Capitolo 3 (Mercoledì)

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Sono in macchina con lo Sceriffo Galpin da circa 30 minuti, e non ci siamo rivolti la parola.

Mi concentro nel guardare gli alberi che sfrecciano accanto al finestrino, ma una vibrazione mi distrae.

È Enid, che mi ha scritto:

"Fai attenzione!"

Certe volte è troppo premurosa, ma le sono infinitamente grata di avermi salvata quella sera: se non fosse stato per lei, sarei morta.

Una volta trovato parcheggio lo sceriffo dice:

<Cerca di non creare problemi.> E poi, scende dall'auto.

Una volta entrati nella struttura, Galpin firma dei documenti, ed una piccola parte, la firmo anche io.

Mentre attraverso i corridoi, odo le urla degli altri prigionieri.

Passiamo anche accanto ad una stanza delle torture, non attrezzata quanto la mia, ma accettabile.

Comincio a pensare che questo posto potrebbe essere la location per il mio prossimo compleanno.

Arriviamo nella zona ad alta sicurezza, ed una di quelle celle, è affidata a Tyler.

Si trova proprio lì, a tre metri da me, in tutta la sua bellezza.

Ha la testa bassa, non si è ancora accorto che sono qui.

Decido quindi di entrare in quella cella, mi avvicino, ma una dottoressa mi blocca il passaggio.

Mi basta solo guardarla negli occhi per farla arretrare.

Appena entro esclamo:

<Ciao Tyler.> Appena mi guarda, mi sorride con le lacrime agli occhi.

Non mi da tempo di dire niente che mi chiede:

<Come stai?>

<Fisicamente o mentalmente?> Ribatto.

Dopo pochi secondi Tyler comincia a piangere:

<Perdonami Mercoledì, ho dovuto farlo, Laurel mi avrebbe ucciso. Ma avrei preferito morire io anziché farti del male.>

Senza pensarci due volte, mi avvicino a Tyler e mi siedo accanto a lui.

<Mi dispiace per quello che hai passato Tyler.>

Alza lo sguardo, e i suoi occhi incontrano i miei.

Finalmente rivedo il suo sguardo, e nei suoi occhi c'è la stessa luce che c'era nel ragazzo che ho conosciuto.

Quando, delicatamente, appoggia la sua mano sulla mia, sento il mio cuore battere più forte, e uno strano formicolio alla pancia.

Dopo circa due minuti in silenzio, mi rendo conto di quello che stava succedendo e mi alzo dallo scomodo lettino.

<Ora devo andare.>

Faccio per andarmene, ma Tyler mi afferra la mano e dice:

<Promettimi che tornerai.>

<Lo prometto> Dico, prima di lasciare la cella con il cuore che mi batte così forte che riesco a sentire il sangue pompato dalle arterie.

Again But Better: Wednesday & TylerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora