8.🌺

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«Vostra Grazia?». Alain aprì un occhio cercando di abituarsi alla luce che filtrava dalla finestra. Sophie, nel sonno, gli si era accoccolata contro. Si puntellò sul gomito per poterla osservare. Oh sì, era davvero bella ed era sua. Sorridente e carico di aspettative le scostò una ciocca di capelli. «Vostra Grazia?». Ah sì, qualcuno era alla porta. Si alzò e infilò la veste da camera. Aprì appena l'uscio mettendo fuori solo la testa. «Jerold! Cosa volete?». Il valletto, imbarazzato, si portò una mano alla nuca. «Un messaggio per voi». Alain prese il biglietto, lo lesse e il suo sguardo si fece cupo. Sentì gli occhi indagatori di Sophie su di sé. Accartocciò il foglietto e lo gettò nel fuoco del camino. «Buon giorno mia signora. Siamo attesi per fare colazione». A Sophie non sfuggì il gesto del marito. Cosa stava architettando? «Vi prego, lasciate che vi aiuti io nel vestirvi. Non vorrei che qualcuno sappia del nostro piccolo accordo riguardo ieri notte» 
Una volta arrivati nella sala trovarono il conte de Brienne con la solita Gazette tra le mani. Avvertita la loro presenza, la lasciò da parte e prese a lucidare il monocolo. «Avete passato una buona notte figlioli?», «Certamente», rispose prontamente Alain spalmando del burro sul pane tostato. Si rivolse alla moglie: «Vero Sophie?». «Uhm», annuì Sophie e per poco il caffe non le andò di traverso. D'un tratto Alain ruppe il silenzio: «Mi dovrò assentare, mi hanno convocato a corte». De Brienne posò la tazza e assentì: «Capisco». «Vorrei che Sophie restasse a casa vostra Albert, non voglio che rimanga tutta sola a Palais Clermont». Alain che si era aspettato di leggere negli occhi della moglie sollievo, ci vide cosa? Dispiacere, preoccupazione? No, non poteva essere. Sicuramente si era sbagliato. Le prese la mano. «Tornerò presto vedrete». «Su bambina non fate quella faccia, capisco vi mancherà, ma tornerà presto!», la rassicurò il padre. «Vi aspetterò» gli disse con un senso crescente d'inquietudine, più dovuto al fatto che avrebbe potuto nuocere alla Primula che altro. Lui si alzò e le posò sulle labbra un casto bacio per poi andarsene. 
«Tutto bene bambina?» il conte aveva posto la sua mano su quella della figlia. «Sì padre», rispose Sophie distogliendo lo sguardo. 
Albert le si fece più vicino. «Ieri notte, insomma, vi ha trattata bene Alain?» 
«Padre!». Le guance di Sophie divennero di brace. «Scusa figliola, volevo solo essere sicuro che, che tu stia bene.» 
La mano di Sophie si posò sopra quella del padre. «Padre, se è questo che vi preme sapere, il duca è molto gentile con me». Lo sguardo del conte si rallegrò. «L'ho sempre saputo, era la cosa più giusta da fare». Le batté due volte sulla mano con la sua e fischiettando se ne andò. 
Sophie uscì di casa per prendere una carrozza a nolo, doveva approfittarne per andare al St. Joseph. 
La carrozza si fermò ancora più distante dalla solita piazza centrale. «Mi dispiace non posso andare oltre, ormai ci sono guerriglie ovunque ed io non voglio correre rischi, ho moglie e figli» le aveva spiegato il cocchiere. Lei gli aveva corrisposto una moneta d'oro poi si avviò per le stradine che l'avrebbero portata a destinazione. 
Con passo veloce si inoltrava per i cunicoli. Bambini vestiti di stracci le si aggrappavano alla gonna, donne in lacrime riverse su corpi esanimi ed ancora bambini piccoli che piangevano disperati. Tutto iniziò a girarle intorno, quando poi, ci fu solo lo scuro. 
«Sophie! Sophie svegliati ti prego!». Una voce di bimba la esortava a tornare. Sbatté le palpebre, poi mise a fuoco il visetto scarno, gli occhi azzurri e i lunghi capelli biondi. «Marie! Marie piccola mia!». Aprì le braccia e la piccola andò a rifugiarvisi. «Ma come sono finita qui? Ero in strada e poi…», «Dovete ringraziare lui!», lo sguardo di Sophie seguì dove il ditino puntava. Un uomo in maschera blu era appoggiato in modo indolente alla parete con le braccia e le gambe incrociate. «Oh!» Sophie si sentì come non avesse nulla addosso. «Voi?», «Sì, proprio io. Sembra, madamigella, che debba costantemente venirvi a salvare» 
Il solito seducente sorriso si dipinse sulla parte scoperta del volto e lei sembrò sciogliersi. «Marie, va da Gaston, adesso io e madamigella Sophie dobbiamo parlare». «La salverete?» Alain ricordò cosa la bimba gli disse tempo addietro. Le sorrise ed annuì, anche lei fece lo stesso e trotterellò via. Alain si avvicinò a Sophie, che ora stava seduta in mezzo al lettino della stanza che la madre badessa gli aveva accordato. Le accarezzò con il pollice la guancia, la guardò negli occhi, poi chinò il capo e le loro labbra si sfiorarono. Sophie lo incoraggiò. Il bacio si fece esigente e lei dovette aggrapparsi alle sue spalle muscolose. Lui la strinse a sé. Oh sì, così era libero di amarla ma non l'avrebbe mai presa con l'inganno. «Sophie, no non dobbiamo, so che hai sposato il duca di Clermont». Lei abbassò lo sguardo vergognandosi di aver sposato il suo nemico. «Cosa c'è piccola? Lui, lui ti ha fatto del male?». Era curioso di conoscere l'opinione che la moglie aveva di lui. Sophie scrollò forte la testa. «No, no signore ma ne farà a voi e di questo me ne dispiaccio. So quanto il duca sia in collera con voi. Ho sperato che quella notte nel giardino del duca foste venuto a prendermi per risparmiarmi il triste destino». Alain incrociò le braccia e fece un profondo respiro cercando ti mantenere a bada le emozioni. «Vostro marito vi ha a cuore, non merita che siate qui. So che si
dispiacerebbe molto se vi accadesse qualcosa». «Ma?!», «No, lasciatemi finire. Vostro marito non prova vero odio nei miei confronti. Non dovrei dirvelo, ma vedete sia io che lui e vostro padre facciamo parte di un gruppo di nobili a cui sta davvero a cuore il futuro della Francia. Ci battiamo affinché l'uguaglianza, la libertà e la fraternità regnino fra gli uomini». Sophie ascoltava stupita più che mai. 
«Ma lui vi vuole morto, l'ho sentito mentre parlava con mio padre!». «Se potessi parlarvi apertamente, vi sembrerebbe tutto più semplice. Ci sono certe cose che non posso dirvi o almeno non spetta a me farlo. Metterei a repentaglio la vita di molte persone». Alain si alzò dal letto e prese a camminare, poi si voltò: «Mi dispiace che stiate soffrendo e che siate confusa. Credetemi avrei voluto che le cose tra di noi fossero andare in modo diverso. Io e voi non abbiamo futuro». «Ma io, io non capisco...». «Sophie, pensi che potrai mai amare tuo marito?». «Non lo so, io lo conosco appena». 
Le lacrime le erano salite agli occhi. Cosa stava succedendo? Alain si incupì, come gli era saltato in mente di porle quella domanda! 
Maledizione! «Vi prometto che presto le cose saranno chiare e tutto sarà più semplice, ma per adesso non una parola di ciò che vi ho detto». Sophie annuì, lui l'abbracciò, le diede un bacio sulla tempia e poi con voce rotta le sussurrò: «Vi prego dimenticatevi di me, io non vi merito. Il fato ci ha giocato un brutto scherzo, ma noi non potremo mai stare insieme. Adesso andate». Lei si voltò e corse via mentre una lacrima le rigava la guancia. 

La Primula ScarlattaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora