Lo so.

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"Jaime." Prendo sotto braccio il ragazzo, che ormai è diventato mio amico. "Maggie. Dimmi tutto." Continuo a camminare, cercando di sfuggire dalle grinfie di Najwa. "Najwa è... sempre stata così strana?" chiedo, portandomi la ciocca di capelli, che infastidisce la mia visuale, dietro l'orecchio. "Che vuoi dire con "strana"?" chiede Jaime, fermandosi per guardarmi con serietà. "Voglio dire... è da quando sono arrivata che, insomma, cerca l'impossibile per entrare nel mio ufficio, per poi non scambiarmi parola. Lo fa per controllarci o cosa?" Incrocio le braccia al petto, per prendere una posizione di difesa. "In realtà non mi è mai capitato niente del genere, però lei può fare ciò che vuole, quindi non posso farci niente, se è questo che vuoi." Si stringe nelle spalle, riprendendo a camminare.
Perché tutti stanno agli ordini di quella psicopatica? Mi rovina tutte le fottute giornate con quelle cazzo di sclerate da donna in meno pausa. È insopportabile. E devo stare pure a sedere in quella sedia di merda, senza poter dire niente, perché è abituata alla sottomissione dei suoi impiegati? No, col cazzo proprio. La farò scendere dal piedistallo una volta per tutte. Forse Vis a Vis è davvero servito a qualcosa... "No Jaime, non voglio niente di niente. Volevo solo sapere se fosse strana." L'unica cosa che facciamo è annuire, l'uno all'altra, prima di prendere strade diverse, lui a destra ed io a sinistra. "Cristo!" Un colpo sul petto, quasi mi sgonfia il seno. "Ma, Dio Santo!" Alzo gli occhi, toccando il mio povero seno dolorante, ma chi non poteva essere se non la mia amata Nimri? Ovviamente sono ironica. "Non siamo contente se non ci scontriamo una volta al giorno, eh?" chiede, ricomponendosi subito. "Stammi lontana, Najwa." Le tiro una leggera spallata, andandomene nel mio ufficio, ma stranamente mi sento fottutamente in colpa. Sono solo passate due settimane. Ne uscirò viva?

"Bionda, non andare così in fretta." Alzo gli occhi al cielo, sbuffando rumorosamente e mi volto svogliata. "Non chiamarmi così, Zulema." Sbuffa una risata, scuotendo dopo la testa, ma senza distogliere quel fottuto sguardo da predatrice, che non ha mai perso il suo fascino devo ammettere. "Certe volte rimpiango di non essere come lei." La rabbia sta colmando il mio cuore e il mio cervello. Come può desiderare una cosa del genere? "Si, certo. Un'assassina spietata e rigorosamente manipolatrice del cazzo!" mi avvicino sempre di più a lei, quasi da azzerare le distanze dai nostri corpi, è l'unico modo per incutere timore o almeno per farmi ascoltare. "Najwa, tu non eri così. Eri una fottuta donna spagnola, dolce e simpatica. Perché marcire dentro, come quel personaggio?" chiedo alla donna che più amavo, in amicizia, prima di scoprire questo suo lato pericoloso. Ma in fondo è stata una mia cara amica, la mia fottuta amica e non posso certamente odiarla adesso, adesso che sta perdendo la sua magnifica personalità, la ragione. "Che ne dici di andare a fare una bevuta?" le propongo, vedendo il suo sguardo disinvolto, perso. Lei annuisce e insieme andiamo a prendere le nostre cose, nei nostri uffici.

"Allora Maggie, che hai fatto in tutti questi anni?" Inarco le labbra, scuotendo la testa. Cosa le dico? Che mi sono fatta una vita da vecchia signora, in un'agenzia di viaggi, dalla quale sono stata sbattuta fuori per le mie crisi nervose? Non posso certo dirle questo. "Ho continuato la mia vita da attrice e... Ho fatto qualche lavoro qua e là. Una vita stupenda, con il mio ragazzo e la mia famiglia." Continuo ad annuire, lasciando il mio sguardo perdersi nel vuoto, mentre penso alle stronzate che ho appena fatto uscire dalla mia bocca. Che cosa ho detto? Non deve sospettare niente. Mi schiarisco la voce e mi metto composta sulla sedia. "Tu? Che mi racconti?" chiedo, afferrando il mio margarita. "Non le stronzate che mi hai detto. Sappiamo tutti che non hai un ragazzo e l'unico lavoro che hai fatto, oltre a fare una cazzo di serie tv, è stare seduta a procurare delle vacanze a degli sconosciuti. Ma che cazzo di lavoro è?" Butta giù il liquido rimanente del suo bicchiere. Najwa è davvero cambiata, ed io che continuavo a sperare che ci fosse qualche speranza. Si è permessa di giudicare il mio lavoro, la mia vita, cosa che non avrebbe mai fatto, e ha ancora il coraggio di guardarmi negli occhi. Questa brutta puttana. "Ma chi sei diventata? E poi che ne sai della mia vita? Mi hai allontanata tu, potevamo costruire un futuro insieme: coinquiline per sempre, come Zulema e Macarena." Appoggio il bicchiere con tutta la mia forza, tanto da spaventare Najwa. "Ma come Macarena, sono una fottuta stupida. Come ho potuto credere che questa cosa... funzionasse?" Afferro la mia borsa e mi alzo da quel tavolo. "Licenziami pure, perché lì dentro non voglio metterci più piede."

"Caro diario.
Oggi è stata la giornata più brutta di sempre. In fondo io vorrò sempre bene a quella stronza di Najwa, perché ha fatto parte della mia vita per 5 cazzo di anni. Non posso odiarla, ma nemmeno amarla. Sono passate due settimane e già non la sopporto. Forse devo darle un'altra possibilità o forse darci un taglio netto?
Ma che lo chiedo a fare? Ormai le ho dato la possibilità di licenziarmi. Non ho più l'opportunità con quegli occhi fottutamente ipnotizz..." "Ma che cazzo sto scrivendo?" chiedo, sconvolta, e subito dopo strappo la pagina, con l'intento di bruciarla. Se l'ho scritto, l'ho pensato e se l'ho pensato... Sono fottuta.
"Maggie, ti vogliono al telefono." urla Lucìa, dall'altra parte della stanza, mentre tiene in attesa quella telefonata. Svogliata, come sempre, mi dirigo da lei, che allunga il braccio per passarmi il telefono. "Civantos. Chi parla?" "Una vera, fottuta, donna d'affari." dice, entusiasta al telefono. Per la prima volta nella mia vita non so che rispondere. Mi hanno sempre detto di essere logorroica e ora che posso fare quel che mi pare, almeno con Najwa, non so cosa dirle. Inspiro tutta l'aria necessaria per rispondere a tono, ma dopo la ributto fuori, tutta quanta, e quella fatica che ho fatto fare ai miei polmoni non è servita a niente. È la mia vita. Fa davvero così schifo? "Lo so." Due parole. Due fottute parole dette così velocemente, che sono quasi incomprensibili. "Menomale. Volevo solo dirti di portare il computer, domani. Mi hanno informata che il tuo è-" "Scusa, vuoi dirmi che non mi hai licenziata?" chiedo, scioccata. "No." Rimango a bocca aperta dalla sua risposta. "Ti avevo chiesto espressamente di farlo." Scandisco bene le parole. Una cosa doveva fare e non l'ha fatta. "Proprio perché me lo hai chiesto espressamente. Io non prendo ordini da nessuno." Rimango ancora più scioccata. Certo, è un bene che abbia questo carattere difensivo, ma così è esageratamente esagerato, cazzo. Però è così attraente. Spalanco la bocca, ma la spalanco proprio. Cosa cazzo mi sta prendendo? Mi ha dato una pozione del cazzo? Io l'ammazzo. "I-Io devo andare." Stacco subito il telefono e corro da mia cugina, per farmi portare a casa del suo migliore amico, non ché uno dei miei vecchi scopamici. "Sicura di volerci andare? Guarda che è diventato un fattone. Ci ho perso anche i rapporti." Lucìa mi avverte su tutti i cambiamenti di Javier, ma io lo so già visto che ci sono già stata e comunque in questo momento l'unica cosa che interessa alla sottoscritta è dimenticarsi di ciò che le è passato per la mente, in questa giornata.
"Maggie?" chiede, con tono sorpreso. "Si, anche io sono sorpresa." Non amo prendere la situazione in mano così a caso, ma è una giornata particolare e devo farlo: chiudo la porta e mi fiondo sul latino, Javier, che prendendomi in braccio si dirige in cucina, il suo posto preferito dove sbattere le troie che si scopa (chiunque: è latinoamericano) o le sue cotte liceali (me), e devo confessare che è un vero e proprio- Ok mi fermo qui, altrimenti dò troppi dettagli su quest'uomo così- Va bene, la smetto.

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