CAPITOLO 4

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M. Richiedei "La Ninna Nanna dei Segreti. Prima parte. La famiglia"

©GPM Edizioni GPM Edizioni Via Matteotti, 1120061 Grezzago (MI)tel 340 99 39 016 info@gpmedizioni.it Illustrazione in copertina da Pixabay.com Progetto copertina di ©GPM Servizi Editoriali

TUTTI I DIRITTI RISERVATI.

Questo libro è opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzione dell'autrice e hanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.



«Il corso di scrittura che stai seguendo da tre mesi?» domandò Camilla.

«Posso mancare al massimo a due lezioni, e fino a ora sono sempre stata presente» Amelia si strinse nelle spalle. «Appena mi libero da questo incarico recupererò le ore perse e mi metterò alla pari» aggiunse sorseggiando il suo secondo cappuccino senza cacao. «Ho portato con me il mio manoscritto. Potrò lavorarci nel tempo libero.»

«Non potresti seguire le lezioni online?» domandò Camilla sollevando un sopracciglio.

«Nessun collegamento a Internet. Posso utilizzare solo il programma di scrittura. Era precisato anche nella lettera» chiarì Amelia senza tentennamenti.

«Mmm» grugnì Camilla Romano. «Che fine farà la protagonista del tuo romanzo?»

«Per continuare a scrivere non mi serve per forza la connessione. Avrò una biblioteca grande come il mio appartamento. Posso sempre cercare ciò che mi serve fra quei libri, e ti assicuro che Amelia non soffrirà la mia mancanza neppure se dovessi essere costretta ad aspettare a riprendere in mano il mio romanzo. Anzi, in questo modo potrebbero venirmi delle nuove idee.»

«Quali? Niente Internet, niente visite o uscite... Questa faccenda non mi piace molto, te lo dico con tutta sincerità. Almeno puoi usare il telefono?»

«Quello non è vietato dal contratto» chiarì l'amica. Passò le mani fra la nuvola di capelli ramati.

Le miriadi di lentiggini che le punteggiavano il viso, e che in inverno parevano sbiadire, con i primi raggi di sole della primavera erano nuovamente riapparse in tutto il loro splendore.

Camilla era riuscita a lasciare la figlia Jessica davanti al portone della scuola con un ritardo di due minuti. Neppure il tempo di fermare la macchina che lei si era catapultata fuori sbattendo la portiera, senza un bacio o un saluto, infuriata come ogni mattina, ma Camilla c'era abituata. Quella era normale routine. Ogni giorno Jessica era arrabbiata con lei per qualcosa, e tutto era cominciato dal giorno in cui suo padre era uscito dalla loro casa. Imboccando via Edmondo De Amicis, era riuscita a fare una corsa folle fino al commissariato, mentre guidava con il cellulare stretto fra la spalla e l'orecchio, e gli occhi puntati sulla strada. Aveva avvertito Manenti del suo ritardo, ma l'ispettore le aveva assicurato che quella mattina avrebbe potuto cavarsela anche da solo.

Da alcuni giorni stavano tenendo sotto controllo il giro di prostituzione che si era annidato nel centro storico della città, a seguito della morte di una giovane donna trovata strangolata in via delle Oche, vicino alla Cattedrale di Santa Maria del Fiore, ma l'indagine pareva andare a rilento. Fino a quel momento erano solo riusciti a scoprire che la vittima era arrivata da pochi mesi in Italia, grazie all'esigua collaborazione di alcune colleghe di lavoro che lavoravano lungo quella stessa strada. La storia si ripeteva sempre uguale. Ogni mese giungevano nuove ragazze, per lo più con provenienza dall'est, dal Kosovo, che venivano abbindolate a seguire alcuni uomini della dubbia fama, convinte di potersi sposare e di trovare una vita migliore, come quella che veniva mostrata loro in televisione, di vip con belle auto, grandi casi e tanti soldi. Oppure di trovare lavoro onestamente che permettesse loro di mantenersi agiatamente e spedire qualche risparmio a casa per la famiglia che le attendeva. Una volta arrivate a Firenze venivano costrette a vendersi per pochi soldi al ciglio della strada, percosse e trattate come schiave da sudamericani già segnalati alla polizia, ma di cui nessuno aveva ancora dati certi in mano. I documenti delle ragazze sparivano non appena mettevano piede in Italia, e anche la possibilità di liberarsi dei loro protettori e di fare ritorno nella loro terra. Se poi fossero state ammazzate nessuno avrebbe conosciuto neppure il loro vero nome ed erano sotterrate in un cimitero con scritta sulla lapide solo la data di morte, l'unica che si conosceva con certezza. Le altre prostitute erano restie a collaborare con la polizia, avevano troppa paura di fare la stessa fine. Nonostante il pubblico ministero aveva preteso che il caso fosse chiuso prima ancora di aprire un vero fascicolo, Camilla Romano si era dibattuta come una tigre, incurante del fatto che la notizia della morte della ragazza straniera potesse giungere alle orecchie della stampa, arrecando danno anche all'economia della città e al turismo. Voleva cercare a ogni costo chi l'aveva uccisa, scoprire il suo nome, avere la possibilità di comunicare alla sua famiglia che la figlia era stata brutalmente assassinata, come di restituire la sua salma. La Scientifica e il medico legale erano ancora alle prese con il sopraluogo e l'autopsia, come la ricerca di indizi che potesse metterla sulla pista giusta. Il Dna della vittima poteva essere inserito nel database di persone scomparse a livello nazionale con la speranza che la famiglia avesse fatto lo stesso inserendo nel sistema il proprio. I parenti potevano aver tentato di cercarla. Naturalmente tutto questo lavoro sarebbe stato inutile se la famiglia non aveva lasciato traccia di sé, e se non avessero trovato nulla con cui confrontare il Dna ricavato dalla vittima, ma Camilla voleva continuare a cercare. Per il momento era solo il caso della prostituta. Trovare le sue radiografie dentarie o anche il dentista che l'aveva curata per recuperare i dati ante mortem, sempre che ce ne fossero, sarebbe stato qualcosa di impossibile e impensabile. Forse non avrebbero mai scoperto nulla, ma lei non aveva intenzione di arrendersi così facilmente. Certamente quel cadavere che ora giaceva in una cella frigorifera dell'Istituto di medicina legale andava identificato, che si trattasse di una prostituta o di una studentessa. Ognuno aveva il diritto di ottenere giustizia, e anche di ricevere una degna sepoltura. Doveva pur esserci qualcuno disposto a parlare. Chi aveva perso quella donna o anche solo l'aveva incontrata non avrebbe di certo potuto dimenticarla così in fretta. Fra di loro le prostitute erano molto legate, si sostenevano a vicenda e soprattutto si conoscevano tutte. Bastava solo cercare a fondo, scavare nel suo passato e riportare alla luce particolari della sua vita che l'assassino aveva voluto cancellare per sempre.

LA NINNA NANNA DEI SEGRETIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora