Tutte mie fantasie?

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"Bionda. Dobbiamo andare a lavoro." Mi sveglia, lasciandomi un piccolo bacio umido sulla fronte.
Non sono passati molti giorni da quell'episodio. La mia ansia non mi ha mai abbandonata, nemmeno la notte e mi porta sempre a fare degli incubo: rimango completamente sola.
"Uff." Sbuffo e subito dopo, bacio Najwa.
Ci laviamo e ci vestiamo insieme, come una vera coppia che convive e anche se c'era qualche possibilità di diventare quel tipo di coppia, adesso, forse, non succederà più.

"A dopo, amore." dice lei, continuando il suo cammino come ogni mattina. "A dopo... amore." Bisbiglio quest'ultima parola, per la mia insicurezza verso Najwa.
Comunque, oggi sarà una giornata molto noiosa. Non c'è quasi nessuno e non c'è molto lavoro da fare, visto che Najwa ci aveva caricato la settimana passata.. A questo punto potevo restare a casa, a dormire.

Sento camminare fuori dal mio ufficio, è una donna con i tacchi a spillo e sta continuando la strada verso destra (dove ovviamente c'è l'ufficio di Najwa, che è dopo quello di Jaime, che è accanto al mio) e qui, l'unica che porta tacchi così sono io, quindi è sicuramente un'esterna. Penso subito al peggio (Claudìa), infatti corro alla porta, che apro lentamente per non fare rumore, poi mi affaccio e... Il mio istinto non si sbaglia mai: Claudìa è qui.
Mi richiudo nel mio ufficio, aspettando qualche minuto prima di interrompere le loro stupide chiacchierate. Ma sono troppo triste, arrabbiata e spazientita per aspettare ancora e ancora. Così mi alzo lentamente dalla sedia e, lentamente, raggiungo la porta per uscire. Una volta fuori vago per i corridoi, per le stanze vuote e faccio su e giù per le scale, pensando a come sono finita in questa situazione piena di sfiducia, io che pur di non perdere rapporti con le persone, le perdono fino a quando non mi scoppia il cuore. E per quanto io ci tenga a Najwa, qualcosa, dentro di me, mi sta suggerendo di allontanarmi, perché ancora non ho subito ogni tipo di dolore e questo qualcosa, vuole impedirlo.
I pensieri mi hanno portata inconsapevolemente davanti all'ufficio di Najwa, anche se fino a d'ora volevano convincermi a farmi tagliare i rapporti con lei. Adesso capisco perché i miei piedi mi hanno portata qui... "Ahh. Ahh." Continuo a sentire questi gemiti soffocati e spero sia solo un'immaginazione. Mi avvicino, attaccando il mio orecchio alla porta e ora sento, forte e chiaro. Sul mio volto sopraggiunge una tristezza mai vista prima. Tutto ciò che avevamo costruito è andato in frantumi, oppure non si è mai creato niente di concreto e questo fa ancora più male, come se fossi stata pugnalata proprio adesso al cuore. Mi poggio sul muro, dalla parte destra della porta, sul quale ci batto leggermente la testa -e non per non farmi male, ma per non fare rumore-, mentre cerco di smettere di piangere.
Qualche secondo dopo mi decido, asciugandomi le lacrime dopo aver fatto un grande respiro, entro, spalancando le porte.
Dio mio...
Le lacrime raggiungono nuovamente i miei occhi, fa più male vedere di qualunque altra cosa.
Nessuna delle tre ha parole. Infatti, nessuno dice niente o fa niente. Siamo come bloccate da un Impedimenta, non riusciamo a muoverci, solo le mie lacrime scendono dai miei occhi e solo i miei pensieri stanno viaggiando alla velocità della luce, che quasi mi fanno urlare.
Claudìa è la prima a muoversi, per raccogliere le sue cose e appena mi passa accanto, dentro di me brucia qualcosa, come se qualcuno avesse appiccato un fuoco interno: le tiro una spallata con così tanta forza da farla spostare di qualche passo, abbastanza per scontrarsi alla porta aperta. "Cristo." si lamenta, toccandosi dolorante la spalla. Subito se ne va, quasi correndo.
Volto il mio sguardo, che era rimasto fin'ora sulla porta, su Najwa, che si sta rivestendo. Metto il piede avanti e poi l'altro, per arrivare dalla donna che faccio fatica a guardare.
"Tutte mie fantasie?" chiedo, squadrandola. Lei si spaventa, non avendomi né vista ne sentita arrivare di fianco a sé. "Maggie, io-" La rabbia annebbia la mia vista e i miei sensi di colpa si sono evaporizzati. Non c'è più niente di vivo dentro di me, dato che le avevo parlato di ciò, ma ha comunque avuto il coraggio di dirmi di essere sciocca a farmi queste strane ed inutili paranoie. Le lascio uno schiaffo sulla guancia destra, interrompendola subito. "Con che cazzo di coraggio?" domando, guardandola con disprezzo. "Lei mi è venuta davanti e si è iniziata a spogliare, non-" Lancio la bottiglia di prosecco, che era sulla scrivania di Najwa e che ho notato solo adesso, contro la finestra che subito si rompe. "Cazzo!" Si copre la testa, piegandosi. "Mi fai schifo!" urlo, strattonandola. "Non è colpa mia!" urla ancora più forte, contro di me. "Potevi mandarla via e invece..." La spingo, ridendo. "Non l'hai fatto." "Sei impazzita?" chiede, riprendendo l'equilibrio. "Najwa, mi avevi promesso che io non fossi il tuo passatempo e che non mi usavi come tramite, per fare ingelosire quella puttana." Tiro un calcio alla sedia, che cade e dopo aver tirato un pugno alla porta esco, ritornando a casa mia.

"Quella fottuta puttana!"
Queste sono le ultime parole urlate in macchina, prima di salire nell'appartamento di mia cugina.
Entrata, non guardo in faccia Lucìa, non mangio, non mi lavo, non faccio niente se non camminare verso camera mia, dove mi chiudo per stendermi sul letto e per non essere disturbata.
Ho lanciato una bottiglia di vetro contro una finestra.
Ho messo in pericolo Najwa.
Ho perso la testa.
Ho alzato le mani.
E anche se non volevo farlo, ormai si era incendiato tutto all'interno del mio corpo, anche la coscienza anzi, specialmente quella. Ho fatto del male a quella donna, Claudìa, e dopo alla donna che amo, Najwa. "Ma ti ha tradita." continua a ripetere una vocina dentro la mia testa, ma io continuo a dirle che questo non giustifica il mio malato comportamento. E se sono capace di ciò che ho fatto... Oh mio Dio.
Mi alzo dal letto improvvisamente, passandomi una mano davanti alla mia faccia e subito apro gli occhi per guardarmi allo specchio davanti a me, al quale mi avvicino lentamente. Inizio a fissarmi il volto, che riproduce lo specchio, dopo mi focalizzo sugli occhi, che -anche se colmi di lacrime- riescono a mostrare la mia oscurità.
Ho sempre escluso -nonostante i miei problemi di rabbia- di poter essere io Zulema. Najwa è stata solo influenzata da questo personaggio, perché lo interpretava, ma io no. Forse si è nascosta dentro di me come il cancro, il suo cancro...
Spero solo di essere la Macarena della seconda stagione, ma che poi riesce a recuperare la sua umanità. Però sperare non serve a niente, perché anche se fossi Macarena, non posso giustificare le mie azioni con questi discorsi. Sta a me sapere distinguere la realtà dalla finzione.
Io ho giudicato.
Adesso sono da giudicare. Adesso faccio del male. Adesso ho la crudeltà di Zulema, che non ha mai avuto sensi di colpa, se non per sua figlia. Ma solo per sua figlia!
Svegliatemi da questo incubo.

Lo Yin e lo Yang.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora