L'interrogatorio

3.8K 198 149
                                    

«Sono felice che tu abbia accettato di venire a cena con me»

«Veramente, non ho avuto altra scelta» risposi schiettamente, guardando Gil dritto negli occhi. Lui fu il primo ad abbassare lo sguardo.

«Volevo solamente passare del tempo insieme, ultimamente sono stato un po' escluso» mi ammonì lui, come se fossimo grandi amici da tempo e tutto ad un tratto mi fossi dimenticata di lui.

«Mi dispiace» abbassai a mia volta lo sguardo verso il piatto, ed ero veramente sincera. Gil mi sembrava un uomo perfetto, era bellissimo oltre che premuroso e gentile, anche testardo visto che continuava a provarci spudoratamente con me, ma quello che stava scegliendo non era il momento migliore per costruire una nuova storia.

«Non pensiamoci più» mi sorrise, anche se quello aveva tutta l'aria di essere un sorriso triste.

«Gil...» Avevo bisogno di dirgli la verità perché l'ultima cosa che volevo era che lui si facesse false speranze su noi due.

«Riguardo alla tua domanda di stamat..»

«Non voglio saperlo, Gen!» mi bloccò prima che potessi finire la frase, ma sentivo di dover andare a fondo, anche se questo gli avesse fatto male come uno schiaffo in pieno viso.

«La risposta è si.» Cercai di rimanere rigida e impassibile, non potevo farmi prendere dai sentimenti che provavo verso un altro uomo davanti a lui. Questo di certo non se lo meritava.

«Si.. cosa?» era frastornato e continuava a fissarmi negli occhi, come se silenziosamente mi stesse implorando di rimangiarmi all'istante tutto quello che gli avevo appena rivelato. Ma come potevo fare? Avevo nascosto ogni emozione, ogni sentimento a me stessa ma a lui questo non potevo farlo. Gli avrei fatto meno male se gli avessi dato un pugno nello stomaco, piuttosto che nascondergli quello che provavo per Dan.

«Si!» Lo fissai a mia volta, sicura che stesse capendo a cosa mi riferissi. Non avevo voglia di dire quelle parole davanti a lui, quindi avrei sperato che mi facilitasse il compito, invece sembrava voler fare l'opposto e stava diventando scorretto.

«Non hai il coraggio di dirlo?» alzò il tono di voce e qualche altro cliente si girò a guardare nella nostra direzione, come se tutto quello non fosse già abbastanza imbarazzante.

«Perché vuoi sentirmelo dire?» abbassai la voce per cercare di tornare a ragionare razionalmente, senza che lui si facesse prendere dalla rabbia.

«E tu perché non lo vuoi dire?» continuò, imperterrito, come un bambino. «Andiamo, dillo! Quando lo avrai detto ad alta voce mi convincerò che non ha più senso continuare ad illudermi di poter uscire con te!» Ci mancava solo il senso di colpa a tormentarmi.

«Sono innamorata di Daniel» scandii lentamente ogni singola parola, spalancando gli occhi e la bocca.

Mi guardava, non faceva altro che squadrarmi, senza dire una parola. Mi stava quasi facendo vergognare di essermi innamorata dell'uomo sbagliato, come se questa cosa non capitasse a tutte le donne leali e corrette. Le stronze, invece, quelle riescono sempre ad accaparrarsi gli uomini migliori, perché loro si che riescono ad avere tutti ai loro piedi.

«Ti prego Gil, dì qualcosa» ero col fiato sospeso, in attesa che il fiume di cose che aveva dentro straripasse un'altra volta. Nessuno meglio di me poteva sapere il modo in cui si sentisse, perché era la stessa sensazione che avevo provato io quando Dan mi aveva ordinato di uscire dalla sua stanza d'ospedale, sbattendomi definitivamente fuori dalla sua vita. E faceva male, sapevo bene quanto scottasse eppure lo avevo sottoposto alla stessa sofferenza.

«Vado un momento alla toilette» scattò all'impiedi e mi voltò le spalle.
Tirai un sospiro e mi rannicchiai nella mia sedia, cercando di diventare più piccola possibile. Scomparire era l'unica cosa che avrei voluto fare in quel momento, visto che sentivo dentro non solo il mio dolore ma anche quello di Gil. Mi ero comportata esattamente come Dan aveva fatto con me. Ero uscita con lui, ci eravamo quasi baciati e poi gli avevo sbattuto in faccia, sottolineando parola per parola, che ero innamorata del suo ex miglior amico, che tra parentesi era un uomo orribile che si prendeva gioco di chiunque incontrasse.
Ancora mi chiedevo quali fossero i pregi che mi avessero portato ad amare un uomo come lui. Era strafottente, menefreghista, egocentrico, egoista, sciupafemmine, insensibile, irrispettoso, bugiardo. Allora perché lo amavo?

Beautiful disasterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora