Sulla statua di Apollo tremolavano i riflessi delle fiaccole. Una lama di luce entrava dall'unico ingresso del tempio e tagliava i pavimenti di pietra. Nascosto in un angolo buio, Apollo osservava la fila dei cittadini che entravano nel suo tempio di Amicla per tributare sacrifici a Giacinto.
Aveva fatto costruire l'altare del santuario proprio sopra la tomba interrata. Sopra di esso erano scolpite le statue delle divinità, inclusa quella che lo ritraeva, colossale. Lì sotto era sepolto il giovane, ormai diventato ombra dell'Ade.
Un mormorio di preghiere e profumi di erbe bruciate si levavano nel santuario. Le offerte venivano introdotte attraverso la porta di bronzo incastonata nell'altare. Le statue che lo decoravano erano imponenti, ombreggiate dalla luce, scurite appena dai fumi dei sacrifici. Apollo aveva voluto rappresentare Giacinto e sua sorella portate in cielo dagli dèi. Non era vero, ovviamente. Suo padre non lo aveva mai accontentato e lui aveva trascorso i mesi sfiorando i petali nati dal sangue di Giacinto, andando tutti i giorni sul luogo della sua morte. Per quanto tempo i fiori avrebbero resistito?
Tra quanto rimarrò senza l'unico legame di te che possa toccare?
Lasciò il tempio, uscendo da un ingresso secondario. Amicle era vuota e silenziosa. Il vento del sud batteva le strade, sollevava nuvole di polvere. Tutta la città doveva piangere Giacinto e considerarlo meritevole di onori divini.
Le feste delle giacinzie si svolgevano in tre giorni, e il primo era dedicato al lutto. Ci aveva impiegato quasi un anno per istituirle, perché non si rassegnava al destino che il Fato gli aveva riservato. Sperava ancora, ogni notte di luna nuova, che Ecate gli comparisse davanti, che gli riportasse Giacinto o che lo conducesse da lui.
Apollo, il dio della luce, era pronto a scendere nell'Ade, ad attraversare l'Acheronte, il fiume del dolore, e il Flegetonte e il Cocito, e infine ad arrivare fino allo Stige, a calcare il prato di asfodeli, a prostrarsi ai piedi di Persefone e del suo sposo. Nessuno, però, aveva risposto ai suoi appelli.
Attese la notte. Aveva vigilato che i mortali non infrangessero le regole del primo giorno della festività dedicata al lutto: il pranzo frugale dove erano vietati il pane e i dolci, il divieto di indossare corone.
La mattina dopo la città si risvegliò immersa nello stesso silenzio, rotto dai movimenti di chi era chiamato ad allestire gli spettacoli nel pomeriggio. Apollo osservava tutto dall'alto, al riparo, nel suo santuario che sapeva di alloro e che dominava la città. Da lì vedeva anche Sparta con i suoi tetti colpiti dalla luce radente e il fiume Eurota che scorreva placido.
Il caldo era ritornato, Demetra rideva ora che sua figlia lasciava gli inferi per raggiungerla. I prati si ammantavano di viole, gigli e anemoni, i tronchi dei pini e degli abeti profumavano di resina.
Apollo stava fermo, il cuore pesante, mentre la città si rianimava per gli spettacoli e gli agoni finali. Prima che se ne accorgesse il centro abitato fu raggiunto da tutti gli spartani. Persino gli stranieri e gli schiavi erano invitati al grande banchetto.
Nei pressi del santuario si innalzavano tende e all'ombra dei marmi venivano sistemate le coperte per accogliere gli ospiti. I servi mescolavano il vino con l'acqua e il miele nei krater e lo servivano nelle coppe, le ancelle distribuivano il pane, la carne, il formaggio fresco, i fichi profumati e le fave. Il pranzo dell'ultimo giorno della festa si chiamava kopis, ed era il trionfo della vita dopo la morte.
Gli odori e il chiacchiericcio lo stordirono. Lo intontivano i canti melodiosi, le corde delle cetre che vibravano sotto le dita abili dei musici, lo scalpiccio e il nitrito dei cavalli guidati dagli aurighi nelle corse, gli applausi acuti alle ragazze che correvano. Era tutto quello che un tempo lo rendeva felice e che adesso gli scavava nel petto un vuoto colmo di malinconia. Forse un giorno..., gli diceva sua sorella. L'eternità era insopportabilmente lunga.
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Sulle labbra di Apollo (gay themed)
RomanceCOMPLETA SU WATTPAD Prima della guerra di Troia. Prima di Achille e Patroclo. Prima che Zefiro fosse il vento dolce della primavera. Erano Apollo e Giacinto. Apollo è il dio della luce, delle arti, della profezia e della guarigione. La testimonianz...