlo trovato, finalmente aveva la possibilità di essere onesta con sé stessa e con lui, ma non era facile.
Una volta che entrò in quella stanza non fece nemmeno caso allo sfarzo e al lusso, perché impegnata nella sua personale lotta interiore e lui rimase in silenzio. Le versò un bicchiere di coca cola, glielo porse e ne versò uno anche per sé.
«Sei un dannato egoista!» la rabbia di Zaffiro esplose e Kieron si stupì di venire travolto dalla sua ira. Aveva fatto tutti quei chilometri per insultarlo.
«L'ho sempre sostenuto» le rispose piccato.
«Potevi aspettare altri sei giorni prima di partire. E invece, chi se ne frega del matrimonio di Zaffiro, io parto e lei mi perdonerà per essere mancato. No, non ti perdono. Non ti perdono per essertene andato senza dirmi nulla, non ti perdono perché pensi solo a te stesso!» gli si era avvicinata talmente tanto che la distanza fra loro era minima e se non fosse stata per la differenza di altezza Zaffiro gli avrebbe urlato in faccia.
«Mi spiace non poter essere presente e se vuoi credere che io sia un egoista fa pure» ma le parole di Zaffiro bruciavano come lingue di fuoco, scottanti come le menzogne che stava nascondendo dietro le sue frasi.
«Perché, perché te ne sei andato così?» credeva di essere sull'orlo di una crisi di nervi. Tutto quello che voleva dirgli? Era incatenato da qualche parte nel suo cuore e non riusciva a liberarsi, non riusciva a trovare una via di fuga che non fosse schermata dalla razionalità.
Doveva risponderle? Poteva dirle la verità e cacciarla, sperando che se ne andasse senza porre altre domande, senza che indagasse oltre e lo mettesse in ridicolo?
«Avevo bisogno di respirare, di cambiare aria, di allontanarmi...»
Un pugno di Zaffiro gli atterrò sul petto ma non fu quello a fargli male.
«Di allontanarti da me?» glielo chiese, mandando al diavolo tutte le sue remore. Kieron venne colpito da quel quesito, perché davanti a una domanda diretta, poteva continuare le sue menzogne?
«Che vuoi da me, Saf? Vuoi sentirti dire che scappo da te? Tu perché sei qui?» un turbinio impazzito di domande gli ronzava in mente e si ritrovò a porle, senza filtro, ammettendo in parte anche la verità.
Zaffiro, incalzata da quei quesiti, incapace di dire qualcosa, si limitò ad alzare il viso, per guardarlo negli occhi, lo fissò per un istante che le parve lungo un'eternità, si perse nel verde di quel bellissimo sguardo, si lasciò circondare da esso e quando si rese conto che stava per sprofondare, si alzò sulla punta dei piedi e chiuse gli occhi, in un gesto inequivocabile.
«Vorrei dirtelo, ma non posso» sussurrò con gli occhi stretti, mentre attendeva e lasciava che l'oscurità nascosta dietro le sue palpebre prendesse il sopravvento, mentre tremava spaventata, confusa, perché non si capiva né tanto meno riusciva a comprendere il suo cuore, col timore di venire respinta, di aver frainteso, con la paura di essersi esposta inutilmente e di fare una figura da idiota.
Il cuore batteva talmente forte, ma il profumo di Kieron era così vicino, poteva sentire il calore del suo corpo, aveva le mani adagiate sul petto dell'attore, come nel tentativo di non perdere l'equilibrio e di non farsi fagocitare da quel buio nel quale si stava smarrendo mentre attendeva una risposta, un gesto che tardava ad arrivare.
Kieron rimase intrappolato nella sua battaglia interiore per quelle che sembrarono ore.
Sbalordito, stranito, confuso, emozionato ma triste e felice allo stesso tempo. Lei era lì, lo aveva cercato, aveva ricordato per filo e per segno quella frase che lui aveva detto, quindi aveva capito, l'aveva sentita.... E ora si trovava lì, davanti a lui, completamente alla sua mercè, in balia di ciò che il suo cuore impazzito gli diceva di fare. E il cuore gridava vorrei ma non posso, perché non tradisco un amico. Ma quelle labbra attendevano che lui le sfiorasse, cosa doveva fare?
Aveva paura che quello poteva essere solo un capriccio, timore che Zaffiro volesse solo togliersi in dubbio, perché altrimenti tutto ciò non aveva senso. Immaginava che dopo averla baciata, lei avrebbe trovato la conferma di quanto poco corretto lui fosse e di quella che forse era solo attrazione fisica e che lo avrebbe lasciato come un fesso a leccarsi le ferite.
In quel momento Saf non sembrava essere in sé e anche se era certo che non volesse ferirlo, quella situazione lo stava uccidendo.
Fino a qualche minuto prima si era ritrovato a immaginare il suo sapore, certo che non l'avrebbe mai potuto assaggiare, conoscere e ora che poteva baciarla, era bloccato, si sentiva come una statua di marmo.
Si chinò quel tanto che bastava per appoggiare la propria fronte contro quella di Zaffiro, le labbra della ragazza tremavano impercettibilmente, come le palpebre, la sentì sussultare e per qualche istante si beò del contatto con la pelle di lei, ne inspirò il profumo, lottò contro sé stesso e poi trovò il coraggio.

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