CAPITOLO 2

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M. Richiedei "La Ninna Nanna dei Segreti. Prima parte. La famiglia" 

©GPM Edizioni GPM Edizioni Via Matteotti, 1120061 Grezzago (MI)tel 340 99 39 016 info@gpmedizioni.it Illustrazione in copertina da Pixabay.com Progetto copertina di ©GPM Servizi Editoriali 

TUTTI I DIRITTI RISERVATI. 

Questo libro è opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzione dell'autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale. 


Spalancò gli occhi, puntandoli sul soffitto intonacato di bianco e colpì il materasso con le mani chiuse a pugno. Guardò la sveglia sistemata sul comodino. Le 7:03. Avrebbe potuto dormire ancora ventisette minuti, se solo fosse riuscita ad addormentarsi, ma era da cinque ore che i pensieri che le frullavano in testa non le lasciavano tregua. Si girò su un fianco. Sarebbe stato inutile restare distesa nel letto fino a che non fosse giunta l'ora di alzarsi. Come non era riuscita a chiudere occhio per l'intera notte non ci sarebbe di certo riuscita in quella manciata di tempo a sua disposizione.

Il commissario Camilla Romano si rizzò a sedere.

«Maledizione!» imprecò tornando a colpire il materasso.

Il suo ex marito e sua figlia avevano il potere di innervosirla a tal punto da farle perdere il sonno. Doveva mettere bene in chiaro con quella ragazzina strafottente e arrogante che la sera era vietato qualsiasi discussione, sia che riguardasse l'acquisto di un nuovo paio di jeans a vita bassa, sia che interessasse la possibilità di lasciarla andare a vivere con il padre a Roma. Lei la notte doveva e voleva dormire, era la sua unica prerogativa. Almeno sei ore di sonno per non sentirsi uno straccio da buttare il giorno dopo. In fin dei conti, non chiedeva molto. La sua vita non era mai stata come quella comoda e facoltosa del suo ex marito. La sveglia che suonava alle8:00, colazione al bar con i colleghi e poi entrata clamorosa in banca dove lavorava come direttore, per poi restare comodamente seduto dietro la scrivania per le sei, a volte otto ore successive. Alla sera aperitivo in centro, e poi cena in qualche ristorante. Lei era sempre di corsa. A volte non riusciva neppure a truccarsi e a pettinarsi, dovendo lasciare il bagno libero a sua figlia Jessica che ci impiegava un'ora per decidere cosa indossare, mentre si dondolava davanti allo specchio con la porta rigorosamente chiusa a chiave, come se sua madre non l'avesse vista nuda fin dal suo primo giorno di nascita. Poi fuga sfrenata in macchina per accompagnarla a scuola, neppure fossero inseguite, ulteriore viaggio di ritorno per raggiungere il commissariato, una ciambella che sapeva di plastica arraffata dalla scatola di cartone unta che trovava sul tavolino nel corridoio, e il solito caffè freddo, molto simile a una brodaglia amara per cominciare la giornata. E il suo stipendio a stento arrancava versoi duemila euro, mentre quello del suo ex lo superava di almeno tre volte. Tutto questo lo faceva per sua figlia, e per poter continuare a restare a vivere sotto lo stesso tetto a Firenze, soprattutto ora che aveva ottenuto l'incarico di commissario della polizia, ma per Jessica equivaleva a una tortura materna che non mancava ogni giorno di rinfacciarle.

«Potresti chiedere il trasferimento anche tu come ha fatto papà e decidere di tornare a vivere insieme. La mia professoressa di religione dice che, ogni tanto, fa bene all'anima mettere da parte l'orgoglio e pensare anche agli altri, non solo a sé stessi!» l'aveva ammonita Jessica la sera prima. «L'attico di papà è di duecentocinquanta metri quadrati, non un buco come questa casa con vista sull'Arno e odore di fogna ogni volta che ti affacci sul terrazzo.»

LA NINNA NANNA DEI SEGRETIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora