CAPITOLO 25

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M. Richiedei "La Ninna Nanna dei Segreti. Prima parte. La famiglia"

©GPM Edizioni GPM Edizioni Via Matteotti, 1120061 Grezzago (MI)tel 340 99 39 016 info@gpmedizioni.it Illustrazione in copertina da Pixabay.com Progetto copertina di ©GPM Servizi Editoriali

TUTTI I DIRITTI RISERVATI.

Questo libro è opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzione dell'autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.


«Come sarebbe a dire che c'era la polizia? E perché sei tornato a Villa Santa Maria? Non ti avevo detto di stare lontano da quel convento?» Alfio Masi prese a passeggiare per l'ufficio, stringendo le mani dietro la schiena, incurvando appena le spalle. «Sei un idiota e un incosciente! Avrebbero potuto vederti.»

«Ho fatto attenzione, Alfio. Conosco quel giardino come le mie tasche, non avrebbero mai potuto scorgermi, e tanto meno fermarmi» sussurrò appena padre Gerardo, abbassando gli occhi, ma poi aggiunse: «Avevo bisogno di conferme, di vedere se...»

«Conferme di cosa?» si paralizzò l'avvocato. I suoi occhi neri lo fissarono con fare sprezzante. «Conferme che dovevo affidare quel compito e i soldi di Ida a qualcun altro di più intelligente e che avrebbe potuto sbrigare meglio il lavoro assegnato?» domandò furente. «Per assolvere a un piccolo problema mi affidai a due incompetenti e ancora oggi, dopo trentasei anni, sto pagando per il mio errore.»

Dopo essere sfuggito ai poliziotti, padre Gerardo era andato diretto allo studio dell'avvocato, e prima ancora che lui trovasse il modo di rifiutare quell'incontro era piombato nel suo ufficio trafelato, tremante e con il volto arrossato. Gli aveva sputato in faccia ciò che aveva commesso trentasei anni prima, il suo tradimento, che aveva solo ammazzato Teodora come gli era stato ordinato, ma che non era riuscito a recuperare la bambina e che, quella stessa mattina, aveva scoperto che i resti di quel cadavere non erano più nella fossa. Erano stati trafugati, e in quel punto esatto dove ricordava di averla sepolta c'era solo un mucchio di terra che qualcuno, un mese prima, aveva scavato per riesumare il suo delitto. Non aveva taciuto neppure l'arrivo dei poliziotti e il fatto che anche gli agenti si fossero convinti che lo scheletro trovato nella chiesa di Santa Croce fosse proprio quello che lui aveva sepolto nel vecchio convento. Aveva bisogno del suo aiuto prima che la polizia collegasse la famiglia del cugino alla morte di Teodora. Se avessero scoperto tutto, lui non avrebbe taciuto. Non sarebbe stato il solo a pagare per quell'omicidio.

Era stato in quel preciso momento che Alfio Masi aveva battuto la mano aperta sulla scrivania, costringendolo a sobbalzare, ordinandogli poi di tacere e di lasciarlo riflettere sul da farsi. Il religioso si era allora seduto sulla sedia, sfinito e spaventato, in attesa che l'avvocato inveisse contro di lui, come non aveva tardato a fare.

Fino a prima che la tata potesse tornare a parlare era sempre stato sicuro che nessuno avrebbe mai fatto parola di tutta quella faccenda. Edmondo era morto e Ida era allo scuro del suo piano e dell'imbroglio. Restava solo Diletta, ma lei era pazza. Nessuno le avrebbe mai dato retta e nessuno l'avrebbe mai interrogata. Anche la suora del convento di Santa Marta aveva taciuto ritirando la denuncia di scomparsa della nipote dopo aver guadagnato qualche spicciolo che era scomparso direttamente nella fodera della sua tonaca nera. Tutto sarebbe stato dimenticato se solo quel monaco avesse assolto al suo impegno.

LA NINNA NANNA DEI SEGRETIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora