La verità viene sempre a galla.

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Quello che i miei occhi videro mi provocò una fitta di dolore. Daniel era disteso sul letto, immobile, con gli occhi puntati nei miei, in attesa della mia reazione. Era assurdo vederlo in quello stato, perché generalmente lui riusciva ad avere il controllo su qualunque cosa, invece in quel momento parve essere sconfitto.

‒ Vi lascio da soli per un po' ‒ Ci avvisò il dottore, spezzando quello straziante silenzio. ‒ Se dovesse aver bisogno, signor Hopkins, le basterà premere il pulsante alla sua destra e un'infermiera sarà immediatamente da lei ‒ Continuò, finalmente mostrandosi gentile. Daniel rispose con un sorriso spento che non avevo mai visto sul suo volto. Poco dopo, il dottore si allontanò dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle e Dan tornò a scrutare i miei occhi. Io rimasi impalata, nello stesso punto in cui ero prima, a leggere dentro ai suoi. Sembrava aspettare di capire con che intenzioni fossi arrivata.
‒ Come stai? ‒ Chiesi preoccupata come poche volte in vita mia. Il cuore mi sarebbe esploso dal petto, se solo avesse potuto.
‒ Adesso va decisamente meglio ‒ rispose, impegnandosi a sfoderare uno dei suoi migliori sorrisi, di quelli che mi facevano addirittura dimenticare di respirare.
‒ Puoi avvicinarti Gen, non mordo! ‒ disse ancora sorridente. Non potevo crederci che risultasse così perfetto anche in quelle condizioni. Sul viso si era procurato diversi graffi ed escoriazioni, anche le braccia non erano messe poi tanto bene. Molti lividi violacei occupavano gran parte della sua pelle eppure, per quanto mi riguardasse, risultava perfetto come sempre. Forse i miei occhi avevano posto un filtro tra me e la realtà, ed ogni volta che lo guardavo, qualunque cosa guardassi di lui e in qualunque stato lui fosse, continuava a mandarmi il cuore in fibrillazione. Feci qualche passo per avvicinarmi, fino a prendere posto sulla sedia accanto al letto. Cercò di sistemarsi meglio per poter tornare a scrutare ai miei occhi, finchè non fummo faccia a faccia.

‒ Ho bisogno di parlarti. ‒ mi sussurrò, questa volta serio, con un filo di voce.
‒ Daniel, devi pensare solamente a riprenderti. ‒ gli dissi, facendo un cenno con la mano che stava ad indicare che non volevo sentire ragioni. Non era né quello il luogo, né quello il momento adatto per parlare di ció che stava succedendo tra noi due.
‒ Se non mi lasci parlare non posso riprendermi.. ‒ mi rispose, implorante. Bastò veramente poco per farmi cedere e lui se ne dovette accorgere dalla mia espressione, perché prese la parola.

‒ Gen, io non sono l'uomo per te. ‒ Cominciò così il suo discorso, e io iniziai a sentirmi male. Non saprei dire per quale preciso motivo, ma mi sembrò di ricevere uno schiaffo che non avrei mai immaginato potesse essere tanto doloroso.
‒ Lasciami arrivare al dunque, non trarre subito conclusioni affrettate ‒ provò a tranquillizzarmi, ma sortì scarsi risultati. La tachicardia non ne voleva sapere di abbandonarmi e il mio respiro affannato ne era la prova. Estrasse una mano da sotto le coperte e cercò la mia. La strinse forte, puntando gli occhi sulla nostra unione e poi dritti nei miei. Cominciò ad accarezzarla con delicatezza. Mi sembrava di esser salita su un'altalena di emozioni e, nuovamente, non avevo più il controllo su nessuna delle cose che mi stesse circondando, men che meno Dan. Lui aveva esattamente quell'effetto su di me, bastavano poche parole o pochi gesti ad annientare completamente qualunque ragione mi spingesse ad evitarlo e far prevalere il cuore che, invece, lo desiderava a tutti i costi.

‒ Ascolta bene quello che sto per dirti. ‒ Riprese a parlare con la stessa serietà di qualche attimo prima, con la differenza che adesso le nostre mani si sfioravano e io non ero in grado di mettere a fuoco più nessuna delle parole che avrebbe detto, ma ci avrei provato.
‒ Gen io non so come prenderti, mi era sembrato di aver fatto tanto per te e, invece, a quanto pare non te ne sei accorta, quindi non sarà stato abbastanza. Non sono perfetto, anzi incarno l'imperfezione in pieno. ‒ Già cominciavo a perdermi, perché non ero per nulla d'accordo con quello che stava affermando. Lui era a modo suo la perfezione, solo che non ero certa che andasse bene per me. ‒ Non ho mai avuto storie, quindi non so quali siano le cose giuste da dire né quelle da fare ma ho intenzione di impegnarmi per te, a patto che tu provi ad aiutarmi. ‒Bloccò così il suo discorso e anche i disegni che con la sua mano stava minuziosamente facendo sulla mia. Era in attesa di una mia risposta, quindi cercai di raccogliere i miei pensieri e formularne una quanto meno sensata.

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