Dopo di te.

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Nuovo giorno.
E come ogni nuovo giorno apro gli occhi a fatica, perché la notte non riesco a chiuderli. In seguito mi siedo lentamente sul letto e mi guardo intorno, per una ragione ignota. Sbadiglio, stropicciando l'occhio destro e mi alzo in piedi, raccogliendoni i capelli in una coda non molto stretta.
Mi dirigo in cucina, dove mia cugina si è addormentata con la testa appoggiata sul tavolo da pranzo. Assonnata prendo due tazze per il latte e subito dopo metto il latte sul fuoco. Lucìa si sveglia con il solito rumore, che la tazza produce battendo sul tavolo. "Buongiorno." dice, asciugandosi la bava che è scesa dal lato sinistro della bocca. Io ricambio il buongiorno con un cenno della testa -che sicuramente non ha mai visto-, a causa della mia pigrizia che non mi fa aprire la bocca e parlare. Prendo il pentolino con la presina e verso il latte nelle due tazze. Dopo aver preso i biscotti dalla mensola, siamo pronte a fare colazione e a guardarci negli occhi fino a quando io non mi alzo, per iniziare a prepararmi.
Arrivo in bagno, mi lavo i denti e il viso, spalmo la crema per le rughe sul mio volto e subito dopo esco dal bagno per raggiungere la camera per vestirmi: leggins neri, scarpe da tennis e una stupida canottiera di seconda mano. Mi do una leggera passata di mascare, mi sistemo i capelli e dopo aver preso la borsa con le cose necessarie dentro, sono pronta per scendere e aspettare il bus.
"A dopo." Saluto mio cugina con due baci sulla guancia. Lei va a destra, per raggiungere il bar dove lavora -praticamente sotto casa nostra- e io a sinistra, per la fermata del bus.

"Ciao Blanca." "Ciao bella bionda!" Mi saluta con due baci sulla guancia.
Dopo aver indossato le nostre maglie e il solito cartellino, firmiamo l'entrata e iniziamo a lavorare.
Come ogni giorno ridiamo dei clienti che non ci capiscono niente e ci infastidiamo, invece, dei clienti insistenti e maleducati. Adesso uno di questi ultimi è con Blanca, che... No. Non è possibile. Come cazzo è possibile?
Ho il cuore in gola.
Mi sento quasi svenire. Mi siedo, e non perché sto perdendo i sensi, ma perché voglio nascondermi.
"Ma che cazzo fai?" chiede Blanca, ridendo. Io non le rispondo, non ne sono in grado. "Tutto bene?" La serietà prende possesso del suo volto appena sente il mio respiro affannato. Non fraintendetemi, non ho affatto paura, questa è la rabbia che sta uscendo da me e stare qui seduta, a non vedere nessun cliente, potrebbe riuscire a calmarmi e impedire una rissa.
"Si, alla grande!" Quasi urlo, battendo i palmi della mano sulle ginocchia. Blanca mi guarda stranita, così cerco di calmarmi. Mi alzo. "Devo andare a... A vedere quei... quei cosi."
Cammino verso il nulla, dato che non so nemmeno io dove andare. Ma per evitare quella persona farei di tutto.

"Maggie è richiesta al corridoio C." L'altoparlante ha parlato e lo ringrazio infinitamente, alemno mi terrò la mente occupata. E anche gli occhi...
Arrivo al corridoio C e la trovo, insieme ad un mio collega.
"Mi-Mi hai chiamata, Hugo?" chiedo, staccando difficilmente gli occhi da lei. "Si, c'è questa donna che ha un problema con il suo computer d'ufficio e ha chiesto se è possibile poter andare là a dargli un'occhiata." La squadro, contraendo la mascella per mantenere il controllo. "In realtà non facciamo queste cose." rispondo, guardandola con gli occhi accesi dalla rabbia. "Per una donna bella come lei potremmo farlo."
Stringo i pugni.
"Non vedo tutta questa bellezza." Hugo mi guarda male, dato che per lui è solo una cliente da tenere. "E comunque, anche se fosse bella, non possiamo fare eccezioni." La squadro e noto un'espressione di fastidio sul suo volto. Ma perché non mi dice niente questa puttana?
"Allora lo chiederò al capo e mi incaricherò io di questo compito."
Col cazzo, Hugo. Lei è mia.
"Come si chiama?" chiede il collega. "Najwa Nimri." "Ok, venga con me."
Appena mi passano accanto, fermo Hugo afferrandogli con forza il braccio. "Va bene. Ci penso io. In fondo sono io la migliore con i computer, in questo posto." Annuisce, facendosi da parte.
Nessuna delle due scambia parola.
Io cammino e lei mi segue. Ma non la sto portando dal capo, la sto portando sul ring della vendetta.
"Dopo di te." sorrido, facendole strada, dopo aver aperta una porta del personale. È tutto buio, infatti Najwa si agita, chiedendomi di accendere la luce. "Contenta?" chiedo, appoggiata alla porta. "Che vuoi fare?" domanda, guardandosi intorno. "Niente." Sovrappongo le labbra e dopo aver sospirato, mi incammino verso di lei. "Posso sfruttare questo momento per chiederti scusa?" chiede, guardandomi dritta negli occhi. Io rido. "Puttana." Le tiro uno schiaffo e subito dopo prendo il suo viso tra le mani, per baciarla. "Sei una fottuta stronza." sussurro sulle sue labbra, tirandole i capelli. "Che avrei dovuto fare?" Mi stringe le guance, incrociando poi i nostri sguardi. "Quella sarebbe stata capace di fare tutto. Fa parte di uno strano giro" Continua quel bacio che ho interrotto prima, aggiungendoci la lingua, ma sono troppo scioccata per non interromperlo di nuovo. "Cazzate." dico, afferrandola per il collo. "Avrebbe potuto farmi uccidere." Mi stringe il seno, leccandomi il collo. "Te lo posso giurare." La sbatto al muro, mordendole il labbro inferiore per portarlo indietro. "Si." derido. Sentendosi presa in giro, ribalta le posizioni. Come se fossi io a raccontarle una marea di cazzate. La sua mano destra scende fino all'elastico dei miei leggins. L'altra mi tiene attacata al muro. "Sei venuta qui per il tuo fottuto computer, no?" Annuisce, iniziando a sfiorare la mia parte intima, sopra la stoffa dei pantaloni. "E che tu devi aggiustare." L'afferro nuovamente per il collo, attaccando lei al muro, ma questa volta facendocela restare. "Te lo aggiusterai da sola, stronza." Le sgancio il bottone dei jeans e sensualmente faccio scendere la cerniera. Lei deglutisce, non riesce a muoversi. Così, da persona gentile che sono, la prendo di forza e la stendo a terra, dove levo i suoi pantaloni con violenza. "Non mi sei mancata per niente." dico, mettendomi su di lei. "Fottiti." Mi tira i capelli, cercando di spostarmi e ammetto che ci è riuscita proprio bene. Un dolore, cazzo.
Ormai sappiamo che è lei a comandare il sesso, così mi lascio toccare, mordere, leccare e baciare.

"Riprenditi mi raccomando." dice con quel suo sorrisetto -e già qui vorrei prenderla a schiaffi-, ma questa volta non sarà così facile per te, questa volta non ti lascerò andare come se niente fosse: mi avvicino a lei, con occhi selvaggi pieni di desiderio ma anche di voglia di vendetta, ma soprattutto occhi che vedranno Najwa chiedere un secondo round durante il primo orgasmo. La sua schiena, ormai nuda, è attaccata al gelido muro, al quale vorrei batterle la testa ripetute volte. Inizio un bacio colmo di violenza, ma pieno di passione e nel mentre faccio scorrere le mie mani su tutto il suo corpo. La mano destra, dopo varie provocazioni, si addentra nella sua intimità e la mano sinistra, aiuta Najwa a stare ferma in quella posizione. "Oh mio Dio."
Mi è mancata. E anche tanto. Ma non posso ammettere certe cose, ad alta voce.
Lei è stronza e io sono ingenua.
Questa è la cruda verità che non potrò mai accettare.
*********
"Quindi puoi andare?" Hugo chiede informazioni, mentre io guardo la donna, che ho appena sbattuto, uscire dal nostro negozio. "Cosa?" chiedo, voltandomi svogliata verso di lui. "Il computer puoi aggiustarlo dall'ufficio?" si ripete. Io annuisco, consapevole di essermi scordata di fare l'unica cosa che mi era stata chiesta.
"Ora devo andare." dico, indicando dietro le mie spalle. "Dove?" chiede il mio collega. "Senti, fatti i cazzi tuoi." rispondo acida, per andare nell'ufficio del capo.

"Salve."
Dopo aver fatto un rigirio di parole, chiedo ciò che voglio sapere. "I clienti che non hanno la possibilità di portare qua i loro oggetti elettronici, possono avere diritto ad una-" Mi interrompe. Che urto. "Usa parole comprensibili, ok?" Sorride a presa di culo. Da qui alla fine lo strozzo. "Si può andare dai clienti per aggiustare le robe loro? O devono per forza portare qua le cose?" Scandisco bene le parole, nel caso fosse anche sordo. "Dai questo biglietto, devono chiamare questo numero, gli cosiamo un giorno e l'ora e... Fine."
Più giorni passano, più mi pento di essere venuta qui a lavoro. Ma finché pagano bene, mi faccio andare tutto giù.

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