Capitolo 17: Federico

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15 novembre 2020
Sto correndo per il campo, ma non sono concentrato sull'allenamento. Continuo a lanciare occhiate furtive in direzione di Anna. Oggi é l'anniversario della morte della madre e della sorella. L'anno scorso é sparita per poi rifugiarsi in camera mia e anche gli anni prima le cose non sono andate molto diversamente. Mi aspetto di vederla crollare da un momento all'altro, mi aspetto che faccia uno dei suoi tiri da matto. Questa volta ho paura però. Qui a Torino ci sono solo io. A Firenze eravamo in tanti a poterla calmare, qui ci sono solo io e non credo di bastare. Io non sono Dusan, non sono Benedetta, non sono Dennis e non sono Paolo. Sono certo che avrebbe bisogno di tutti loro oggi, ma si deve accontentare di me.

"Fede é la terza volta che ti lancio la palla e manchi il passaggio. Si può sapere che cazzo guardi a bordo campo?" mi strilla dietro Bonucci incazzato. Questa proprio non ci voleva. Non credo di stare molto simpatico a Leonardo, anche se mi hanno assicurato che lui fa così con tutti i nuovi arrivati. Fa capire loro chi comanda e se sei fortunato ti mette sotto la sua ala protettrice. Mi sa che se continuo così diventerò il principale bersaglio della sua ira. "Allora mi vuoi rispondere?" mi incalza.

"Scusami Leo é che oggi è una brutta giornata" mormoro scusandomi. Forse dovrei dirgli la verità, magari mi capirebbe.

"Non é che se ti alzi dalla parte sbagliata del letto tutta la squadra ne deve risentire" mi punzecchia.

A quel punto sbotto: "Non mi sono alzato dalla parte sbagliata del letto e nemmeno con la luna storta. Oggi sono cinque anni che la mamma e la sorella gemella di Anna sono morte".

"Anna?" ripete lui con aria interrogativa.

"La stagista...cioè la fisioterapista che é arrivata con me da Firenze. É la mia migliore amica" gli spiego.

Lui annuisce. "Mi dispiace. Scusa se sono stato così duro con te prima".

"Non ti preoccupare" abbozzo un sorriso "Non potevi saperlo".

"Lei come sta?" mi chiede facendo un gesto con il capo in direzione di Anna.

Sospiro. "Non ne ho idea. Di solito ogni anno fa qualcosa da pazzi. L'anno scorso é scomparsa, non rispondeva al cellulare, non aveva detto niente a nessuno. Alla fine l'abbiamo ritrovata nascosta in camera mia. Per lei é difficile, quindi credo che stia uno schifo e sto aspettando che le venga un attacco di panico, ma non sono certo di essere in grado di calmarla da solo...sai a Firenze c'erano le nostre famiglie, ma qui siamo solo io e lei. Non penso di essere all'altezza...di essere in grado di aiutarla...da solo..."

"Oltre al fatto che non sei solo" ribatte il mio compagno di squadra "Qui c'è un team intero che ti darebbe, anzi vi darebbe una mano. E poi se l'anno scorso si é rinchiusa in camera tua significa che tu in qualche modo la fai stare bene".

"Siamo migliori amici da una vita. Non sapremo vivere l'uno senza l'altra" mormoro.

Lui annuisce con la testa e poi mi domanda: "Sei sicuro che siete solamente migliori amici? Sai...non per fare il pettegolo o il ficcanaso, ma io parlo così di mia moglie ed io sono perdutamente innamorato di mia moglie. Anche tu sembri innamorato di Anna".

Sorrido alle sue parole. A Firenze nessuno ci scambiava mai per fidanzati perché sapevano benissimo che siamo come fratelli. Così gli rispondo: "Non sono innamorato di lei. Io la amo come una sorella, anzi lei é mia sorella. Siamo entrambi fidanzati, cioè io sono fidanzato, lei...lei é in una situazione difficile un po' per colpa mia".

"Hai cercato di ammazzare il suo fidanzato perché non era all'altezza?" mi chiede facendo un sorrisetto sornione.

Scoppio a ridere. "Ma no! Il suo fidanzato é un mio ex compagno di squadra, nonché mio amico. Si sono conosciuti grazie a me. Ho incasinato un po' le cose chiedendole di venire con me a Torino e lavorare per la Juve".

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