Parte 29 - L'amore senza regole

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«Andiamo fuori, mi piace di più», disse Giacinto, quando anche quella sera Leto li lasciò da soli.

Apollo lo accontentò, perché sembrava essere nato per fare questo. Sedettero tra la radura. Non ricordava più la vita prima di quel giovane che adesso gli si accoccolava tra le gambe, con la schiena contro il suo petto, che seguiva il movimento delle sue dita per imparare a suonare.

La musica vibrò incerta, poi una stonatura.

A Giacinto scappò una risata. «Che disastro che sono».

«Stai migliorando. Tu sei un atleta». Apollo posò la lira sulla sabbia. «Devi pensare ad allenarti. Tra due anni ai Giochi olimpici ricoprirai tuo padre di gloria. Non potrà lamentarsi di te né rimpiangere che tu non faccia parte della guardia reale».

Giacinto intrecciò le loro dita, lontano si udiva lo sciabordio del mare. «Mi ha permesso di allenarmi solo perché sei stato tu a chiederglielo. Se fosse stato per lui, avrebbe continuato a trattarmi come un irresponsabile. I Giochi vanno bene, ma nessuno dei suoi figli ha mai pensato di poterli sostituire all'attività militare».

«Perché nessuno dei suoi figli è come te, talmente bello e onesto. Loro si scannerebbero per occupare il posto di tuo padre. Non hanno neanche la decenza di aspettare che...» Si morse le labbra. Stava rivelando troppo a Giacinto, spinto dal desiderio di consolarlo. C'erano alcune profezie che solo gli dèi dovevano conoscere, per non indispettire il Fato. Una di queste era che il trono di Sparta avrebbe cambiato presto i suoi occupanti, e spesso.

Amicle sarebbe morto. Argalo e Cinorta si sarebbero contesi il potere, proprio come Giacinto aveva temuto. Non sarebbero arrivati alla guerra fratricida. Non con le armi, almeno. Apollo, però, vedeva chiari gli intrighi, i dispetti, le scorrettezze, la sofferenza della moglie di Argalo, rimasta senza figli, additata come colei che non era riuscita a dare un erede a Sparta. Anche Argalo sarebbe morto. Morte naturale? Non gli era ancora chiaro. Al suo posto sarebbe salito sul trono Cinorta con la sua discendenza.

«Sono molto ambiziosi», si limitò a dire il giovane. Poi scostò il capo per guardarlo negli occhi. «Lo sono anche io, a modo mio. Non potrei accettare di perdere ai Giochi».

Apollo gli sfiorò la tempia con le labbra, la sentì calda, nonostante l'aria fresca e salmastra che lo avvolgeva. «Non perderai». Non c'era bisogno di una profezia per questo. Giacinto era uno dei più bravi atleti che avesse visto. Gli mancava l'esperienza, ma a quello ci stava pensando Apollo.

Sulle loro teste intanto il cielo si era imbrunito. Il mare, acceso dal fuoco del tramonto quando erano entrati in casa, adesso si era spento, in attesa del buio che lo avrebbe fatto diventare nero come la pece. A est sorgeva un sottile spicchio di luna madreperlacea. Gli parve che Artemide sorridesse di lui, dell'amore che aveva trovato con Giacinto.

Le costellazioni emersero una dopo l'altra. Ogni notte lui e Giacinto aspettavano quel momento in silenzio, una tregua dalle parole, dalla musica, dal ricordo della vita lontano dall'isola che rischiava di rovinare la loro felicità.

L'Orsa maggiore divenne visibile con le sue sette stelle. Un tempo quelle luci perfette erano state una ninfa bellissima, Callisto, che aveva promesso fedeltà ad Artemide. Ingannata da Zeus, che aveva assunto le sembianze della dea della caccia, la ninfa aveva ceduto alla passione violenta del dio. Scacciata da Artemide e trasformata in orsa da Era, aveva rischiato di essere uccisa dal suo stesso figlio. Zeus, impietositosi, aveva trasformato entrambi in due costellazioni: l'Orsa maggiore e l'Orsa minore. Anche da stelle, però, avevano subito la vendetta di Era: le due costellazioni non tramontavano mai sotto l'orizzonte, condannate a non avere un attimo di riposo.

Era brillava di crudeltà, e Apollo lo sapeva bene.

Si stagliò nel cielo blu la costellazione Lira, lo strumento più luminoso di quello di avorio e gemme preziose di Apollo. In cielo le corde pulsavano di luce, gli ricordavano le dita veloci e delicate di Orfeo, la musica capace di commuovere persino gli dèi.

Sulle labbra di Apollo (gay themed) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora