Il funerale~

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Quella domenica mi lasciò perplessa e pensierosa. Perplessa perchè credevo che a Daniel fosse accaduto qualcosa di brutto vista la velocità con cui mi aveva piantata in asso dopo la telefonata che aveva ricevuto. Pensierosa perchè non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile che avesse fatto la mia descrizione alla cassiera del bar e per quale motivo avesse deciso di offrirmi la colazione. Non mi aveva nemmeno mai vista prima d'allora.
I dubbi continuarono nel pomeriggio, quando decisi di trascorrere un po' di tempo a chiacchierare con Kat via Skype. Era eccitatissima per questa new entry nella mia vita e la cosa non mi piaceva affatto. Quando Kat si metteva una cosa in testa sapeva diventare veramente pesante, se voleva. Io, dal mio canto, non ci vedevo niente di male in quel (non)pranzo che c'era stato tra me e Dan e onestamente non c'avevo dato assolutamente peso, se non fosse stato per il fatto della colazione. Non sto qui a dirvi che Kat già ci stava ricamando su una magnifica storia d'amore tutta rosa e fiori. Lungi da me nel modo più assoluto!

Il giorno seguente ebbi un'impegnatissima giornata lavorativa. L'economia dell'azienda migliorava da quando c'era stata la riunione giovedì e quindi ebbi delle interviste da rilasciare ad alcune delle tv locali. Nulla d'importante, solo roba che mi portò via un casino di tempo. Aumentava anche la mia autostima dal punto di vista professionale, però e, soprattutto, aumentava la mia speranza di avere una proroga del contratto oltre i sei mesi dal mio capo.

Ebbi giusto un'ora di spacco per la pausa pranzo e Tasha, la segretaria, mi portò in un posto non distante dall'ufficio che aveva un'ottima cucina italiana.

Gen, qui fanno degli ottimi gnocchi e anche le tagliatelle sono la specialità della casa.
Il suo sorriso smagliante mi metteva a mio agio, nonostante la conoscessi da poco. Tra noi si stava instaurando un ottimo rapporto, non dico d'amicizia ma comunque non mi dispiaceva passare la pausa insieme a lei e mi pareva che anche lei fosse del mio stesso avviso.
Quando arrivò il cameriere ordinai le tagliatelle, su consiglio di Tasha, e lei di rimando scelse gli gnocchi, perchè così avremmo potuto dividere e assaggiare un po' e un po'.
Probabilmente si accorse del mio silenzio. Ero di poche parole anzi, più che altro, sovrappensiero. Stavo ancora riflettendo su quello che era accaduto da Morimoto domenica a pranzo e sul perchè della colazione. Dopo un po' lei decise di spezzare il silenzio.

Gen sta bene? Mi disse con un'aria quasi rattristata. Forse sperava di chiacchierare un po' durante la pausa, magari per rilassarsi. Anche lei quella mattina, a causa dei giornali e delle interviste aveva lavorato molto per incastrare tutti gli appuntamenti. Dovevo proprio essere stata di pessima compagnia!

C'è qualcosa dell'azienda che la turba? Incalzò ancora. Sembrava davvero che le fosse a cuore il mio stato d'animo. Scelsi che non c'era ancora abbastanza confidenza da poterle raccontare i miei pensieri.

Tasha diamoci il tu. Dissi e accennai un sorriso. Non so quante volte glielo avevo ripetuto in quei giorni. Si, in realtà tutta questa storia delle interviste mi sta iniziando a pesare, mi ruba tempo. Mentii e non credo che lei si accontentò di quella versione. In ogni caso, non continuò oltre e ognuna ritornò al suo piatto di pasta.
Se devo essere onesta mi dispiacque di non esser riuscita ad aprirmi con lei, ma non poteva biasimarmi, ci conoscevamo da meno di una settimana.
Quando tornammo in ufficio, affisso al muro dell'edificio notammo un manifesto funebre che prima non c'era. Leggemmo che si trattava della mamma di Daniel Hopkins e mi venne un nodo alla gola. Avrei dovuto immaginare che fosse scappato per una cosa del genere, e un po' per perdonare me stessa, un po' per essere rispettosa nei confronti di quello che di fatto era un collega, decisi che la mattina successiva sarei andata al funerale.

/Daniel's pov/
La morte di mia madre mi aveva colto completamente di sorpresa. Era una donna ancora giovane, poco oltre la sessantina. Il dolore che aveva provocato era indescrivibile. Mi sono sentito perso, senza più scudi, senza difese. Il vuoto che aveva portato quella perdita non riuscivo a spiegarlo nemmeno a me stesso. Nel giro di 3 anni mi ero ritrovato a dovermi completamente reinventare, ero senza nessuno dei miei genitori. Mio padre era morto per un cancro ai polmoni a cinquant'anni, per questo avevo iniziato ad odiare qualunque persona facesse uso di fumo, dato che lui era un fumatore cronico.
Quando avevo ancora i genitori non mi capitava mai di pensare a quando non li avessi avuti più, per cui molte cose le davo per scontate. Ad esempio, pranzare con la famiglia la domenica mi sembrava uno stupido clichè che non serviva a dimostrare l'affetto che provavo per loro, eppure adesso me ne ritrovavo pentito.
Quella mattina, quel martedì, ci sarebbero stati i funerali. Era un rito che io non sopportavo, lo odiavo con tutto me stesso perchè mi costringeva a mettermi a nudo davanti a persone anche sconosciute perchè si sa, ai funerali si presenta chiunque abbia avuto anche il minimo contatto con il morto.
Non appena arrivai fuori la chiesa, mi accorsi, infatti, che mezzo ufficio era presente e sprofondai nella tristezza. Mia sorella, che stava affianco a me, mi strinse e mi abbracció in silenzio. Ricambiai stringendola più forte che potessi, avevo gli occhi annebbiati dalle lacrime. Eravamo l'uno la forza dell'altra e mi sembrava di rivivere un déjà vu risalente a 3 anni prima, quando morì nostro padre. Mentre ero ancora nella morsa di Emily, mi asciugai gli occhi con le mani e, quando la vista tornó a fuoco, in lontananza, scorsi Gen. Quello che provai fu un istinto di rabbia. I suoi occhi erano puntanti su di me, su quell'abbraccio, e mi sembravano pieni di compassione e pietà. Allontanai mia sorella e mi diressi a passo veloce da quella donna che aveva impegnato i miei pensieri fin troppo nell'ultima settimana. Nemmeno la sua bellezza poteva fermarmi dal fare quella stupida sceneggiata. In quel momento la mente era offuscata, non riuscivo a pensare. Volevo solo che lei sparisse, volevo che non fosse testimone del mio dolore. Potevo sopportare lo sguardo compassionevole di tutti i presenti, dei colleghi, dei parenti, ma non il suo.

/Gen's pov/
Ero incredula. Guardavo Daniel con sguardo attonito avvicinarsi a me. Era pieno di rabbia, sembrava che potesse esplodere da un momento all'altro. Infatti lo fece.

E tu cosa ci fai qui?
Il tono con cui mi rivolse la parola era ostile, freddo, disinteressato. Era arrabbiato con me. Lui? Semmai, se qualcuno si fosse dovuto arrabbiare, quello di certo non era lui.

Sono venuta a farti le mie... condoglianze, pensai, ma non riuscii a finire la frase che lui cominciò a sputarmi il suo veleno addosso. Giuro che non riuscivo a capire che cosa gli fosse preso, era fuori di se.

Gen, cosa crede, che solamente perchè domenica le ho chiesto di unirmi a lei per il pranzo ora siamo amici e può piombare al funerale di mia madre come se niente fosse? Come si permette di intromettersi nella mia famiglia? Chi crede di essere? Non fece nemmeno una pausa, disse tutto di colpo, finchè non rimase senza fiato. Non badò minimamente alle persone che avevano cominciato ad assistere a quello spettacolo. Era come se ci fosse solo lui e la sua rabbia, invece no. C'erano i nostri colleghi che quasi aspettavano il pacchettino di popcorn per godersi al meglio la scena. Non osavo immaginare i pettegolezzi che sarebbero scaturiti da tutta quella situazione.
Mi sentii veramente una stupida. Che diavolo ci facevo li?

Lei sa chi era mia madre? Lo sa? Sa com'è morta? Continuava a inveire contro di me davanti agli occhi di tutti.
Io ero attonita, impietrita, rossa in viso dalla vergogna. Mi aveva ridicolizzata davanti a tutti. Quella scena sarebbe diventata di dominio pubblico, visto che i giornali e le tv avevano cominciato con le interviste.

Mi dis... stavo per dire, era l'unica cosa che mi veniva in mente, ma per fortuna una donna, quella che prima era stretta tra le braccia di Dan, probabilmente la moglie, venne a salvarmi.

Daniel vieni, inizia il funerale... Disse con voce rotta dal pianto. Il suo dolore era tangibile. Lo prese per le spalle e lo portò verso l'entrata della chiesa. Lui mi rivolse un'ultima occhiata carica d'odio e poi si fece trascinare via. La massa di gente che si era riunita intorno si apriva al passaggio di Daniel e la moglie e, in lontananza, sentii lui farfugliare qualcosa come "cos'hanno da guardare?".
Quando tutti i presenti entrarono in chiesa, mi resi conto di essere rimasta solo io, impalata, ancora ferma nello stesso posto in cui ero stata schiaffeggiata, anche se solo con le parole. I miei occhi erano pieni di lacrime che stavano per straripare come un fiume in piena. Feci dietrofront e mi avviai verso lo stazionamento dei taxi, non molto distante da li. Ero io, le mie lacrime, i miei sensi di colpa e la mia vergogna. Avevo la mente in subbuglio, ero terribilmente dispiaciuta per quello che era successo. Decisi che l'unica medicina per calmare il mio umore, in quel momento, poteva essere solo il lavoro, quindi mi diressi in ufficio per mettere a tacere i miei pensieri.

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Per chi non lo sapesse, ho creato un account su instagram in cui pubblicheró citazioni del libro e spoiler, seguitemi se vi fa piacere!! Il nick è lo stesso, @piienneggiu
Estratto dal prossimo capitolo: Mi sta invitando a cena dunque? Ricambiai i suoi sorrisi. Mi sembrava ci fosse un'intesa tra me e lui, la stessa che si crea tra due persone che si conoscono da sempre. Mi metteva terribilmente a mio agio eppure lo conoscevo da quanto, quattro ore?
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Spazio autrice
Spero che questo capitolo vi piaccia ♡ grazie per i commenti e per i voti, continuate a supportarmi :D
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uraganidistrutti_ passate a leggere le sue storie :)

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