Lascia che le fiamme divampino

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{What a shame we all became, such fragile broken things.

A memory remains just a tiny spark

I give it all my oxygen to let the flames begin

so let the flames begin}

~Paramore - Let the flames begin


Lascia che le fiamme divampino

Rimasi seduta sull'albero di fronte a casa mia a lungo, mentre Klaus era andato a cibarsi. Avevo deciso spontaneamente di dargli il cambio, così avrei avuto un po' di tempo solo per me.

Avevo bisogno di star da sola.

Mi sentivo confusa, tradita, abbattuta. Non riuscivo nemmeno a spiegare a me stessa cosa provassi in quel momento, o cosa avevo provato al suono di quelle parole.

"Me nemo es."

Strinsi i pugni sulle ginocchia, cercando di controllare la mia ira. Sentii un forte vento alzarsi intorno a me, accompagnato da piccole e veloci scariche elettriche. Chiusi gli occhi sospirando, concentrandomi sui battiti cardiaci che provenivano dalla casa. Era piena notte, i miei genitori stavano dormendo.

Avevo immaginato innumerevoli volte il mio ritorno da loro: nei miei pensieri mi presentavo davanti alla loro porta con un "mi dispiace" scritto su un cartoncino, un sorriso timido e insicuro. E immaginavo che loro mi abbracciassero forte da farsi male, da far male anche a me.

Poi, però, mi ripetevo che non era possibile farlo.

Mi avessero vista sarebbe stata la fine del mondo, e non volevo nemmeno immaginare la loro reazione. Non mi sarei scordata facilmente il loro sguardo pieno di tristezza, di delusione e rancore. Sicuramente mi avrebbero accolta a braccia aperte, ma non potevo metterli a rischio.

Scossi la testa, evitando di pensare all'argomento "genitori". Passai a quello riguardante Sebastian, osservando nella mia memoria i suoi ricordi. Avevo visto il suo dono fatto a Tia, la sua trasformazione: Boris era un vampiro piuttosto affascinante, sulla quarantina, alto e slanciato dal volto leggermente incavato, i tratti tipici dell'Europa dell'est. Però non riuscivo a vedere il Venator che lo ha catturato, così per farmi un'idea su chi fosse.

La notizia che ci fosse un Venator vampiro all'interno del Consiglio mi aveva letteralmente lasciata a bocca aperta. Non lo avevo mai incontrato, su questo ero più che sicura.

Sentii Klaus avvicinarsi in silenzio, completamente sazio. Si sedette accanto a me e lesse tutto ciò che era successo nella mia mente, siccome ormai la lasciavo libera: non avevo più nulla da nascondere. Dopo un'attenta e veloce lettura dei miei pensieri, il vampiro sospirò a fondo, stringendo le labbra. «Non lo capisco, non è il Derek che conosco» fiatò scoraggiato.

«Anche io lo pensavo» risposi facendo spallucce. Spostai i miei occhi su di lui, notando che mi stava osservando da un pezzo. «Io ho provato a chiedergli il perché si stesse comportando così, ma hai letto la sua risposta.» Klaus addolcì lo sguardo, tanto che non riuscii più a reggerlo. Sbattei le palpebre un paio di volte e tornai a guardare la casa davanti a me.

Il silenzio che occupò quel minuto fu maledettamente pesante, quasi imbarazzante. «Ti hanno fatto male quelle parole, l'ho capito bene» continuò con un filo di voce. «So che non è bello sentirsi dire da una persona che hai amato che per lui, ormai, non sei più nessuno.» Aveva intenzione di infierire? Ormai la mia mente era passata ad un altro argomento, perché dovevamo tornarci sopra? Klaus sentì la mia ira crescere, perciò poggiò una mano sulla mia spalla. «Ma io non gli credo.»

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