Rancore~

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/DAN's POV/
Il conta chilometri segnava i duecento, e più la rabbia cresceva, più la mano forzava sull'acceleratore. Ero di ritorno a casa e mi sentivo furioso. Gen mi aveva concesso un'unica possibilità e io me l'ero bruciata in un istante. L'attimo prima eravamo a baciarci, quello dopo lei era distante come fosse un'estranea. La mia mente stava ripercorrendo la serata, dall'inizio alla fine e la concentrazione sulla strada era sempre minore. Nemmeno Angelo, quel gran bastardo, era riuscito a mandarmi a monte l'appuntamento, invece io lo avevo completamente sfasciato. Sentivo che Gen non me lo avrebbe assolutamente perdonato e dovevo prendermela solamente con me stesso. Addirittura, nel viaggio di ritorno dal ristorante, non ero stato in grado di dire nemmeno una sola parola. La sua domanda mi aveva completamente mandato in tilt, il mio cervello non ne aveva più voluto sapere di collaborare, nel modo più assoluto.
Stavo per perdere il controllo, ero fuori di me. Ero infuriato, amareggiato, mi sembrava di aver investito tanto in quella donna e mi ero ritrovato a mani vuote, perché come al solito non avevo saputo dire la parola giusta al momento giusto. Ormai quell'atteggiamento faceva parte di me, quello era il vero Dan ed era giusto che Genevieve lo conoscesse per come fosse realmente. Eppure, avevo voglia di chiarire ogni cosa, di poterle dire a gran voce che quello che c'era stato in quella serata non lo avevo mai vissuto prima. Ero stato a letto con tante donne, così come ne avevo baciate tante altre, ma non così, non come con lei. Dovetti fermarmi alla prima piazzola di sosta perché non ero più in grado di prestare attenzione alla strada e casa mia era distante ancora una ventina di minuti. Scesi, spensi la moto e mi sedetti sul gradino di un marciapiede, con la testa tra le ginocchia. Con le mani mi grattavo la nuca, come se quel gesto avesse potuto rivelarmi come comportarmi. Dovevo trovare un metodo per rimettere le cose a posto, dovevo assolutamente. Mi resi conto che forse, per la prima volta nella mia vita, ero stato scaricato da una donna, anche se effettivamente tra me e Gen non c'erano ancora vincoli. La situazione era veramente paradossale. Non sapevo dare un nome a quello che provavo per lei, però ero in grado di dire con assoluta certezza che fosse davvero qualcosa di forte. Da quando l'avevo incontrata alla prima riunione, la mia mente non aveva più smesso di pensarla nemmeno per un giorno. Decisi che non ci fosse altro da fare, se non chiarire completamente le cose. Senza pensarci due volte, mi rimisi in moto e tornai indietro. Ero diretto a casa sua. Avevo intenzione di dirle tutto quello che non ero stato in grado di dire quella sera, dovevo rispondere alle sue domande perché di risposte ne avevo già. Le avevo da quando ho incontrato per la prima volta il suo sguardo, da quando i suoi occhi hanno incrociato i miei durante la prima riunione. Non indugiò, passò oltre, quasi come se fossi stato totalmente invisibile. Quella cosa mi urtò così tanto, che per tutta la durata della riunione ero stato a fissarla e, addirittura, alla domanda di un collega, non ero nemmeno stato in grado di rispondere.

Salii nuovamente sulla moto ed imboccai la cinquantaduesima per tornare a casa di Gen. Non badai minimamente all'orario, feci tutto d'istinto e pregai che per una volta avessi scelto di fare la cosa migliore. Non ero un portento a prendere decisioni, quella volta agii d'impulso. Cercai, durante il breve tragitto, di organizzare un discorso di scuse ma in poco più di dieci minuti mi ritrovai nuovamente sotto casa Nicholson. Quando bussai, l'ansia di aver preso la scelta sbagliata si cominciò a far sentire.

Chi è? La voce di Gen fece capolino dal citofono, sembrava priva di ogni temperamento. Solo allora mi resi conto che non ci fossero videocamere e, probabilmente, la cosa giovava a mio favore. Probabilmente se mi avesse visto non mi avrebbe nemmeno risposto.

Sono Dan, il mio tono era affannato. Respiravo a malapena.

Cosa vuoi? Dalla voce, immaginai che fosse addirittura curiosa di sapere cosa ci facessi li. Mi aspettavo di peggio, forse nulla era perso.

Vorrei parlare.. Posso salire? Chiesi, sicuramente più rilassato. Sperai che la risposta fosse positiva, perché non mi andava di doverla pregare.

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