18.🌺

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Francoise avrebbe dovuto essere già di ritorno. Sophie camminava avanti e dietro nella modesta camera in cui il padre riposava.


A tratti era cosciente, ma per la maggior parte del giorno veniva indotto al sonno dall'utilizzo dei decotti prescritti dal medico, visto l'aggravarsi della sua situazione con la comparsa della febbre.
Un leggero frusciare indusse Sophie a fermarsi ed avvicinarsi al capezzale. Albert aveva fatto scivolar via il panno umido che aveva poggiato sulla fronte. Sophie andò per rimetterlo a posto, ma con una flebile presa il conte la fermò. «No Sophie, sono stanco, ti prego, basta. Niente più medicine, niente più dottore». «Ma... Padre, il dottore ha detto...», de Brienne sbuffò. La voce era impastata e debole: «Siediti ed ascoltami piccola mia, sento che non c'è molto tempo». Sophie sistemò la sedia vicino al padre e gli prese la mano amorevolmente. Albert seguì quel gesto e le labbra si incurvarono in un sorriso di rammarico.

«Mia cara Sophie, credimi sei la figlia che tutti vorrebbero. Sei come la tua mamma. Avvicinati ti prego».

Sophie si sporse in avanti avvicinando il volto. La mano esile del conte si posò sulla sua guancia. «Ah, delicata come un fiore, in apparenza, ma forte come una leonessa. Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto di come siano andate le cose. Ho sacrificato il mio bene più prezioso, per degli ideali, adesso lo capisco. Potrai mai perdonarmi Sophie?». Lei fece per ribattere ma il padre le posò un dito ossuto sulle labbra. «Ti prego, dimmi di sì...», oramai le parole uscivano dalla bocca di Albert con molta fatica e il respiro era sempre più affannoso. Con gli occhi lucidi, annuì al padre.


Sophie avrebbe voluto chiedergli di cosa esattamente lo stesse perdonando. Albert era sempre stato un padre amorevole e fin da bambina l'aveva viziata, dapprima con giocattoli nuovi e poi, una volta cresciuta, con tutto ciò che una giovane donna potesse desiderare. Pochi padri consentivano libertà alle proprie figlie. Il conte saputo che di nascosto Sophie, appena quindicenne, sgattaiolava via per raggiungere l'istituto per orfani di St. Joseph, non le fu mai d'ostacolo, anzi, l'aveva incoraggiata ad aiutare il prossimo mettendole in mano una manciata di monete in più da lasciare alle suore.

«Sei un padre meraviglioso! Ti voglio bene papà!». Sophie scostò la sedia e con le lacrime agli occhi abbracciò il genitore.

Un eccesso di tosse di Albert interruppe il piacevole momento tra padre e figlia. De Brienne, tra un colpo di tosse e l'altro, sembrava voler immettere nei polmoni più aria possibile. «Ti prego... devi sapere...». Ancora la tosse lo sconquassò: «Devi... sapere... Alain... lui.». E poi accadde. L'attimo più lungo e buio in cui a Sophie si fermò il cuore. Albert, prese un grande respiro, emise un rantolo e ricadde all'indietro sul cuscino.


«Padre! Padre!». Sophie lo abbracciò non riuscendo più a trattenere i singhiozzi. «Ti prego non mi lasciare!». Lo scosse, ma il corpo inerte non reagì. No, non poteva essere morto, non poteva lasciarla sola! Sophie cadde in ginocchio al capezzale del padre riversando calde lacrime di dolore.

Dolore, Rabbia. Incertezza. Paura. L'anima di Sophie era lacerata dagli avvenimenti che si erano susseguiti. Perché Alain non era accorso? Perché sia lui che la Primula l'avevano lasciata sola?

Anne e Pierre entrarono e constatato quanto accaduto abbracciarono Sophie che, in quel momento, sembrava terribilmente fragile ed inconsolabile.

«Anne porta Sophie in cucina e preparale una tisana, io andrò a chiamare Padre Jacque», disse Pierre incoraggiando la moglie a portar via dalla stanza la ragazza. Anne le pose la mano sulla spalla continuando ad abbracciarla per darle conforto. Sophie abbandonandosi contro il sostegno che le veniva offerto si lasciò guidare fino in cucina come se fosse in trance.

La Primula ScarlattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora