Tra venti minuti.

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"Maggie, svegliati. Questa sveglia di merda non smette di suonare." Non riesco ad aprire gli occhi e la mia testa pesa un quintale. "Dai amo, alzati. Sembri in un post-sbronza." Lucìa ride, ma non sa di avere ragione, quindi rido anche io. "Ora mi alzo." dico con poca voce. "No subito. È tardi." Mi mostra l'orario è non so con quali forze, salto giù dal letto correndo in bagno.
Ho un fottuto aspetto orribile.
Non so quanto ho bevuto, ma neanche quanto ho dormito.
Che palle.
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"Ho visto le chiamate..." Le parole mi scivolano in gola, di nuovo. Non capisco dove io trovi la difficoltà a rispondere a tono a questa donna infantile, con la sindrome di Peter Pan o che so io. E può essere intelligente quanto vuole, ma sono stufa delle sue bravate, perché anche se volesse recuperare il tempo perso, continuando così non potrà mai farlo. "Terra chiama Maggie." Il mio sguardo non si stacca dal suo, è come una calamita che cerca il pezzo mancante nello sguardo di Najwa, ma questo non farà di lei la donna più attraente di Madrid. "È passata una settimana. Ti rinvieni ora delle mie chiamate?" chiedo, alzandomi dalla sedia del mio ufficio, per andarle incontro. "Mi dispiace, ma presumo non fosse così importante, visto che non ti ho trovato sotto casa... Aggiungerei fortunatamente." Cerco di stringere i denti più che posso, così da non rispondere a questa fottuta stronza, ma continua a parlare e il mio autocontrollo ha preso la sua strada. Con passo veloce raggiungo la porta, che chiudo con tutta la mia forza, creando un gran frastuono, il quale fa impaurire Najwa. "Siediti." le impongo, camminando verso di lei, con gli occhi accesi dalla rabbia. Stranamente mi obbedisce e quindi è ora di fare ciò che è giusto fare. "Hai idea di come mi sono sentita? Il tuo comportamento è da bambina e sinceramente non ci sto capendo niente!" Appoggio le mani sui braccioli della poltrona, su cui Najwa è seduta, così da non darle vie di scampo. "Sei diventata stupida in mia assenza?" chiede, prendendo le ossa nasali con l'indice e il pollice, per poi congiungere i nostri sguardi.
Scocca una scintilla, una lampadina, una luce, che mi fa capire che forse io e Najwa siamo uguali, siamo entrambe accecate da una rabbia nascosta, della quale non conosciamo la provenienza e neanche i suoi limiti. Entrambe siamo come il vetro: fragili.
"Ok, ti rinfresco la memoria." Il mio cuore batte a mille, ma è giusto farlo: le mie mani si spostano su quelle guance rosse per il caldo e nello stesso momento poso le mie labbra su quelle di Najwa. "Che cazzo stai facendo?" mi sussurra sulle labbra, come se questo fosse tutto nuovo per lei, come se non fosse mai successo niente prima di questo bacio. "Hai iniziato tu, con questi tuoi comportamenti ambigui che non riesco a spiegarmi. Se sono qui a replicare, un motivo c'è, Najwa." Scuote la testa, spostandomi di peso e subito si alza, senza ritegno. "Visto che oggi sei vestita particolarmente bene... Vieni nel mio ufficio tra venti minuti." Appena mette il primo passo avanti, la fermo. "Non puoi fare finta di niente. Devi darmi una spiegazione. E poi cos'è tutto questo mistero?" chiedo, mettendomi davanti alla porta, così da bloccarle il passaggio; Najwa sbuffa, alzando gli occhi al cielo, ma resta immobile. "Maggie, io sono il tuo capo e tu la mia impiegata. Non ho altro da aggiungere." Sbuffo una risata; è proprio irritante. "Ma cosa significa?" chiedo, mantenendo quel lungo contatto visivo che si sta prolungando. "Significa..." Fa un passo avanti, per avvicinarsi al mio orecchio. "...Che non possiamo scopare. Mettitelo in testa." Si allontana, allungando la mano verso la maniglia, ma io la blocco nuovamente, tenendole il polso. "Hai iniziato tu con queste provocazione e spetta a te tiratene fuori, perché se io voglio una cosa, la ottengo sempre." concludo, fissando le sue labbra morbide al tatto e sottili alla vista. Najwa schiocca la lingua sul palato. "Tra venti minuti." mi ripete, spostandomi con delicatezza, per andarsene dal mio ufficio.
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"Entra." Sospiro prima di entrare nell'ufficio della donna, che poco fa, mi ha fatto capire di non voler avere dei rapporti sessuali con me. "Allora?" chiedo sedendomi sulla scrivania, per avere la giusta vicinanza per farle cambiare idea sul sesso con l'impiegata e tutto lo farò con le mie cosce, che accidentalmente sono scoperte a causa della gonna che accidentalmente si è tirata troppo su. Essendoci caduta come un pesce, le alzo la testa dal mento, richiudendole così anche la bocca. "I miei occhi sono qui." Arriccio il naso, per iniziare una smorfia, ma non mi sembra il caso di fare la bambina. "Dimmi cosa vuoi." dico, alternando il mio sguardo con i suoi occhi e le sue labbra perfette; si alza in piedi, guardando le mie cosce, che dopo pochi istanti inizia a sfiorare.
Cazzo.
Il suo tocco è così delicato, che quasi potrebbe farmi bagnare.
"N-Najwa, smettila." Il medio e l'anulare percorrono tutto il mio interno coscia, fino ad arrivare a pochi millimetri dalla mia intimità. "Perché dovrei smettere? Non è questo che vuoi?" chiede, con tono sensuale, sulle mie labbra. I brividi che percorrono la mia schiena, mi fanno quasi l'impulso di baciare la donna davanti a me e- Mi ha giudicata e mi ha preso per il culo, con tutti questi suoi comportamenti indecifrabili, ma per cosa non l'ha mai detto. "Si può sapere che cazzo vuoi da me?" La spingo, riprendendo quella poca lucidità rimasta in me. "Io non sono una delle tue tante impiegate, che la dà così al vento. Vai a fare in culo, cazzo." Mi alzo dalla scrivania, per raggiungere la porta, ma vengo fermata. "Mi stavi mandando dei segnali, molto evidenti!" esclama, quasi infuriata.
Beh, forse ha ragione, ma ho tutto il diritto di incazzarmi con lei. "Non prima di ricordarmi quanto mi hai disprezzata, in soli due mesi." dico, puntandomi l'indice sul petto, per sbattere la verità in faccia a Najwa, che fa fatica a vedere. "Non fare la vittima, tu-" si blocca, come se non potesse dirmi quel che le passa per la testa. "Vattene a casa. Qua non servi più, per oggi." dice, indicando l'uscita e poi si rimette a sedere al suo posto, facendo finta che non ci fossi.
Prendendola alla lettera, me ne ritorno a casa, dove decido di dare sfogo alla mia eccitazione.
Per quanto io odi i discorsi di Najwa, quelle sue mani hanno riniziato a fare effetto su di me, come quando abbiamo girato la penultima scena di Vis a Vis El Oasis, dal minuto 35:20 al minuto 40:00. Non lo volevo ammettere, ma in questi casi, anche se è passato molto tempo, è bene farlo, per ricordare.

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