Gilbert Dubois~

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Il giovedì mattina mi svegliai con le idee chiare su come mi sarei dovuta comportare durante la riunione, quando avrei rivisto Dan per la prima volta dopo l'episodio del funerale.
Ero accecata dalla rabbia, probabilmente ero percorsa dallo stesso moto furioso che si era acceso in lui quel lunedì mattina, quando iniziò ad inveire senza alcun motivo contro di me.
A mente lucida, mi resi conto che non c'era assolutamente alcun motivo per il quale mi sarei dovuta pentire per essermi presentata al funerale. Tutti i nostri colleghi, anche i dipendenti della mia azienda, erano li per esprimere il loro affetto in quel momento così triste per Daniel, perchè io avrei dovuto fare diversamente?
Solo quando la mente fu più rilassata, nei giorni successivi, riuscii a rendermi conto di quanto quella scena fosse stata assurda ed inspiegabile, anche perchè potetti riviverla secondo le descrizioni che lessi sui giornali. Quasi ogni ora Tasha entrava nel mio ufficio con l'articolo di un nuovo giornale in mano e io mi sentivo completamente umiliata. Quell'uomo avrebbe pagato il prezzo che meritava di pagare, senza alcuno sconto.
Quel giovedì era tutto programmato. Avrei aspettato l'orario della riunione, avrei messo i bastoni tra le ruote contraddicendo Daniel in tutto ciò che avesse detto o fatto. Dopo averlo ridicolizzato davanti ai nostri colleghi così come aveva fatto lui qualche giorno prima, al termine della riunione lo avrei trattato con totale indifferenza e avrei abbandonato l'ufficio senza nemmeno dargli spiegazioni. Speravo avesse almeno un briciolo d'intelligenza per arrivarci da solo.
Quando avevo parlato con Kat e le avevo spiegato la vicenda, mi aveva fatto notare che mi ero lasciata troppo prendere da quella situazione.
"Forse sei coinvolta emotivamente, Gen.." mi continuava a ripetere questa frase con tono accusatorio e continuava a dire che stavo dando troppa, tanta importanza ad un uomo che conoscevo da una settimana.
La verità era che Kat non si era guadagnata il suo posto di lavoro come avevo fatto io, visto che lei aveva l'azienda del padre già bella che avviata.
Io avevo fatto la gavetta per quattro lunghi anni. La salita era stata ripida e piena di ostacoli ma la visuale era magnifica e ne era valsa la pena, quindi avrei difeso con le unghie e con i denti il mio posto di lavoro.
La carriera era l'unica cosa per cui mi sentivo soddisfatta nella mia vita, visto che il resto era miseramente andato a rotoli, l'unica a cui potermi aggrappare per sentirmi ancora viva, per sentire di avere ancora uno scopo, un'obbiettivo. Almeno in azienda ero abituata ad avere il controllo su tutto, quindi essermi ritrovata lo zimbello di Daniel sotto tutti quegl'occhi curiosi mi aveva totalmente accecata dalla rabbia. Daniel mi aveva fatto perdere la dignità anche di fronte all'ultima cosa che mi era rimasta, il lavoro, quindi doveva scomparire dalla mia vita e c'era un solo modo per farlo.
Dopo averlo ridicolizzato davanti ai responsabili delle altre aziende alla riunione, sarei andata a parlare con Cooper, il proprietario, nonché nostro capo. Avrei utilizzato tutte, e dico tutte le carte a mia disposizione, anche quella della seduzione, pur di convincerlo ad allontanare Daniel. Non sarebbe dovuto essere troppo difficile.
I giornali non avrebbero più scritto nelle loro testate "Dottoressa Nicholson umiliata davanti ai suoi dipendenti" ma "Attenzione alla dottoressa Nicholson". Sorrisi tra me e me, mi sentivo una wonderwoman. Il giorno del funerale mi ero comportata da agnellino e decisi che non avrei mai più piegato la testa di fronte a nessuno, men che meno un uomo spocchioso, arrogante, presuntuoso e sessista come Dan.

Ero assorta nel lavoro e soprattutto ero immersa tra carte e fascicoli vari nel disordine della mia scrivania, quando sentii bussare alla mia porta. Era Tasha che voleva solo avvisarmi che erano le 5 e mezza e dovevo andare in sala riunioni. Bene, il mio momento di gloria stava per arrivare.

Seduto alla scrivania trovai un uomo che non avevo mai visto prima d'allora. Era alto, abbastanza muscoloso, moro e con degli occhi azzurri profondi, cristallini. D'istinto mi aggiustai il vestito e i capelli prima di entrare. Nonostante la porta fosse già spalancata bussai, ma lui non mi rivolse nemmeno uno sguardo, era immerso in quello che sembrava un fascicolo nero, quindi top secret, relativo all'azienda.

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