1 - Il ricordo degli anni

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25 febbraio 2082

L'Italia, uno dei più bei paesi al mondo, caratterizzato dall'ampio patrimonio storico, dalla deliziosa cucina e dal clima sempre mite e soleggiato specialmente al Sud e nelle zone balneari. Quel 25 febbraio, però, il sole era nascosto e il cielo coperto da grigi nuvoloni che portavano pioggia e forte vento; come se non bastasse, quel giorno rappresentava un importante e indimenticabile anniversario.

Il giovane Salvatore, munito di impermeabile, stivali di gomma e ombrello, si era incamminato con lo zaino sulle spalle verso scuola distante da casa sua meno di un chilometro. Sebbene la strada fosse breve, solitamente il pesante zaino carico di libri e quaderni rendeva questa piccola e quotidiana azione un'impresa come poche. Quel giorno, però, e per fortuna, sarebbe stato diverso. Le lezioni non si sarebbero svolte regolarmente, ma le ore didattiche sarebbero state sfruttate in altro modo, per alcuni per dormire o per non studiare, per altri, invece, per apprendere.

Quando la campanella delle otto suonò, stava già piovendo da qualche minuto, ma Salvatore, Salvo per gli amici, era già al riparo nella sua classe, seduto su una delle nuove sedie da poco acquistate dalla scuola, bianche dello stesso colore dei banchetti singoli disposti in tre file. Era seduto a secondo banco in una fila da sette dal lato della parete, il primo giorno del liceo era arrivato in anticipo proprio per ottenere quel posto; da quella posizione poteva seguire le lezioni con facilità, ma allo stesso tempo, non essendo al primo banco, non rischiava di essere chiamato "secchione", sorte che era invece capitata al ragazzetto pelle e ossa con spessi occhiali dalle lenti multifocali seduto al banco davanti. Salvo spremette le meningi per ricordare il suo nome, sì, nonostante i tre anni passati nella stessa classe, spesso gli capitava di non ricordare il suo nome tanto fosse emarginato.

Carlo! Ecco come si chiamava, Carlo! Ripassò lo spelling di quel nome nella mente per qualche secondo, almeno finché non si domandò il motivo di tale azione. Quel banco gli piaceva, specialmente perché era vicino alla parete: quando era stanco, poteva poggiare la testa che risultava molto pesante sulle spalle affaticate. In vista di quelle poche ore, molti compagni pensarono bene di assentarsi al posto di godere di un po' di cultura, la classe era quasi deserta, c'era solo lui, Carlo nel banco davanti che passava il tempo a soffiarsi il naso tappato a causa del raffreddore (menomale non si trovava in periodo di COVID) e qualche ragazzo degli ultimi banchi intento a ridere e scherzare, parlando del più e del meno come tutti i liceali. Erano Emanuele e Andrea e, guardando meglio, con loro c'erano anche Bianca e Miriam. Ripassò i loro nomi nella testa come in precedenza aveva fatto con Carlo, stupendosi nuovamente dell'azione appena compiuta. Perché lo faceva? Forse per noia, non aveva nessuno con cui parlare e il professore che doveva arbitrare il lavoro di quella mattina non era ancora arrivato.

Quel 25 febbraio era un particolare anniversario, non di matrimonio o di fidanzamento né tantomeno di nascita... oppure sì, poteva essere visto come la nascita di qualcosa, ma più che di nascita, lo si vedrebbe meglio come anniversario di morte, sì, l'inizio della morte, l'inizio di una tragedia: l'inizio della guerra Russia-Ucraina.

Salvo aveva sentito parlare abbastanza di quel conflitto dai racconti dei suoi nonni ai quali, però, non aveva mai prestato molta attenzione, e dagli articoli in prima pagina su Google News che, però, non leggeva mai. Al massimo gli capitava solo di osservare qualche titolo e scorrere le immagini, saltuariamente leggeva qualche parola se era incuriosito: in breve, di quel conflitto egli conosceva solo l'esistenza. Era strano pensare come, nonostante la tipologia di giornata, tutti ridessero e scherzassero animatamente, come se a nessuno importasse davvero della guerra, come se tutti i dolori sofferti non fossero mai esistiti. Salvo, non curandosi dei rumori intorno a sé, pensò a come si sarebbe comportato se avesse vissuto in prima persona tali atrocità. Per quanto fosse possibile immaginare dolore, per quanto si potesse associare all'immagine della battaglia una sentita sofferenza, non aveva il materiale emotivo per creare un significativo disegno.

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