Capitolo 20

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Aleksander avanzò verso il gruppo che aveva davanti. Malyen rimase a guardare per capire come muoversi.

«Inginocchiatevi a me, e potrei non uccidervi.» disse.

«Non puoi-» disse il re.

Dell’ombra si condensò davanti ad Aleksander. Prese una forma sempre più netta, simile alla lama di una falce. Molti iniziarono ad allontanarsi.

La lanciò, e decapitò una guardia delle retrovie. Ci furono una serie di urli sconvolti, e persino Malyen dovette tapparsi la bocca per non urlare a sua volta.

«Prego, dì ancora qualcosa.» disse con un tono divertito Aleksander.

Malyen vide le guardie inchinarsi una dopo l’altra. Non solo loro, anche Vasily e il resto del gruppo. Avevano tutti paura di lui.

Alina non si inchinò, né lo fece il re.

«Meglio se vi inchinate anche voi due.» osservò Aleksander.

«Non lo faremo mai, tu non sei il nostro re!» esclamò Alina.

«Bene, non lo chiederò più.»

E mentre vedeva l’oscurità addensarsi un’altra volta, Malyen scattò verso il trono.

Non fosse che Aleksander si girò verso di lui e scagliò la lama oscura contro di lui. Malyen si buttò a terra verso il trono, tirando anche una bella testata. Sentì uno scoppio alle sue spalle, poi la parte superiore del trono gli cadde addosso, tranciata di netto.

Se la levò di dosso, poi abbassò lo sguardo. Del buio stava salendo dal pavimento come fosse fumo, avvolgendolo come una coperta dai piedi fino alla testa. Tentò di dimenarsi, ma fu inutile. Calò il buio, e per un momento non sentì altro.

Poi si ritrovò in ginocchio ai piedi del trono, totalmente libero, e vide altra oscurità iniziare a risalire lungo il suo corpo. Tentò di nuovo di divincolarsi, ma non riusciva a mettersi in piedi, come se una forza lo stesse costringendo in ginocchio. L'oscurità poté quindi risalire lungo il suo corpo e stringersi attorno a lui finché non fu totalmente immobile, alla mercé dello stregone che aveva accanto.

«Ed eccoci con il nostro principe Alì.» declamò Aleksander avvicinandosi a lui. Ad ogni passo sentì i peli sul suo corpo drizzarsi: quell’uomo traboccava di magia.

Lo sentì abbassare lo sguardo su di lui e aggiungere: «O forse dovrei dire Malyen. Nientemeno che un poveraccio di città che si è spacciato per principe grazie a una lampada che non gli apparteneva.»

Malyen lanciò un'occhiata alla principessa Alina e al re, la prima in piedi, il secondo a quattro zampe per terra, anche se non l’aveva visto cadere. Non aveva nemmeno visto la stanza svuotarsi, in realtà, visto che ora c’erano lì solo loro, e si chiese dove fossero finiti tutti.

Lo sguardo del re era su Aleksander, quello della principessa era su di lui.

«Mi dispiace. Volevo dirtelo, ma non sapevo come.» disse Malyen guardando la donna e agitandosi nei suoi legacci oscuri.

«Ex-re. Principessa Alina. Malyen. Vorrei uccidervi tutti e tre e non dover mai più vedere le vostre facce, ma mi darebbe davvero poca soddisfazione. Se dovete morire, lo dovrete fare soffrendo.»

Malyen sentì freddo.

«A voi, sire, credo riserverò la serata. Mi avete fatto innervosire così tanto che non vedo l’ora di potermi sfogare. Voi, principessa, diverrete mia sposa.»

«Non accetterò mai!» urlò Alina mentre sia il re che Malyen urlavano: «No!»

Un legaccio di buio coprì la bocca di Malyen, soffocando ulteriori parole. Aleksander guardò la principessa e sorrise. «Non hai potere decisionale, principessa. Tu diventerai mia regina. Se non lo fai, torturerò tuo padre davanti ai tuoi occhi e lo ucciderò davanti ai tuoi occhi.»

«Perché fai questo?! Noi non ti abbiamo mai fatto nulla di male! Non ti abbiamo mai trattato ingiustamente!» urlò Alina.

«Il potere va dato a chi è in grado di usarlo, e al contrario di voi, io ho questa competenza. Sotto il vostro dominio, i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri rubano per vivere, rischiando di perdere le mani o la vita nel farlo. Per non parlare del freddo.»

Si girò verso Malyen. «Il nostro principe Alì ne sa qualcosa, non è vero?»

Il bavaglio svanì. Aleksander si accovacciò davanti a lui e lo strinse alla base del collo, facendogli vedere le stelle.

«Dì al re come hai vissuto finora, Malyen. Digli le condizioni di vita di un povero.» disse al suo orecchio, ma a voce abbastanza alta da farlo sentire anche a loro.

«No...» mormorò Malyen.

«Digli del freddo. Dei tuoi amici uccisi dalle guardie. Dei soldi.»

«No! E non mettermi in bocca parole non mie!» urlò Malyen.

«Non sono tue, dici? Lo vedremo.»

Si ritrovò la testa di serpente davanti agli occhi, i rubini che brillavano, ipnotici. Da quando poi aveva di nuovo quel maledetto bastone?

«Digli la verità, Malyen. Illustragli com'è vivere da poveri.» sibilò una voce al suo orecchio.

La verità. Le parole che voleva dire forse da una vita premevano per uscire, agevolati da quegli occhi di rubino. Alla fine, non riuscì a trattenerle.

«Non ho una casa da quando sono bambino. Mi svegliavo con il gelo nelle ossa ogni giorno. Non mangiavo più di una volta al giorno, spesso non abbastanza per fuggire dalle guardie. Ho visto amici di una vita morire massacrate dalle guardie o di stenti. Ho aiutato a rubare sapendo che non sarebbe mai stato abbastanza, perché qualcuno sarebbe morto comunque. Ho odiato vivere così. Odio vivere così. E odio voi perché lo avete permesso.»

I due rubini sparirono dal campo visivo e Malyen si sentì come se un peso grosso come una montagna si fosse appena tolto dal suo petto. Non era sicuro se fosse per ciò che aveva finalmente detto o per via dell’incantesimo.

«Disinteressandovi al regno, avete rovinato la vita a lui come a molti altri. Credevate davvero di avere diritto a restare su quel trono?»

Fissò il re con rabbia. «Ho perso i miei genitori per colpa vostra. I miei zii. La mia famiglia intera.»

Si girò di nuovo verso Malyen. «Mi è rimasto solo un cugino, apparentemente. Un vero peccato che non abbia ricollegato subito il tuo nome, forse non saremmo arrivati a questo punto.»

Malyen lo fissò, non credendo a quel che diceva. Non era possibile. Imparentati? Non aveva nemmeno idea di chi lui fosse fino a due giorni prima. No, era impossibile.

Aleksander gli andò davanti, torreggiando su di lui, e parlò: «"Ciao Baghra. Mi dispiace dovertelo dire io, ma tua sorella non è sopravvissuta al parto. Mia moglie non ce l'ha fatta. Ma suo figlio, nostro figlio, è vivo. È un bel ragazzetto. Spero tu e il tuo Aleksander possiate conoscerlo un giorno. Lo abbiamo chiamato Malyen." Ho ricevuto io stesso la lettera, visto che mia madre è morta poco prima del suo arrivo. Assurdo come queste cose succedano, vero? E questo è l'unico motivo per cui io non ti ucciderò. Resterai nelle segrete, Malyen, e questo finché non deciderò che farne di te.»

Il buio lo avvolse come un mantello e vide solo nero.

Malyen e la Lampada Magica || Shadow and BoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora