16.1- Morire o vivere?

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ATTENZIONE!!

Il capitolo presenta alcune scene abbastanza violente, se siete sensibili consiglio di saltarle :)

Si parla per lo più di violenza fisica, ma in alcune parti anche emotiva e mentale, non voglio rischiare di urtare la vostra sensibilità.

Ah si... ALLARME LACRIME!

"Condividiamo spesso il nostro mondo interiore,
con la pretesa che una massa di analfabeti
sappia leggerlo."

~Johann Wolfgang Goethe.

Kira's Pov:

Le mie guance iniziarono a bagnarsi a causa delle lacrime che non smettevano di scendere.
L'uomo, che sembrava il capo di tutto, se n'era andato, abbandonandoci all'oscurità di quel posto.

«Kira?» sentii il mio nome in un sussurro apparentemente dolce.

Mi voltai nella direzione di quella voce che in quel momento era l'unica cosa che mi teneva a galla dalle mie stesse emozioni. Era come un salvagente per un naufrago, dell'acqua in un deserto, mi teneva lucida mentalmente, per quanto potessi esserlo.

Provai ad assicurarlo del fatto che stessi bene, ma un mugolio straziato fu l'unica cosa che uscì dalle mie labbra. Le lacrime non mi permettevano di parlare bene, e sperando che Keelan non si fosse accorto dell'agonia in cui era precipitata, strinsi le labbra tra loro.

«Kira? Stai piangendo.» sta volta la voce la udii più decisa e forte, ciò stava a significare che si era avvicinato o almeno ci aveva provato, per quanto le catene lo permettessero.

Nei pochi secondi che passarono provai a far girare le rotelle nella mia testa, cercando una spiegazione plausibile da rifirargli, ma niente mi sembrò realistico o appropriato per la situazione. Quindi ciò che dissi fu solo la verità.

«Io...Keelan ho paura.» le parole mi uscirono in un tremolio, e un brivido di terrore mi passò per tutto il corpo quando dei rumori troppo vicini alla porta mi fecero intendere che stavano tornando.

«Non averne, mia piccola duwa.
Non me ne andrò fino a quando te non sarai al sicuro.»

Il sollievo che quelle parole mi avevano creato svanì ben presto. Infatti la porta si riaprì e un ragazzo che avrà avuto solo un paio di anni in più di noi entrò. Con al seguito sempre lo stesso uomo.

«Su figliolo, vai a fare il tuo dovere.» lo spinse lentamente nella stanza, e grazie alla luce che filtrava dalla porta potei notare la sua espressione contrariata a ciò che vedeva.

Non voleva essere lì e non voleva neanche che noi fossimo lì. Sembrava dispiaciuto di ciò.

Si avvicinò prima a Keelan, inginocchiandosi sul pavimento e maneggiando con le catene che ci tenevano fermi.

Keelan lo guardava sospettoso e minaccioso, pronto ad attaccarlo a mossa sbagliata. Ma lui niente, il ragazzo si rialzò silenzioso, per poi avvicinarsi a me.

Fece la stessa cosa di prima, si inginocchiò di fronte, e con le mani fece qualcosa alle catene.

«Ci sta guardando?» sussurrò quasi impercettibilmente il ragazzo.

All'inizio rimasi confusa da quella domanda, senza capire a chi si stesse riferendo, ma poi una lampadina si accese nella mia testa.

Controllai l'uomo alla porta, che aveva lo sguardo puntato su Keelan, e sembrava non volerlo smuovere da lui.

L'altro lato della normalitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora